Una storia dietro le grate

 Una storia dietro le grate  ODS-002
03 settembre 2022

Una brezza fresca
nel carcere di Pavia

«Prima di tutto io non ho la maschera, parlo soltanto per me. Avete cambiato tutti i miei sentimenti verso gli altri. Prima pensavo che tutte le altre persone fossero dei mostri da quello che ho visto nella mia vita. Dentro di me c’era rabbia che poteva bruciare il mondo intero. Ma dopo questi incontri, dopo aver parlato insieme, dopo avervi visti anche discutere tra di voi, tutto è andato al contrario. Anzi nella direzione giusta. Ho capito che la maggior parte sono innocenti. Quando uno dei nostri ospiti si è scottato con la colla calda, giuro che stavo per piangere. Da quel momento ho capito che siamo molto fragili.

Vi prego, non vi offendete: prima pensavo di non avere niente da imparare, vi vedevo come degli studenti che non hanno ancora visto la vita come funziona e che non avevano nulla da insegnarmi. Sbagliavo di grosso. Quel giorno ho scoperto che per 26 anni non avevo imparato niente. Quel cambiamento non poteva farlo nessuno neanche un Dio, ma voi lo avete fatto anche senza saperlo. Sono in debito con voi».

Non racconta l’estate, ma è come una brezza fresca nell’afosa estate lombarda questa testimonianza che arriva dalla casa circondariale “Torre del Gallo” a Pavia. L’ha scritta un giovane egiziano dopo aver partecipato alla tre giorni “Percorso giovani e carcere” promossa dal cappellano e da alcune giovani studentesse universitarie. Nata 13 anni fa, l’iniziativa intende promuovere l’incontro e la conoscenza tra giovani della città – studenti, ragazzi delle parrocchie e di gruppi ecclesiali – e giovani detenuti. Il tutto nello stile della “Chiesa in uscita” che traduce il verbo “abitare” in “incontrare” la città in tutte le sue sfaccettature, in tutti i suoi luoghi, compreso il carcere anche se sempre più relegato a periferia.

La prima giornata del “Percorso giovani e carcere” di quest’anno ha avuto inizio con un semplice gesto di condivisione, attraverso il quale gli individui sono diventati parte di un gruppo. Una persona si presentava tenendo tra le dita un’estremità di un lungo gomitolo rosso, per poi passare la matassa ad un’altra che voleva conoscere. Le nostre vite così si sono subito intrecciate in maniera molto suggestiva, e si è creato un clima di fiducia che ha consentito una profonda condivisione di idee, emozioni, pensieri. Come quelli del giovane amico egiziano che all’inizio si sentiva a disagio in mezzo a tutta quella gente. Temeva il giudizio degli altri e il suo. Ma ha saputo superare la paura di guardarsi allo specchio, portando così una boccata d’aria fresca tra le mura del carcere. (don Dario Crotti, Anna Panara e Ilaria Rizza)