Canti dalle periferie Il diritto di parlare e di essere ascoltati

 Canti dalle periferie Il diritto di parlare e di essere ascoltati  ODS-002
03 settembre 2022

I testi che pubblichiamo sono stati realizzati da alcuni senza fissa dimora e raccolti grazie all’aiuto di operatori e volontari di strutture che a Roma li ospitano e li assistono. In particolare, a questo numero hanno collaborato: la Caritas (Ostello don Luigi Di Liegro in via Marsala e Casa di accoglienza Santa Giacinta in via Casilina Vecchia), il Circolo S. Pietro (Asilo notturno in via Santa Maria in Cappella) e la Comunità di Sant’Egidio (Palazzo Migliori).

Un tempo
per arrivare in vetta

L’estate è un tempo di riposo,

un tempo per ritrovare se stessi,

per esplorare, per meditare,

per arrivare fino alla vetta.

L’estate è un tempo per ammirare

ciò che di bello è stato creato,

per ritrovare gli amici,

per dormire fuori,

per guardare il cielo stellato.

Che bella stagione l’estate:

è un tempo da ricordare!

Sogno di un giorno
di mezza estate

Un uomo dalle scarse risorse economiche (per usare un eufemismo) vaga per la città. Il sole estivo splende e risplendono di bellezza palazzi, chiese, musei. Ma niente riesce a rischiarare l’ombra di quanti fanno a gara a cancellarne dignità e decoro.

L’uomo con le tasche vuote sale sulla metropolitana e vede una ragazza che legge la “Divina Commedia”. Prima di scendere, le lancia un’occhiata di compassione vedendola sola, senza un Virgilio a farle compagnia in questo Ade moderno.

La luce del mattino è accecante e l’uomo cerca riparo in un museo. Ma subito si sente come rapito da un vortice di colori, atmosfere, ricordi… voci che solo lui, dal cuore sincero, riesce ad ascoltare.

Un alto dignitario si sporge dalla cornice dorata che gli inquadra il mezzobusto per raccontargli la sua storia, ma subito una nobile marchesa con l’abito leggero come ali di farfalla si fa avanti per soddisfare la sua curiosità: “Esiste ancora la gentilezza?”.

Dove è finita la capacità di descrivere la realtà che trasuda di sogno?”, chiede poi un nobile letterato mentre fa svolazzare la sua penna d’oca. “E come giocano i bambini della tua epoca?” incalza una madre di alto rango in posa accanto ai suoi figlioli.

Arriva poi il turno di Vittorio Alfieri. Ha lo sguardo spiritato del suo “volli, fortissimamente volli”, ma lo abbassa quando l’uomo gli sciorina il lungo elenco del moderno trattato sulla tirannide.

Ecco ora un gruppo di briganti in azione. Uno di loro si ferma dietro una quercia: “Ci sono nostri simili nel tuo secolo?”. L’uomo risponde: “Giovane amico, eccome. Siedono in luoghi prestigiosi e di potere”.

Le domande si affollano. Tutti vogliono sapere dall’uomo senza un soldo e dal cuore sincero com’è il mondo di oggi. “Qual è il vostro rapporto con la natura?”. “Pessimo, perché il creato non vota. Si pretende di governare la vita senza saper niente al riguardo”. “E gli attori, i saltimbanchi cosa recitano nella tua epoca?”. “Si limitano all’ovvio. Quindi non fanno molto ridere…”. Sullo sfondo di un paesaggio campestre, si ode una voce: “Come sono le vostre gite fuori porta?”. “Si esauriscono in discussioni da far andare di traverso il cibo”, risponde.

Poi l’uomo si lascia rapire da un dipinto che mostra il Campidoglio mentre è in corso il gioco dell’albero della cuccagna. “Qui — pensa — è meglio restar muti”.

Su un’isola

Guarda che mare!

Venendo su un’isola,

vedo la speranza della vita.

Io sto sulla spiaggia

e venire su un’isola

è come sentirsi lontani dal mondo.

Ma la nostalgia di voi

la sentirei sempre,

perché al cor non si comanda.

Vorrei dare la forza agli altri,

dare la speranza che ci regala la Caritas,

aiutare il prossimo

che nella vita verrà.

Il ricordo è quello

che verrà sempre

nel mio cuore

ed è la speranza della mia vita.

