Il magistero

 Il magistero  QUO-211
15 settembre 2022

Sabato 10

La terza
guerra
mondiale
“a pezzi”
oggi è “totale”

Il tema della vostra Sessione Plenaria “Scienza di base per lo sviluppo umano, la pace e la salute planetaria”... tiene presenti le questioni-chiave che l’umanità affronta in questo momento della storia.

La Chiesa condivide e promuove la passione per la ricerca scientifica come espressione dell’amore per la verità, per la conoscenza... Ricordo le dichiarazioni della Pas di fronte a diverse emergenze, sia per la crisi alimentare e la lotta alla fame — in collaborazione con le Nazioni Unite —, sia per la salute degli oceani e dei mari, sia per rafforzare la resilienza dei poveri in caso di shock climatici.

Importante è anche l’impegno per aiutare a ricostruire quartieri poveri in modo sostenibile applicando la bioeconomia; come pure l’azione orientata all’equità per affrontare i problemi causati dal Covid.

Non meno rilevante è il lavoro per la donazione e il trapianto di organi nella lotta alla tratta di esseri umani; e anche per la promozione di una nuova scienza della riabilitazione medica a favore degli anziani e dei poveri.

Inoltre, apprezzo lo sforzo di coinvolgere la scienza e la politica per prevenire la guerra nucleare e i crimini bellici contro le popolazioni civili.

Man mano che le conquiste delle scienze accrescono il nostro stupore per la bellezza e la complessità della natura, si avverte sempre più la necessità di studi interdisciplinari, legati alla riflessione filosofica, che portino a nuove sintesi.

Questa visione, se tiene conto anche della Rivelazione e della teologia, può dare risposte alle domande dell’umanità, poste anche dalle nuove generazioni.

La Pontificia Accademia è unica nei suoi obiettivi, volti a partecipare i benefici della scienza e della tecnologia... soprattutto ai più bisognosi e svantaggiati; e così mira anche alla liberazione da forme di schiavitù, come lavoro forzato, prostituzione e traffico di organi.

Questi crimini contro l’umanità... si verificano anche nei Paesi sviluppati, nelle nostre città. Il corpo umano non può essere mai oggetto di commercio!

Dopo le due tragiche guerre mondiali, sembrava che il mondo avesse imparato a incamminarsi verso il rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e delle varie forme di cooperazione. Ma la storia mostra segni di regressione.

Si intensificano conflitti anacronistici, riemergono nazionalismi chiusi, esasperati e aggressivi, e anche nuove guerre che colpiscono civili, anziani, bambini e malati.

I numerosi conflitti armati in corso preoccupano seriamente. Ho detto che era una terza guerra mondiale “a pezzi”; oggi forse possiamo dire “totale”, e i rischi per le persone e per il pianeta sono maggiori.

San Giovanni Paolo ii ringraziò Dio perché, per intercessione di Maria, il mondo era stato preservato dalla guerra atomica. Purtroppo dobbiamo continuare a pregare per questo pericolo.

Mobilitare
tutte
le conoscenze

Mobilitare tutte le conoscenze per superare miseria, povertà, nuove schiavitù, e per evitare le guerre.

Rifiutando alcune ricerche, inevitabilmente destinate... a fini di morte, gli scienziati possono unirsi a disarmare la scienza e formare una forza per la pace.

Nel nome di Dio, siamo chiamati a testimoniare la nostra essenza fraterna di libertà, giustizia, dialogo, incontro reciproco, amore e pace, evitando di alimentare odio, risentimento, divisione, violenza e guerra.

Nel nome di Dio che ci ha donato il pianeta, siamo chiamati alla conversione ecologica per salvare la casa comune e la vita delle generazioni future.

Continuare a lavorare per la verità, la libertà e il dialogo, la giustizia e la pace. Oggi più che mai la Chiesa è alleata degli scienziati che seguono questa ispirazione!

(Alla Pontificia accademia delle scienze)

Domenica 11

Chi ama
si preoccupa
di chi manca

Il Vangelo presenta le tre parabole della misericordia (Lc 15, 4-32)... Gesù le racconta per rispondere a farisei e scribi, che si scandalizzavano perché era tra i peccatori.

Se per loro questo è religiosamente scandaloso, Gesù, accogliendo i peccatori e mangiando con loro, rivela che Dio tutti desidera al suo banchetto, tutti ama come figli, nessuno escluso.

Le tre parabole, allora, riassumono il cuore del Vangelo: Dio è Padre e ci viene a cercare ogni volta che siamo perduti.

