I racconti di sedici donne per illuminare di luce nuova la vita

Scrittura dalla Scrittura

 Scrittura  dalla Scrittura  QUO-208
12 settembre 2022

Anticipiamo l’introduzione a La Parola e i racconti. Sedici scrittrici leggono le parabole dei Vangeli (Lev, 2022, pagine 248, euro 17, a cura di Ritanna Armeni, Rita Pinci e Carola Susani, illustrazioni di Cinzia Leone), dal 13 settembre in libreria. Alcune scrittrici italiane hanno accettato la sfida di «Donne Chiesa Mondo»: leggere una parabola dei Vangeli e scrivere un racconto a essa ispirato. Le autrice sono Ubah Cristina Ali Farah, Viola Ardone, Ritanna Armeni, Camilla Baresani, Maria Grazia Calandrone, Emanuela Canepa, Antonella Cilento, Cinzia Leone, Tea Ranno, Evelina Santangelo, Alessandra Sarchi, Igiaba Scego, Elena Stancanelli, Carola Susani, Nadia Terranova e Mariapia Veladiano. Il volume sarà lo spunto per due prossimi dialoghi in pubblico: Perdersi per ritrovarsi. Conversazione sul Figliol prodigo a Bergamo (16 settembre), nell’ambito della rassegna «Molte fedi sotto lo stesso cielo», con Maria Grazia Calandrone e don Luigi Maria Epicoco; il 24 settembre a Bologna, invece, il Festival Francescano ospita Milena Gabanelli, Mariapia Veladiano e Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione, per un incontro su Fiducia, sostantivo femminile.

Le parabole di Gesù nei Vangeli raccontano di vite lontane e reali, di seminatori, di padroni e di servi, di padri e di figli, di viaggiatori, di osti, talvolta di donne, di gesti concreti: accendere lampade, rattoppare vestiti, riempire le botti. Parola potente, efficace, che ci conduce in situazioni lontane ma umane in una lingua accogliente, le parabole non hanno mai smesso nei secoli di sollecitare riflessioni, di provocare sconcerto, di illuminare di una luce ogni volta nuova la vita delle donne e degli uomini. Hanno qualcosa di nuovo da dire anche oggi? E hanno qualcosa di particolare da dire alle donne? E a quelle donne che, ognuna a suo modo, hanno scelto di prendersi cura delle parole e delle storie?

Ce lo siamo domandato. E così noi di «Donne Chiesa Mondo» abbiamo invitato sedici scrittrici, diversissime fra loro per età e per formazione culturale, che hanno nei confronti delle fede e della religione posizioni diverse — ci sono nel gruppo credenti e non credenti, cattoliche, ebree e musulmane — a scegliere una parabola e a scrivere un racconto a partire da quella. L’idea è simile a quella che ha portato il regista polacco Krzysztof Kieślowski a rileggere i dieci comandamenti nel suo Decalogo, ma qui il mezzo è lo stesso: si tratta di far nascere scrittura dalla Scrittura e racconti da racconti. In più, c’è la pluralità delle voci, e alla pluralità delle voci, alla pluralità delle visioni teniamo in modo particolare.

Ricca è la messe delle voci, veramente una diversa dall’altra le prospettive. La maggior parte delle autrici fa di una donna la protagonista della storia; solo Evelina Santangelo e Igiaba Scego mettono al centro della scena un personaggio maschile. Scego, prendendo le mosse dalla parabola sulla casa costruita sulla roccia, racconta del cugino O e della lingua, il somalo aulico, che è per lui la roccia solida su cui costruire; Evelina Santangelo narra di Ravi, agricoltore indiano, e della sua difficile semina: Ravi ha accanto la moglie Shaila, con la sua lucidità e la sua apprensione. Viola Ardone, raccontando a partire dalla parabola della zizzania, sceglie una voce in prima persona quasi astratta, indifferentemente maschile o femminile, e affronta un tema attuale: la potenza distruttiva del livore in un’epoca in cui le possibilità di ferire si moltiplicano nel mondo virtuale.

Molte sono le autrici che scelgono di concentrarsi su una dimensione intima o familiare, come Nadia Terranova, che prendendo le mosse dalla parabola della pecora smarrita ci porta nel cuore dell’amicizia e della perdita; o Camilla Baresani, che ritrova nella parabola sulle botti vecchie e il vino nuovo una norma di saggezza sempre valida; o Cinzia Leone che, partendo dalla parabola del lievito, ci rimanda a un’atmosfera domestica di anni passati indicandoci nel concreto e nel simbolico il valore della lievitazione. Ancora, Maria Grazia Calandrone ripercorre la parabola del figlio prodigo raccontando di rapporti delicati e complessi all’interno di una famiglia.

Altre si sistemano su un confine, come Igiaba Scego e Ubah Cristina Ali Farah, autrici italiane di origine somala, nei racconti delle quali anche vicende personalissime prendono una dimensione più ampia, costringono a ragionare di partenze, di esilio, di prospettive, di rapporti di forza, di identità. Similmente Alessandra Sarchi che, nel narrare a partire dalla parabola dell’amico importuno, illumina sulla faticosa condizione di una donna che, alla metà della sua vita, prova a inventarsi un lavoro e si scontra con l’energia di chi, più giovane, viene da fuori. Elena Stancanelli, ripensando alla parabola sul banchetto di nozze, mette in scena una poliziotta il cui eroismo si rivela meno importante di una solidarietà fra donne all’apparenza minore.

C’è chi sceglie una dimensione del racconto pienamente politica, come vediamo fare a Evelina Santangelo per la parabola del seminatore; altre prendono spunto dal testo evangelico per riflettere su un tema che preme, come fa Emanuela Canepa ragionando sull’ascolto a partire dalla parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte. Qualcosa di simile fa Ritanna Armeni che, a partire dalla parabola della moneta smarrita, pone il problema ancora attualissimo della formazione delle ragazze raccontando lo sforzo di una maestra del dopoguerra per dare a una allieva (non la più povera né la più dotata) la possibilità di istruzione. Antonella Cilento, ripensando alla parabola del ricco stolto, individua in un oggetto prezioso e bistrattato, conservato da una domestica lontana dagli stereotipi, quello che si salva quando le ricchezze vengono disfatte. Mariapia Veladiano prende spunto dalla parabola del chicco di grano per raccontare dell’occasione che lo fa germogliare, mentre Tea Ranno, narrando dei lavoratori della vigna, conduce una donna deragliata verso un inimmaginabile e gratuito premio. Carola Susani prova a raccontare del samaritano, ovvero del soccorso che puoi incontrare proprio dove non ti saresti aspettata.

Sono pieni di vita questi racconti, e di una vita che riconosciamo contemporanea, pieni di donne, e di uomini, nelle condizioni più varie, con ansie e dolori, apprensioni e fatica. Restituiscono uno spaccato ricco e fedele, da un punto di vista sociale e personale, del mondo che viviamo, pieno di contraddizioni e di conflitto, ma anche di conforto, di soccorso, di sorpresa, di occasioni.

Forse in questo i racconti raggiungono una consistenza unitaria ed è possibile riconoscere che nascono tutti dalle parabole evangeliche: sono racconti che non eludono la durezza ma che richiamano l’attenzione sulla possibilità.

di Carola Susani