Intervista del Pontefice all’emittente portoghese Tvi/Cnn

La soluzione alla guerra in Ucraina passa attraverso il dialogo

 La soluzione alla guerra in Ucraina passa attraverso il dialogo  QUO-203
06 settembre 2022

Il dialogo è difficile ma solo col dialogo, che si apprende in famiglia, si può andare avanti. È mettere da parte l’istinto e ascoltare: solo chi è puro istinto, come gli animali, non sa dialogare. Lo dice il Papa, parlando della guerra in Ucraina, nell’intervista rilasciata a Maria João Avillez l’11 agosto scorso a tvi/cnn Portogallo e andata in onda ieri sera, in cui annuncia il colloquio telefonico che avrebbe avuto il giorno successivo, il 12 agosto, con il presidente ucraino Zelensky. Alla domanda su un eventuale viaggio a Kiev, riferisce il consiglio espresso in quei giorni dal medico in relazione alla sua difficoltà di viaggiare fino alla sua visita in Kazakhstan in programma dal 13 al 15 settembre: «Ora non posso andare perché dopo la trasferta in Canada il recupero del ginocchio si è un po’ risentito e il medico me lo ha proibito». Ma per la guerra c’è un impegno costante: «Accompagno con il mio dolore e con le mie preghiere tutto ciò che posso. Ma la situazione è davvero tragica», afferma il Pontefice, che ricorda di aver inviato a Kiev tre diversi suoi rappresentanti per farsi presente in modo «forte».

Poi il passaggio sugli abusi nella Chiesa, una «mostruosità», una cosa «distruttiva», «umanamente diabolica», sulla quale il Pontefice ribadisce che deve continuare la «tolleranza zero». «Un sacerdote non può continuare a essere prete se è un molestatore. Non può». «Malato o criminale, esiste per condurre gli uomini a Dio e non per distruggerli in nome di Dio». «Mi fa soffrire — spiega — ogni caso di abuso ma bisogna affrontarlo»: nella Chiesa, in famiglia, in tutta una cultura dell’abuso purtroppo molto estesa che comunque non deve essere nascosta. È una «sofferenza, ogni caso di abuso di cui vengo a conoscenza», ma la sofferenza va affrontata e «sono responsabile del fatto che non succeda mai più». Nulla c’entra il celibato, perché accade anche in famiglia, ed è una cosa diabolica. Uomini e donne chiamati a servire, a creare unità, a contribuire alla crescita e soprattutto a portare a Dio i giovani, invece distruggono le loro vite. Diabolico è che persone malate usino la loro posizione per soddisfare i loro bisogni personali.

Ampio lo spazio dato al tema giovani e alla preparazione alla Gmg che si svolgerà in Portogallo nell’agosto 2023. Francesco garantisce con una battuta la presenza del Papa: «Penso di andare. Il Papa va. O va Francesco o va Giovanni xxiv, ma il Papa va». Un’occasione, quella delle Giornate mondiali, anche di «riconciliazione» in un momento difficile per la Chiesa del Portogallo, legato alla vicenda degli abusi. Francesco rilancia la vicinanza e il dialogo. Infine elogia i giovani per la loro creatività, ne rimarca il bisogno di ascolto e di risposte. Il Papa racconta un incontro avuto a Roma con giovani di diverse lingue e provenienze e anche diverse fedi: la loro spontaneità è sempre una ricchezza anche quando attaccano o criticano con sincerità e mai ipocrisia. Fondamentale per la loro crescita è il dialogo intergenerazionale: ancora una volta Francesco ripete che il futuro parte dalle radici. E poi la Gmg anche come momento di riconciliazione con la Chiesa nazionale: con la vicinanza c’è il dialogo e lì si può «impastare» la riconciliazione.

Al Portogallo il Papa è legato anche per la sua devozione alla Vergine di Fátima: la Vergine del silenzio, la definisce, ricordando la devozione mariana appresa in famiglia e quindi la preghiera del Rosario praticata sin da bambino. Da qui il personale modo di pregare del Pontefice, fatto — confessa — anche di distrazioni: ma Dio «non si distrae e questo mi consola». Pregare significa stare alla presenza di Dio e lasciarlo parlare — aggiunge Francesco — dunque libertà come componente essenziale e affidamento a quanto ispira lo Spirito Santo che è «armonia» e «vita».

