Il magistero

 Il magistero  QUO-199
01 settembre 2022

Giovedì 25 agosto

La giustizia contro
la cultura
dello scarto

Nel mondo di oggi, molte persone chiedono giustizia, in particolare i più vulnerabili che spesso non hanno voce e che si aspettano che i leader civili e politici proteggano, attraverso politiche e leggi pubbliche efficaci, la loro dignità di figli di Dio e l’inviolabilità dei loro diritti umani fondamentali. Penso, ad esempio, ai poveri, ai migranti, ai rifugiati, alle vittime del traffico di esseri umani, ai malati, agli anziani e a tanti altri individui che rischiano di essere sfruttati o scartati dall’odierna cultura dell’“usa e getta”, la cultura dello scarto. La vostra sfida è quella di operare per salvaguardare e valorizzare nella sfera pubblica quelle giuste relazioni che permettono a ogni persona di essere trattata con il rispetto e l’amore che le sono dovuti.

Una società giusta non può esistere senza il vincolo della fraternità, cioè senza un senso di responsabilità condivisa e di preoccupazione per lo sviluppo e il benessere integrale di ogni membro della nostra famiglia umana. Per questo motivo, “per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune” (Enc. Fratelli tutti, 154). Se vogliamo guarire il nostro mondo, così duramente provato da rivalità e forme di violenza che nascono dal desiderio di dominare piuttosto che di servire, abbiamo bisogno non solo di cittadini responsabili, ma anche di leader capaci, ispirati da un amore fraterno rivolto soprattutto a coloro che si trovano nelle condizioni di vita più precarie.

La pace non è semplicemente assenza della guerra. Il cammino verso una pace duratura richiede invece la cooperazione, soprattutto da parte di coloro che hanno maggiori responsabilità, nel perseguire obiettivi che vadano a beneficio di tutti. La pace deriva da un impegno duraturo per il dialogo reciproco, da una paziente ricerca della verità e dalla volontà di anteporre il bene autentico della comunità al vantaggio personale.

(Ai partecipanti all’incontro
dell’International Catholic Legislators Network)

La Chiesa
in uscita
immersa
nel mondo
e nella storia

Il termine secolarità, che non equivale pienamente a quello di laicità, è il cuore della vostra vocazione che manifesta la natura secolare della Chiesa, popolo di Dio, in cammino tra i popoli e con i popoli. È la Chiesa in uscita, non lontana, non separata dal mondo, ma immersa nel mondo e nella storia per esserne sale e luce, germe di unità, di speranza e di salvezza. La vostra peculiare missione vi porta ad essere in mezzo alla gente, per conoscere e comprendere quello che passa nel cuore degli uomini e donne di oggi, per gioire insieme e per patire insieme, con lo stile della vicinanza, che è lo stile di Dio: la vicinanza.

Il carisma che avete ricevuto vi impegna, singolarmente e come comunità, a coniugare la contemplazione con quella partecipazione che vi consente di condividere le ansie e le attese dell’umanità, cogliendone le domande per illuminarle con la luce del Vangelo. Siete chiamati a vivere tutta la precarietà del provvisorio e tutta la bellezza dell’assoluto nella vita ordinaria, per le strade dove camminano gli uomini, dove più forte è la fatica e il dolore, dove i diritti sono disattesi, dove la guerra divide i popoli, dove viene negata la dignità.

La vostra è una vocazione di frontiera, a volte custodita nella discrezione del riserbo. In più occasioni avete rimarcato che non sempre siete conosciuti e riconosciuti dai pastori e questa mancanza di stima vi ha portato forse a ritirarvi, a sottrarvi al dialogo, e questo non va bene. Eppure la vostra è una vocazione che apre strade, di frontiera, per non rimanere fermi: apre strade.