I protagonisti, che rappresentano Dio, sono un pastore che cerca la pecorella smarrita, una donna che ritrova la moneta perduta e il padre del figlio prodigo.

Aspetto comune: tutti e tre hanno... l’inquietudine per la mancanza: manca la pecorella, manca la moneta, manca il figlio.

Tutti e tre se facessero un po’ di calcoli, potrebbero starsene tranquilli: al pastore manca una pecora, ma ne ha altre novantanove; alla donna una moneta, ma ne ha altre nove; e anche il Padre ha un altro figlio, ubbidente: perché pensare a questo che se ne è andato?

Invece, nel loro cuore c’è l’inquietudine per quello che manca.

Chi ama si preoccupa di chi manca, ha nostalgia di chi è assente, cerca chi è smarrito, attende chi si è allontanato.

Così è Dio: non è “tranquillo” se ci allontaniamo da Lui, è addolorato, freme; e si mette in movimento per venirci a cercare, finché ci riporta tra le sue braccia.

Il Signore non calcola le perdite e i rischi, ha un cuore di padre e di madre, e soffre per la mancanza dei figli amati.

Soffre per la nostra distanza e, quando ci smarriamo, attende il nostro ritorno... Sempre ci aspetta a braccia aperte, qualunque sia la situazione in cui siamo perduti.

Nostalgia per chi è assente

Noi imitiamo il Signore? abbiamo l’inquietudine della mancanza?

Abbiamo nostalgia per chi è assente, per chi si è allontanato? Portiamo questa inquietudine, o stiamo sereni e indisturbati?

Chi manca nelle nostre comunità, manca davvero, o facciamo finta? O stiamo bene tra noi, nei nostri gruppi, senza compassione per chi è lontano?

Non si tratta solo di essere “aperti agli altri”, è Vangelo!

Prego per chi non crede, è lontano, è amareggiato? Attiriamo i distanti attraverso lo stile di Dio, che è vicinanza?

Il Padre ci chiede di essere attenti ai figli che più gli mancano.

Pensiamo a qualche persona che conosciamo, che magari non ha mai sentito nessuno che le dica: “Tu sei importante per Dio”. “Ma io sono in situazione irregolare, ho fatto questa cosa brutta, quell’altra…” — “Tu sei importante per Dio”, dirlo, “tu non lo cerchi ma Lui ti cerca”.

Siamo uomini e donne dal cuore inquieto, lasciamoci inquietare da questi interrogativi e preghiamo la Madonna, madre che non si stanca mai di cercarci e prendersi cura di noi suoi figli.

(Angelus in piazza San Pietro)

Lunedì 12

Lavoro
per tutti

Gli imprenditori sono una componente essenziale per costruire il bene comune, sono un motore primario di sviluppo.

Questo non è un tempo facile... Anche il mondo dell’impresa sta soffrendo. La pandemia ha messo a dura prova tante attività, tutto il sistema economico è stato ferito.

Si è aggiunta la guerra in Ucraina con la crisi energetica che ne sta derivando.

Soffre anche il buon imprenditore, che ha la responsabilità della sua azienda, dei posti di lavoro, che sente su di sé le incertezze e i rischi.

Ci sono imprenditori “mercenari” e imprenditori simili al buon pastore, che soffrono le sofferenze dei loro lavoratori.

La gente sa riconoscere i buoni imprenditori. Lo abbiamo visto anche recentemente, alla morte di Alberto Balocco: tutta la comunità aziendale era addolorata e ha manifestato stima e riconoscenza.

La Chiesa, fin dagli inizi, ha accolto nel suo seno anche mercanti, precursori dei moderni imprenditori.

Nella Bibbia e nei Vangeli si parla di lavoro, di commercio, e tra le parabole ci sono quelle che parlano di monete, di proprietari terrieri, di amministratori.

Il buon samaritano poteva essere un mercante: si prende cura dell’uomo derubato e ferito, poi lo affida a un altro imprenditore, un albergatore.

I “due denari” che il samaritano anticipa all’albergatore sono molto importanti: nel Vangelo non ci sono soltanto i trenta denari di Giuda.

Lo stesso denaro può essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima.

Lo vediamo tutti i giorni, quando i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze.

I denari
dei samaritani e quelli di Giuda

L’economia cresce e diventa umana quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda.

Ma la vita degli imprenditori nella Chiesa non è stata sempre facile. Le parole dure che Gesù usa nei confronti dei ricchi e delle ricchezze, quelle sul cammello e la cruna dell’ago, sono state a volte estese troppo velocemente a ogni imprenditore e a ogni mercante, assimilati ai venditori che Gesù scacciò dal tempio.

