L’Onu invia una missione di esperti in Ucraina dopo la terribile scoperta di una fossa comune a Izium

Resta solo l’orrore

TOPSHOT - Forensic technicians dig a grave in a forest on the outskirts of Izyum, eastern Ukraine on ...
17 settembre 2022

Kiev, 17. Una delle più grandi sepolture di massa in Europa dai tempi dei conflitti nell’ex Jugoslavia. La fossa comune con circa 450 cadaveri rinvenuta nei boschi vicino Izium, località nel nord-est dell’Ucraina recentemente liberata dall’occupazione russa, va ad affiancarsi a Bucha e Mariupol in cima al triste elenco dei più efferati orrori della guerra tornata a scuotere il vecchio continente.

Mentre le autorità ucraine denunciano che «centinaia di corpi» sono stati ritrovati con corde intorno al collo e mani legate dietro la schiena, e che il 99 per cento delle vittime «presenta segni di morte violenta», l’Onu ha annunciato l’invio di una missione di esperti per fare piena luce su quanto avvenuto in questa zona in oltre cinque mesi di occupazione russa. Sarà la missione di monitoraggio dei diritti umani dell’Onu ad attivarsi nei prossimi giorni in Ucraina per condurre una visita nella fossa comune.

Tutte le vittime risultano essere civili, secondo quanto precisato dal direttore della polizia ucraina, Ihor Klymenko. «La Russia lascia solo morte e sofferenza ovunque vada», ha accusato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, assicurando che «la punizione sarà giusta e terribile».

Anche dall’Ue è arrivata una ferma condanna: «Questo comportamento disumano delle forze russe, in totale disprezzo del diritto umanitario internazionale e delle convenzioni di Ginevra, deve cessare immediatamente», ha dichiarato in una nota l’Alto rappresentante per la Politica estera, Josep Borrell.

Le atrocità e la devastazione del conflitto emergono in questa regione dell’Ucraina, non lontano dalla città di Kharkiv, a seguito della progressiva liberazione dei territori frutto dell’efficacia della controffensiva ucraina. Lenti progressi nella liberazione di parti del territorio ucraino vengono registrati da settimane anche nel sud, mentre nel Donbass l’avanzata russa sembra essersi arenata anche se il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha annunciato l’arrivo nella regione di due nuovi battaglioni.

Ma nonostante il parziale mutamento negli equilibri del conflitto, anche grazie al costante sostegno occidentale a Kiev, ancora non si intravede un reale spazio per la ripresa dei negoziati. Parlando da Samarcanda, al termine del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che Mosca farà di tutto per porre fine al conflitto in Ucraina «il più rapidamente possibile». Secondo Putin, gli obiettivi «dell’operazione speciale» non cambiano mentre sarebbe Kiev a rifiutare il negoziato. La risposta ucraina è giunta in serata dal consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak: «La risoluzione del conflitto è estremamente semplice: ritiro immediato delle truppe russe dall’intero territorio ucraino».

Putin, che a Samarcanda ha avuto un colloquio con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, ha chiarito che l’artefice della mediazione per l’accordo sull’export dei cereali non gli ha proposto di incontrare Zelensky. I margini per questo tipo di incontro sembrano essere infatti molto lontani, mentre anche Mosca e Washington appaiono sempre più distanti. Il presidente statunitense, Joe Biden, ha lanciato un avvertimento a Putin mettendolo in guardia da ogni tentazione di usare armi chimiche o nucleari. «Non farlo, non farlo, non farlo — ha detto durante un’intervista alla Cbs — o cambierai la guerra come mai dai tempi della Seconda guerra mondiale».

Dalla Casa Bianca viene sottolineato intanto che Putin sarebbe sempre più isolato a livello internazionale: «Questo emerge da quello che Cina e India hanno dichiarato al meeting di Samarcanda», ha chiarito il portavoce John Kirby, evidenziando che i leader di Pechino e Nuova Delhi sarebbero stati freddi con il presidente russo per «la brutalità» con cui sta conducendo la guerra.