Cari amici e care amiche, non stancatevi di mostrare il volto di una Chiesa che ha bisogno di riscoprirsi in cammino con tutti, di accogliere il mondo con tutte le sue fatiche e bellezze. La Chiesa non è un laboratorio per tranquillizzarsi e riposare. La Chiesa è una missione.

(Ai partecipanti all’assemblea generale
della Conferenza mondiale degli istituti secolari)

Venerdì 26

Guardando
a Maria

Le donne parlano sempre, ma bisogna parlare come Maria, che è un’altra cosa. Lei è la donna della Parola, è la discepola. Guardando a lei, e anche dialogando con lei nella preghiera, potete imparare sempre nuovamente che cosa significa essere “donne della Parola”. Che non ha niente a che vedere con “donne del chiacchiericcio”! Per favore, questo non lo confondete, non ci sia il chiacchiericcio tra voi!

È facile scivolare nell’attivismo, anche senza accorgersi. E allora non si è più donne della Parola, ma donne del computer, donne del telefono, donne dell’agenda, e così via. Dunque, ben venga questo motto per tutte! Per mettersi nuovamente alla scuola di Maria, ri-centrarsi sulla Parola ed essere donne “che amano senza misura”. La parola, non l’attivismo, al centro.

C’è un detto che dice che “la misura dell’amore è amare senza misura”. È una capacità che viene dallo Spirito Santo; non viene da noi, dal nostro sforzo; viene da Dio, che sempre ama senza misura. E sempre ci aspetta. La pazienza di Dio con noi mi commuove.

Santità e missione sono dimensioni costitutive della vita cristiana e sono tra loro inscindibili. Possiamo dirlo sinteticamente così: ogni santo, ogni santa è una missione (cfr. Esort. ap. Gaudete et exsultate, 19).

L’esempio
di Maddalena
di Canossa

Lo dimostra bene la testimonianza di Maddalena di Canossa. Lei si sentiva chiamata a donarsi interamente a Dio, ma nello stesso tempo sentiva anche di dover stare vicino ai poveri. Nel suo cuore di giovane donna c’era questa duplice esigenza, questa duplice appartenenza: a Dio e ai poveri, che nel suo caso erano la gente delle zone periferiche di Verona.

Mi è piaciuto il numero di novizie che avete: questo indica fecondità, fecondità della congregazione. È un numero della fecondità. Peccato che qui in Europa sia poca gente, ma è l’inverno demografico europeo: invece dei figli preferiscono avere cani, gatti, che è un po’ l’affetto programmato: io programmo l’affetto, mi danno l’affetto senza problemi. E se c’è dolore? Beh, c’è il medico veterinario che interviene, punto. E questa è una cosa brutta. Per favore, aiutate le famiglie ad avere dei figli.

Vorrei aggiungere due cose. La prima riguardo alla dimensione comunitaria, e la riprendo dall’Esortazione Gaudete et exsultate. «La santificazione è un cammino comunitario [...]. Vivere e lavorare con altri è senza dubbio una via di crescita spirituale. [...] Condividere la Parola e celebrare insieme l’Eucaristia ci rende più fratelli [e sorelle] e ci trasforma via via in comunità santa e missionaria» (141-142).

La seconda sottolineatura, con cui concludo, è quella dell’importanza della preghiera di adorazione. Noi abbiamo dimenticato la preghiera di adorazione: sappiamo cosa sia, ma non la pratichiamo tanto. Adorare. Adorare. In silenzio, davanti al Signore, davanti al Santissimo Sacramento, adorare. Preghiera di adorazione.

(Alle religiose partecipanti al capitolo generale
delle Figlie della Carità canossiane)

Una parentela
“battesimale”

I motivi che vi hanno spinto a venire sono diversi. Mi piace ricordare per primo quello che mi lega a voi con una specie di “parentela” che chiamerei “battesimale”. Come sapete, il prete che mi ha battezzato, padre Enrico Pozzoli, e che poi mi ha aiutato a entrare nella Compagnia [di Gesù] e mi ha seguito tutta la vita, è figlio della vostra terra, nativo di Senna Lodigiana, nella “bassa”, vicino al Po. Attratto dal carisma di Don Bosco, partì da giovane per Torino e, diventato Salesiano, fu subito inviato in Argentina, dove rimase per tutta la vita. Divenne amico dei miei genitori e li aiutò anche ad accettare la mia chiamata al sacerdozio.