In realtà, si può essere mercante, imprenditore, ed essere seguace di Cristo.

Quali sono le condizioni perché un imprenditore possa entrare nel Regno dei cieli? La prima è la condivisione. La ricchezza aiuta molto nella vita; ma spesso la complica: non solo perché può diventare un idolo e un padrone spietato.

Perché la ricchezza chiama a responsabilità: [se] possiedo dei beni, su di me grava la responsabilità di farli fruttare, non disperderli, usarli per il bene comune.

La ricchezza crea invidia

Poi la ricchezza crea invidia, maldicenza, violenza e cattiveria.

Gesù dice che è molto difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio. Difficile, sì, ma non impossibile. E infatti persone benestanti facevano parte della prima comunità di Gesù: Zaccheo di Gerico, Giuseppe di Arimatea, o alcune donne che sostenevano gli apostoli con i loro beni.

Nella Chiesa ci sono sempre state persone benestanti che hanno seguito il Vangelo in modo esemplare: anche imprenditori, banchieri, economisti, come i Beati Giuseppe Toniolo e Giuseppe Tovini.

Per entrare nel Regno dei cieli, non a tutti è chiesto di spogliarsi come il mercante Francesco d’Assisi; ad alcuni che possiedono ricchezze è chiesto di condividerle.

Come vivere oggi questo spirito evangelico di condivisione? Le forme sono diverse, e ogni imprenditore può trovare la propria, secondo la sua creatività.

Una è la filantropia, cioè donare alla comunità. E qui voglio ringraziarvi per il sostegno concreto al popolo ucraino, specialmente ai bambini sfollati, perché possano andare a scuola!

Molto importante è quella modalità che nelle democrazie sono le tasse e le imposte, una forma di condivisione della ricchezza, che diventa beni comuni pubblici: scuola, sanità, diritti, cura, scienza, cultura.

Certo devono essere giuste, eque, fissate in base alla capacità contributiva di ciascuno, come recita la Costituzione italiana.

Il sistema e l’amministrazione fiscale devono essere efficienti e non corrotti.

Ma non bisogna considerare le tasse come un’usurpazione. Esse sono il cuore del patto sociale.

Sostegno
a giovani
e famiglie

Un’altra via di condivisione è la creazione di lavoro per tutti, in particolare per i giovani.

[Essi] hanno bisogno della vostra fiducia, e voi avete bisogno dei giovani, perché le imprese senza giovani perdono innovazione, energia, entusiasmo.

Il lavoro è una forma di comunione di ricchezza: assumendo persone voi state già creando ricchezza condivisa.

Ogni nuovo posto di lavoro è una fetta di ricchezza condivisa.

Tuttavia, il problema non può risolversi se resta ancorato nei confini del solo mercato del lavoro: è il modello di ordine sociale da mettere in discussione.

E qui si tocca la questione della denatalità, [che] combinata con il rapido invecchiamento della popolazione, sta aggravando la situazione: diminuisce l’offerta dei lavoratori e aumenta la spesa pensionistica a carico della finanza pubblica.

È urgente sostenere le famiglie e la natalità... lavorare, per uscire il più presto possibile dall’inverno demografico nel quale vive l’Italia.

Alle volte, una donna che è impiegata o lavora, ha paura a rimanere incinta, perché... appena si incomincia a vedere la pancia, la cacciano via.

Donne
e migranti

Questo è un problema delle donne lavoratrici: studiatelo, vedete come fare.

Va sottolineato il ruolo positivo che giocano le aziende sulla realtà dell’immigrazione, favorendo l’integrazione costruttiva e valorizzando capacità indispensabili per la sopravvivenza dell’impresa.

Nello stesso tempo occorre ribadire il “no” a ogni forma di sfruttamento delle persone e di negligenza nella sicurezza.

Il migrante va accolto, accompagnato, sostenuto e integrato.

Ma se il migrante è respinto o semplicemente usato come un bracciante senza diritti, ciò è un’ingiustizia.

L’imprenditore stesso è un lavoratore. Non vive di rendita; vive lavorando, e resta imprenditore finché lavora.

Il buon imprenditore conosce i lavoratori perché conosce il lavoro... condividendo la stessa fatica e bellezza quotidiana dei dipendenti.

Una delle gravi crisi del nostro tempo è la perdita di contatto degli imprenditori col lavoro: crescendo, diventando grandi, la vita trascorre in uffici, riunioni, viaggi, convegni, e non si frequentano più le officine e le fabbriche.