Uno sguardo poi all’opera riformatrice interna alla Chiesa — con il motu proprio Traditionis custodes e la lettera apostolica Desiderio desideravi — e poi al ruolo delle donne. Francesco ribadisce che la liturgia, che è la grande opera della Chiesa di adorazione e lode a Dio, deve essere ben celebrata e dunque va disciplinata. Poi sulla presenza di donne in diversi ambiti, nella Curia come al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, spiega che non si tratta di «una moda femminista» ma di «un atto di giustizia» perché la donna è stata messa da parte culturalmente. «Tutti i battezzati — afferma — hanno il diritto di fare qualcosa per la Chiesa. Qui tutti i battezzati hanno un posto. È una cosa che non ho inventato io, ma che va avanti da 20 o 30 anni e che si sta lentamente implementando». Gli esempi attingono a colloqui personali o a esperienze passate, per rimarcare che le donne hanno un modo diverso di potare avanti le cose perché ragionano in modo diverso. E poi la donna è «incaricata di portare avanti l’essere madre della Chiesa» e allora per eleggere i vescovi, «è bene che ci siano donne che pensano a come devono essere i vescovi». Propria delle donne, secondo il Pontefice, è anche quella «qualità di Dio che è la tenerezza». Lo ripete Francesco ricordando quando a Buenos Aires visitava le prigioni e vedeva file di mamme in attesa di entrare dai figli, mai rinnegati perché «carne» della loro carne. L’ispirazione viene dalle grandi figure femminili della Bibbia: Giuditta, che difende con coraggio il suo popolo, e ovviamente Maria, la donna per eccellenza in cui si trovano «forza, servizio, femminilità».

Francesco è interpellato anche sull’umorismo e sottolinea che predilige una preghiera speciale: «Da più di 40 anni recito la preghiera per il senso dell’umorismo di san Tommaso Moro. Recito questa preghiera. Chiedo questa grazia, il senso dell’umorismo». Si tratta di una preghiera che inizia così: «Dammi, Signore, una buona digestione e anche qualcosa da digerire».

Nell’intervista c’è anche spazio per commentare il percorso sinodale intrapreso dalla Chiesa: non una sorta di parlamento, ma il luogo del discernimento in cui lo Spirito Santo opera creando l’armonia dalla diversità. Un percorso segnato nel suo nascere da san Paolo vi, che la Chiesa sta imparando negli ultimi 50 anni. Un percorso in cui non mancano divisioni, che saranno stabilizzate solo al termine, e in cui, tra chi spinge in avanti e chi va indietro, il vescovo come il Buon Pastore riesce a restare «universale nei confronti del popolo santo e fedele di Dio», evitando la perversione del clericalismo.

In ambito ecumenico e interreligioso, invece, ancora una volta Francesco ribadisce che è il dialogo l’arma vincente: nel dialogo — ripete — inteso come saper ascoltare e non un gioco di equilibri, «non si perde mai» e Dio agisce.

Come è la vita del Papa, come trascorre le sue vacanze e da dove trae forza per credere nella vittoria del bene sul male che sembra trionfare oggi, sono le riflessioni di chiusura dell’intervista. Le vacanze estive le trascorre in Vaticano «leggendo, ascoltando musica e pregando». Wagner e l’opera le preferenze di Francesco nelle giornate che iniziano presto, alle quattro del mattino, e terminano alle dieci di sera. La forza per credere nel bene viene da Gesù, Signore della storia: sempre — fa notare il Papa — le epoche hanno avuto pregi e difetti, hanno visto crescere grano e zizzania insieme.

Infine, alla richiesta finale di una parola per illuminare il cammino della Chiesa portoghese alla vigilia della Gmg, arriva la risposta di Francesco: non chiudetevi in voi stessi, guardate oltre, mantenete l’orizzonte ampio e allargate il cuore.

di Gabriella Ceraso