Madre
Cabrini
patrona
dei migranti

A proposito di legami con la vostra terra lodigiana, non possiamo dimenticare che ce n’è un altro, questa volta per via di una grande santa: Francesca Saverio Cabrini, nativa di Sant’Angelo Lodigiano, che fondò le Missionarie del Sacro Cuore a Codogno ed è la patrona dei migranti.

Io sono figlio di migranti; l’Argentina è diventata patria di tante e tante famiglie di migranti, in gran parte italiani, e Santa Cabrini e le Cabriniane sono una presenza importante a Buenos Aires. Oggi voglio esprimere a voi la mia ammirazione e la mia riconoscenza per questa donna, che — insieme al Vescovo Scalabrini — è testimone della vicinanza della Chiesa ai migranti: il suo carisma è più che mai attuale!

Padre Pozzoli e soprattutto Santa Cabrini ci ricordano che l’evangelizzazione si fa essenzialmente con la santità della vita, testimoniando l’amore nei fatti e nella verità (cfr. 1 Gv 3, 18). E così avviene anche la trasmissione della fede nelle famiglie, attraverso una testimonianza semplice e convinta. Penso ai nonni e alle nonne che trasmettono la fede con l’esempio e con la saggezza dei loro consigli. Perché la fede va trasmessa “in dialetto”, sempre, in nessun altra maniera.

La vostra Chiesa laudense ha vissuto già due Sinodi dopo il Concilio Vaticano ii: il tredicesimo e, recentemente, il quattordicesimo. Ora, il percorso sinodale che stiamo compiendo come Chiesa universale vorrebbe aiutare tutto il Popolo di Dio a crescere proprio in questa dimensione essenziale, costitutiva, permanente dell’essere Chiesa: il camminare insieme, nell’ascolto reciproco, nella varietà dei carismi e dei ministeri, sotto la guida dello Spirito Santo, che crea armonia e unità a partire dalla diversità.

Il cammino sinodale è istituzionale, perché appartiene all’essenza propria della Chiesa. Siamo in sinodo perché istituzione.

Ripartire dopo
la pandemia

E arriviamo al terzo motivo che vi ha portato qui oggi: l’esperienza traumatica della prima fase della pandemia, che ha colpito il vostro territorio, specialmente la parte sud. Questa pandemia è stata ed è un’esperienza complessa, anche troppo grande, perché possiamo dominarla pienamente. Tuttavia, non possiamo e non dobbiamo tralasciare una verifica seria, a tutti i livelli.

Ripartire non vuol dire dare un “colpo di spugna”. Ma adesso non è questo lo scopo. Oggi, il segno che date è quello di una comunità che vuole ripartire insieme, facendo tesoro dell’esperienza vissuta, valorizzando i talenti emersi nei momenti più duri della prova, e voi li conoscete bene.

(A pellegrini della diocesi di Lodi)

“Vieni, servi
e va’!”

Il tema del vostro pellegrinaggio — “Vieni, servi e va’!” — è molto bello ed espressivo.

“Vieni”: il Signore ti chiama. Ti chiama a incontrarlo, e in modo tutto speciale in quell’avvenimento importante che è la Messa domenicale. Caro giovane, so che, forse, a Messa ti trovi solo della tua età, e che questo ti sembra triste, oppure che a volte ti senti un po’ a disagio in mezzo a persone più grandi. Sicuramente ti fai delle domande sulla Chiesa, ti chiedi come fare per restituire il gusto di Dio ai giovani della tua età perché possano unirsi a te. Ma io domando a te, personalmente: come vedi il tuo posto nella Chiesa? Ti senti veramente un membro di questa grande famiglia di Dio? Contribuisci alla sua testimonianza?