Si dimentica “l’odore” del lavoro. È brutto. È come succede a noi preti e vescovi, quando dimentichiamo l’odore delle pecore.

Si dimentica l’odore del lavoro, non si riconoscono più i prodotti a occhi chiusi toccandoli; e quando un imprenditore non tocca i suoi prodotti, perde contatto con la vita della sua impresa, e spesso inizia anche il declino.

Creare lavoro genera una certa uguaglianza... Nelle imprese esiste la gerarchia, esistono funzioni e salari diversi, ma i salari non devono essere troppo diversi.

Oggi la quota di valore che va al lavoro è troppo piccola, soprattutto se la confrontiamo con quella che va alle rendite finanziarie e agli stipendi dei top manager.

Se la forbice tra gli stipendi più alti e quelli più bassi diventa troppo larga, si ammala la comunità aziendale.

Adriano Olivetti, vostro grande collega del secolo scorso, aveva stabilito un limite alla distanza tra gli stipendi più alti e quelli più bassi, perché sapeva che quando i salari e gli stipendi sono troppo diversi si perde nella comunità aziendale il senso di appartenenza a un destino comune, non si crea empatia e solidarietà.

Il valore che create dipende da tutti e da ciascuno: anche dal talento e dall’innovazione, dalla cooperazione, dal lavoro quotidiano di tutti.

Se è vero che ogni lavoratore dipende dai suoi imprenditori e dirigenti, è anche vero che l’imprenditore dipende dai suoi lavoratori... dal loro “capitale” spirituale.

Vi incoraggio a sentire l’urgenza del nostro tempo, ad essere protagonisti di questo cambiamento d’epoca.

Con la vostra innovazione potete dar vita a un sistema economico diverso.

Senza nuovi imprenditori la terra non reggerà l’impatto del capitalismo, e lasceremo alle prossime generazioni un pianeta ferito, forse invivibile.

Quanto fatto finora non basta: aiutiamoci insieme a fare di più.

(All’assemblea della Confindustria italiana)

Favorire
la realizzazione
del diritto
allo studio

Fate parte della più grande associazione di studenti della Svizzera, che riunisce persone di diverse generazioni e anche con differenti percorsi.

Non siete una corporazione, ciò che vi accomuna è il fatto di essere o di essere stati studenti.

Nel mondo ci sono tante persone che non hanno accesso all’istruzione; e altre — specialmente donne — che devono limitarsi solo a livelli inferiori o a certi tipi di studi; e altre ancora che invece sono obbligate a ricevere un’istruzione forzata.

Ringraziamo Dio di aver potuto studiare in maniera libera.

Vorrei farvi una proposta: che la vostra Associazione possa farsi carico di qualche situazione concreta per favorire la realizzazione del diritto allo studio.

Quest’anno festeggiate il 75° anniversario della canonizzazione di san Nicola di Flüe, patrono della Svizzera e anche della vostra Associazione. E questa circostanza vi ha spinto a venire in pellegrinaggio a Roma.

C’è una bella analogia tra l’essere studenti e l’essere pellegrini.

Studiare è un cammino. E la vostra associazione ci ricorda che studenti, in un certo senso ampio, lo si è per tutta la vita.

Uno studio specifico deve avere tempi e oggetti determinati, delimitati, per non arrivare a essere studenti eterni, che mai lasciano l’università.

Ma lo studio come atteggiamento umano può essere coltivato sempre.

Essere studente significa avere voglia di imparare, di sapere, non considerarsi già arrivati. Essere in cammino. Avere lo spirito del discepolo, sempre, a ogni età.

Questo mi fa pensare a una bella considerazione di Romano Guardini, che dice: «Dobbiamo sempre presupporre una cosa: il mistero della nascita… Tutto ciò che si definisce educazione, significa soltanto servire, aiutare, liberare, rimanendo all’interno di questo mistero».

Educare è accompagnare un uomo, una donna nella sua “nascita” come persona, nel suo “venire al mondo”, nel suo “venire alla luce”.

Cristo è il più grande educatore della storia... Fa uscire l’uomo nuovo dall’involucro dell’uomo vecchio.

Ci libera dalla schiavitù dell’io e ci apre alla pienezza di vita in comunione con Dio, con gli altri, con le creature, e anche con noi stessi.

Perché — come dimostra Agostino nelle sue Confessioni — non siamo in pace con noi stessi finché non ci arrendiamo all’amore di Dio in Gesù.

(Alla società degli studenti svizzeri)