Vita contemplativa
Rivive un convento di clausura

Oristano
ma sembra Barcellona

 Oristano ma sembra Barcellona  QUO-204
07 settembre 2022

Arrivano dalla Spagna ma provengono anche da America latina, Africa, Asia. E, grazie a loro, quello che stava per diventare un ex convento è ora una dinamica comunità contemplativa internazionale, dedita all’adorazione eucaristica permanente. Sembrava infatti una storia già scritta quella del monastero delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di Oristano: un convento di clausura — nato nel 1961 per iniziativa di un gruppo di monache di Cagliari guidate dalla fondatrice madre Maria Modestina Diana — che in questi ultimi tempi, come tante comunità religiose, stava attraversando un periodo di seria difficoltà. La comunità si era infatti ridotta a sole sei monache, tutte ultraottantenni, in parte malate. Da quasi quarant’anni la porta di clausura non si apriva più per accogliere una postulante, e gli stalli nel coro, progressivamente, si erano quasi tutti liberati.

L’anziana abbadessa, madre Maria Sebastiana, aveva lanciato il suo appello ad alcune comunità monastiche dello stesso ordine, conosciuto con il nome di “sacramentine”, per ottenere un aiuto, ma la situazione di difficoltà di tanti monasteri non aveva permesso l’invio di forze nuove in appoggio. Così, pur con dolore, tra le mura del monastero, nella centralissima via Vinea Regum, ci si preparava a fare le valigie, probabile destinazione proprio la comunità di Cagliari dalla quale erano partite sessant’anni prima. La decisione, temuta tanto dalle monache che dai fedeli che frequentano la loro bella chiesa intitolata a Cristo Re, sembrava inevitabile e a breve termine. Invece, dall’altra parte di quel mare sul quale si affaccia la città di Oristano, è arrivata una soluzione così inattesa da sembrare un miracolo. Sì, perché oltre il mare di Sardegna c’è la Spagna, c’è Barcellona. E a Barcellona c’è un monastero dello stesso ordine, abitato da dodici monache, di cui due novizie, anch’esse con un problema: una casa troppo piccola e ormai inadatta alla vita contemplativa. Stavano per mettersi alla ricerca di un nuovo luogo per vivere il loro carisma, ma ecco prospettarsi una soluzione del tutto inaspettata: cambiare città, anzi, cambiare nazione. Una delle sorelle, madre Maria Oriana, qualche tempo prima aveva trascorso un periodo a Oristano per aiutare le anziane monache. Si era trovata bene, aveva vissuto in quel monastero circondato da orti e giardini, così diverso dal piccolo convento stretto tra le strade chiassose di Barcellona. Attraversare il mare, trasferirsi in Italia, in Sardegna, in quel convento grande, ormai quasi disabitato, poteva essere una soluzione.

Una scelta non facile, una decisione molto impegnativa da prendere, che le monache catalane cominciano a discutere e poi mettono ai voti. Inaspettatamente, c’è l’unanimità, e quella che era una vaga proposta prende i contorni di una scelta condivisa che le monache sottopongono poi ai superiori per avviare l’iter canonico del trasferimento. La decisione viene comunicata alle sacramentine di Oristano, che quasi non vogliono crederci: il loro monastero non chiuderà, e addirittura dovranno riorganizzarlo per accogliere al meglio questa pacifica “invasione”. Così, nel febbraio scorso, divise in due gruppi, le Adoratrici di Barcellona lasciano per sempre il loro piccolo convento, salgono sulla nave e sbarcano in Sardegna. Una volta riunita, la comunità è accolta dalle sei sorelle oristanesi e da tutta la Chiesa arborense nel contesto di una solenne concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Oristano, Roberto Carboni, che parla anche lui di “un miracolo”.

Il monastero è ora abitato da diciotto monache. «Siamo felici di essere qua, dove il Signore ci ha volute», racconta la vicaria, madre Oriana, originaria del Cile: «Una scelta importante nella quale siamo state guidate dal Signore. Come ad Abramo, anche a noi ha chiesto di uscire dal nostro Paese, la Spagna, per andare in una terra promessa, là dove lui voleva guidarci». «Siamo contente di esserci lasciate guidare dallo Spirito», le fa eco la spagnola suor Matilde, «e persino le due sorelle più anziane, madre Margherita e suor Teresa, non hanno temuto di affrontare, nonostante l’età avanzata, un viaggio impegnativo in nave, per giungere qua. Sapevano che Gesù le aspettava a Oristano e non vedevano l’ora di esserci». A Barcellona «molti fedeli hanno pianto quando hanno saputo che andavamo via», dice la castigliana madre Teresa, «ma ci sono altri monasteri di clausura e, non lontano, altri due del nostro stesso ordine, dunque non abbandoniamo la zona».

Madre Margherita è un po’ una “reliquia” che compendia tutta la storia delle sacramentine a Barcellona: faceva infatti parte del primo gruppo di suore che inaugurò il convento catalano nel 1951. «Ma quel luogo era diventato troppo “stretto”, del tutto inadatto alla vita di una comunità come la nostra», sottolinea madre Maria Teresita, originaria del Ruanda: «Soprattutto c’era molto chiasso proveniente dai locali vicini; Barcellona è molto turistica e la nostra zona non era esente dalla movida. Dovevamo tenere sempre le finestre chiuse». «E poi c’era pochissimo verde, solo un piccolo cortile», prosegue suor Maria Giuliana, coreana, che ad Oristano ha fatto la sua prima professione di fede: «Qua abbiamo tanto spazio, luoghi adatti per pregare, lavorare, vivere in fraternità. E tanto verde, nel giardino e nel grande orto. Per chi vive in clausura, il verde e la natura sono necessari».

Il bello di essere Chiesa è questo: sentirsi sempre a casa, benvenuti. «Gli oristanesi ci hanno accolto con gioia, sappiamo che hanno sempre donato alle monache tutto ciò di cui avevano bisogno: dal terreno per costruire il monastero a quanto necessita nel quotidiano, aiutando le suore anche a pulire la chiesa e a coprire i turni di adorazione, perché erano rimaste poche e malate. E ora hanno adottato pure noi, che stiamo già iniziando a imparare l’italiano», ci racconta madre Maria Concezione. A Oristano, poi, gli spagnoli sono di casa, avendola dominata per ben quattro secoli. La lingua sarda è molto simile allo spagnolo. E il cielo di Oristano, a guardarlo bene, è azzurro come quello di Barcellona.

di Francesco Marruncheddu


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