Una
testimonianza
concreta
del Vangelo

Avete scelto di essere ministranti, e vorrei ringraziarvi di cuore per gli sforzi, e a volte le rinunce, che accettate per dedicarvi a questo impegno di ministranti, mentre molti altri vostri amici preferiscono dormire la domenica mattina, o fare sport... Tu non immagini quanto puoi essere un modello, un punto di riferimento per tanti giovani della tua età. E puoi davvero essere orgoglioso di quello che fai. Non vergognarti di servire l’Altare, anche se sei solo, anche se stai crescendo. È un onore servire Gesù quando dona la sua vita per noi nell’Eucaristia. Attraverso la tua partecipazione alla liturgia, assicurando il tuo servizio, offri a tutti una testimonianza concreta del Vangelo. Il tuo atteggiamento durante le celebrazioni è già un apostolato per coloro che ti vedono.

Ma servire la Messa richiede un seguito: “Servi e va’!”. Voi sapete che Gesù è presente nelle persone dei fratelli che incontriamo. Dopo aver servito Gesù alla Messa, Egli vi manda a servirlo nelle persone che incontrate durante la giornata, soprattutto se sono povere e svantaggiate, perché Lui è in modo particolare unito a loro.

Forse voi avete degli amici che abitano in quartieri difficili o che affrontano grandi sofferenze, anche dipendenze; conoscete giovani che sono sradicati, migranti o rifugiati. Vi esorto ad accoglierli generosamente, a farli uscire dalla loro solitudine e a fare amicizia con loro.

Un’altra cosa altrettanto importante è il vostro rapporto con le persone anziane, con i vostri nonni. Com’è il vostro sguardo verso gli anziani? Per chi ha la fortuna di avere ancora il nonno o la nonna, è prezioso approfittare della loro presenza, dei loro consigli, delle loro esperienze. Spesso sono loro che vi accompagnano a Messa e vi parlano di Dio. Gli anziani sono una risorsa necessaria per la vostra maturità umana.

Alla vostra età, è il momento di mettere basi solide per una vita che cresce in Cristo, di costruire amicizie stupende, di darsi obiettivi da raggiungere. Alla vostra età, è il momento in cui si sogna in grande, alla grande, si vuole conquistare il mondo. Non smetterò di dirlo ai giovani che incontro e oggi lo dico a te, a te, a ognuno di voi, specialmente a te giovane ministrante: «Non rinunciare mai ai tuoi sogni, non seppellire mai definitivamente una vocazione» (ibid., 272). E proprio il servizio all’Altare potrebbe suscitare in te un desiderio di rispondere alla chiamata del Signore nella vita religiosa o sacerdotale. Perché no? Non avere paura!

(Al pellegrinaggio nazionale dei ministranti
della Francia)

Mercoledì 31

Nuovo ciclo
di catechesi
sul
discernimento

Abbiamo finito le catechesi sulla vecchiaia, adesso iniziamo un nuovo ciclo sul tema del discernimento. Discernere è un atto importante che riguarda tutti, perché le scelte sono parte essenziale della vita. Discernere le scelte. In tutto questo si concretizza un progetto di vita, e anche si concretizza la nostra relazione con Dio.

Nel Vangelo, Gesù parla del discernimento con immagini tratte dalla vita ordinaria; ad esempio, descrive i pescatori che selezionano i pesci buoni e scartano quelli cattivi; o il mercante che sa individuare, tra tante perle, quella di maggior valore. O colui che, arando un campo, si imbatte in qualcosa che si rivela essere un tesoro.

Le condizioni per operare una buona scelta

Il discernimento si presenta come un esercizio di intelligenza, e anche di perizia e anche di volontà, per cogliere il momento favorevole: queste sono le condizioni per operare una buona scelta.

