Nella serie «Dottori in corsia — Ospedale pediatrico Bambino Gesù»

Quell’umanità invincibile

 Quell’umanità invincibile  QUO-199
01 settembre 2022

Ha ripreso ad osservare il meglio che l’essere umano sa produrre, la docuserie Dottori in corsia – Ospedale pediatrico Bambino Gesù, da quando, lo scorso 29 agosto, è tornata alle 23.15 su Rai3, con nuovi (nove) toccanti episodi. Le sue telecamere hanno ricominciato a muoversi discrete e attente intorno al lavoro dei medici, degli infermieri e di tutto il personale dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù.

Si sono riaccese per filmare le loro azioni, per ascoltare le loro parole, per documentare la loro esperienza e dedizione, la loro relazione coi piccoli pazienti della grande struttura e con le loro famiglie. Hanno iniziato a costruire un nuovo, sempre necessario omaggio a quel dono straordinario che è la cura: l’offerta di soccorso di persone preparate ad altre in difficoltà, costrette alla sofferenza e al timore estremo. È il racconto di una nobiltà umana invincibile, la quale, sanamente alleata con la scienza e la tecnologia, ne contiene altre come la gratuità, l’accoglienza e la solidarietà: anticorpi in grado di contrastare il dolore inestirpabile che nasce dalla malattia, o che può essere prodotto, purtroppo volontariamente, dagli stessi esseri umani. Anche di questo, col suo consueto approccio onesto e deciso, serio, rispettoso e coraggioso, parla la quinta stagione della docuserie prodotta da Stand By Me in collaborazione con Rai fiction: del conflitto in Ucraina, della guerra che dal 24 febbraio scorso insanguina e terrorizza quella terra. Come già avvenuto per la pandemia da covid-19 nella stagione precedente, la serie di Simona Ercolani e Coralla Ciccolini sceglie di non spostare lo sguardo dall’attualità drammatica che ci riguarda e ci spaventa, e non lo fa per speculare, ovviamente, ma per offrire conforto e speranza attraverso l’abbraccio lenitivo e terapeutico (certamente impregnato di dolore) tra vite stravolte dalla prova estenuante e altre dedicate a renderla sostenibile e dichiararla superata.

Riprende così forma una televisione che, oltre la durezza inevitabile del tema trattato, mostra percorsi di guarigione attraverso l’avanzare rassicurante della medicina e la cooperazione emozionante tra esseri umani. Una televisione certamente impegnativa, ma capace di alleviare, con risposte positive alla sofferenza, e col racconto incoraggiante di persone meravigliose, lo sgomento, la paura e la solitudine che derivano dal dolore e dal male. «L’ospedale Bambino Gesù ha offerto la propria disponibilità ad accogliere bambini che arrivano dalla guerra in Ucraina per salvarli e curarli», dice Federica Sciarelli all’inizio della prima puntata: è di nuovo lei la voce e il volto del programma, l’ascoltatrice empatica e coinvolta delle storie raccontate.

Siede di fronte ad Anatolii, per esempio, il papà di Kateryna: una delle due bambine al centro della prima puntata (recuperabile su Raiplay). Come Lidiia, anche lei è arrivata dall’Ucraina con profonde ferite alla testa provocate da armi da fuoco, e il Bambino Gesù, in prima linea nel fronteggiare l’emergenza umanitaria, le ha curate entrambe e accolte nelle proprie strutture al pari di molte altre famiglie e bambini giunti dai territori più colpiti dalla guerra. Perché, come dice la pediatra Lucia Celesti nel primo episodio, «l’accoglienza è parte della terapia», e così Anatolii ha potuto contare sul supporto di una mediatrice culturale, e Sherheii, il papà di Lidiia, ricorda come nella camera di sua figlia «venivano i volontari a suonare, a insegnare e a giocare. E Lidiia li aspettava». È la parte luminosa di testimonianze altrimenti profondamente drammatiche sulle atrocità della guerra; come drammatiche, del resto, sono tutte le vicende attraversate da Dottori in corsia. Nella seconda puntata incontriamo quelle di Ilaria e di Emma: la prima ha 14 anni e «la forza di una roccia», dice Federica Sciarelli, una vitalità brillante che l’aiuta ad affrontare ogni giorno la sindrome rara di cui soffre. È venuta a Roma per un doppio trapianto di midollo e di rene, e a tenerla per mano, ad abbracciarla nel suo lungo e non facile viaggio, ci sono l’amore di sua mamma e del suo papà eccezionali. Lo sono anche i genitori di Emma, che ha 9 anni ed ha subito un intervento d’urgenza per emorragia cerebrale. La sua storia parla di due operazioni e di un lungo tempo di riabilitazione, ma anche di un pieno e «miracoloso» ritorno alla vita di prima. Più avanti ritroviamo Valerio, già conosciuto nella precedente stagione, dopo che ha ricevuto il trapianto di cuore e ha iniziato una nuova vita. Poi Ludovica e Arianna, giovani affette dalla stessa patologia che hanno affrontato oltre trenta operazioni e sono diventate amiche nel lungo percorso verso la guarigione. Ci sono anche Davide, Giancarlo, Isabel, Azzurra e Nathan, e infine i piccoli Cristian e Francesco, nell’ultima puntata dedicata al reparto di Chirurgia neonatale, dove i bambini appena nati vengono operati e curati da un’equipe di medici guidati dal professor Bagolan: ulteriori esempi, tra gli innumerevoli offerti da Dottori in corsia negli anni, di come sia portato avanti al meglio il mestiere prezioso e delicato di prendersi cura del malato.

di Edoardo Zaccagnini