Situazioni inattese, non programmate, dove è fondamentale riconoscere l’importanza e l’urgenza di una decisione da prendere. Le decisioni le deve prendere ognuno; non c’è uno che le prende per noi. Ad un certo punto gli adulti, liberi, possono chiedere consiglio, pensare, ma la decisione è propria; non si può dire: “Ho perso questo, perché ha deciso mio marito, ha deciso mia moglie, ha deciso mio fratello”: no! Tu devi decidere, ognuno di noi deve decidere, e per questo è importante saper discernere: per decidere bene è necessario saper discernere.

Il Vangelo suggerisce un altro aspetto importante del discernimento: esso coinvolge gli affetti. Chi ha trovato il tesoro non avverte la difficoltà di vendere tutto, tanto grande è la sua gioia ... È la gioia dei Magi quando, dopo un lungo e faticoso viaggio, rivedono la stella; è la gioia delle donne che tornano dal sepolcro vuoto dopo aver ascoltato l’annuncio della risurrezione da parte dell’angelo. È la gioia di chi ha trovato il Signore. Prendere una bella decisione, una decisione giusta, ti porta sempre a quella gioia finale.

Nel giudizio finale Dio opererà un discernimento nei nostri confronti.

Le grandi scelte possono nascere da circostanze a prima vista secondarie, ma che si rivelano decisive. È l’ora in cui il tempo e l’eterno si sono incontrati nella sua vita. E in una decisione buona, giusta, si incontra la volontà di Dio con la nostra volontà; si incontra il cammino attuale con l’eterno. Prendere una giusta decisione, dopo una strada di discernimento, è fare questo incontro: il tempo con l’eterno.

Gli elementi del
discernimento

Conoscenza, esperienza, affetti, volontà: ecco alcuni elementi indispensabili del discernimento.

Il discernimento comporta una fatica. Secondo la Bibbia, noi non ci troviamo davanti, già impacchettata, la vita che dobbiamo vivere: no! Dobbiamo deciderla continuamente, secondo le realtà che vengono.

Dio ci invita a valutare e a scegliere: ci ha creato liberi e vuole che esercitiamo la nostra libertà. Per questo, discernere è impegnativo.

Il discernimento è quella riflessione della mente, del cuore che noi dobbiamo fare prima di prendere una decisione. È faticoso ma indispensabile per vivere. Richiede che io mi conosca, che sappia cosa è bene per me qui e ora.

Richiede soprattutto un rapporto filiale con Dio. Dio è Padre e non ci lascia soli, è sempre disposto a consigliarci, a incoraggiarci, ad accoglierci. Ma non impone mai il suo volere. Perché vuole essere amato e non temuto.

E l’amore si può vivere solo nella libertà. Per imparare a vivere si deve imparare ad amare, e per questo è necessario discernere.

Ai fedeli
polacchi

Saluto cordialmente tutti i polacchi. Domani ricorderete lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che ha segnato così dolorosamente la nazione polacca. E oggi stiamo vivendo la Terza. La memoria delle esperienze passate vi spinga a coltivare la pace in voi stessi, nelle famiglie, nella vita sociale e internazionale. Preghiamo in modo speciale per il popolo ucraino.

In preghiera per il Creato

Domani celebreremo la Giornata Mondiale di Preghiera per il Creato, e l’inizio del Tempo del Creato, che si concluderà il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi. Il tema di quest’anno, “Ascolta la voce del creato”, possa favorire in tutti l’impegno concreto a prendersi cura della nostra casa comune. In balia dei nostri eccessi consumistici, la sorella madre terra geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Durante questo Tempo del Creato, preghiamo affinché i vertici cop27 e cop15 dell’onu possano unire la famiglia umana nell’affrontare decisamente la doppia crisi del clima e della riduzione della biodiversità.

(Udienza generale nell’Aula Paolo vi)