Un disco
per l’estate

Ci risiamo. Come Dio vuole, gira gira il disco — di vinile o compact, non importa — delle stagioni e anche quest’anno ci ha portato l’estate, la stagione più desiderata, più attesa, considerata la più bella (ad esempio in greco si chiama καλοκαίρι, in cui καλο’ sta per buono).

Ma siccome la perfezione non è di questo mondo, lo si creda o no, anche l’estate ha i sui pro e i suoi contro.

Certo quest’anno ha portato problemi di siccità più gravi del solito, ma è una pioggia sul bagnato (si fa per dire ovviamente).

Mentre i pro sono abbastanza ovvi, sui contro vale la pena soffermarsi un poco.

Questi ultimi possono essere sia oggettivi che soggettivi.

Chi scrive, nei confronti di questa stagione, ha avuto un atteggiamento mutevole nel corso del tempo. Una volta, quando le cose giravano bene, né più né meno dei dischi di sua proprietà, anche lui ne attendeva con ansia l’ingresso trionfale sul calendario e sul bollettino meteorologico per staccare la spina dal lavoro, andare in vacanza all’amato mare, magari in qualche isoletta greca dimenticata da Zeus e dagli uomini.

Ma poi si è diffuso l’ mp 3. Oggi si ascolta “musica liquida”, insomma i dischi non girano più.

E se questo porta con sé depressione, ecco che incredibilmente si cominciano a contare i giorni che mancano all’arrivo della “brutta” stagione, perché almeno si può sperare di riprendere a lavorare un po’ e guadagnare qualcosa.

Se non si sopportano più il caldo, il sole, la luce, non si vede l’ora che le giornate si accorcino, in modo che le ore di luce si riducano, il buio arrivi prima e, con esso, l’ora di andare a dormire.

E se fa freddo? Pazienza, anzi, meglio. Così ci si veste più pesantemente, in modo da sentirsi non solo caldi, ma piuttosto chiusi, nascosti, in una parola: protetti.

È apparentemente inspiegabile, ma per fortuna ora non è più così. Forse perché il vinile sta tornando di moda e qualche disco ricomincia a girare.

Ma se son scomparse le problematiche soggettive, permangono, rafforzandosi, quelle oggettive.

Diciamola tutta, per chi vive sulla strada — che non è On the Road come intendeva Kerouac — l’estate non è una stagione facile. Anzi, per certi versi è più difficile delle altre. Il caldo torrido non è più sopportabile del freddo intenso. E se tanti vanno in ferie, questo riguarda anche gli operatori dei molti centri d’accoglienza, assistenza, ristoro che chiudono. A questo punto “che fare?”. Lo diceva Lenin, ma lo dice anche chi tutti i giorni deve conciliare il pranzo con la cena, cambiarsi gli abiti, consultare un medico (a proposito, il coronavirus pare che in ferie non ci vada proprio) e quant’altro.

Eppure, come era peraltro chiarissimo già ai tempi del Vangelo, i poveri ci sono sempre. Inoltre non va in vacanza nemmeno la Provvidenza, che rimane operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7. E se Dio non si limita a vedere, ma provvede anche, si può essere certi che il necessario non mancherà.

Uno slogan pubblicitario di molti anni fa recitava: fate quattro passi in più e troverete… (un popolare gelato). Gambe in spalla, dunque. Il passaparola funziona. Chiedete e vi sarà dato. Καλò καλοκαίρι, comunque sia stata la vostra estate.

Serve un lavoro per
rendere bella ogni stagione

Ho conosciuto l’estate a ogni latitudine. Quella fredda e nuvolosa, inconcepibile per un romano come me, di Mosca e dei Paesi dell’Est, e quella soffocante, intrisa di sudore e polvere, del Nordafrica. Durante la mia ormai lunga esistenza ho girato mezzo mondo per lavoro. Insieme alle stagioni ho conosciuto la povertà che si vive in tanti paesi. Ma, se le prime hanno una loro caratteristica a seconda di quanto ci si sposti dall’Equatore, l’altra è uguale dappertutto.

Quello che sempre mi ha colpito è vedere come l’espressione stampata sui volti dei poveri sia sempre la stessa, ovunque si trovino, chiunque essi siano, qualunque sia il colore della loro pelle. Sembrano guardare il mondo che gira attorno a loro con l’indifferenza e la rassegnazione di chi non ha più nulla da chiedere per migliorare la propria condizione.

Ma non sempre è così e lo dico con la consapevolezza di chi adesso, da uomo più che maturo, si trova da quella parte della strada, quella dei poveri. Si finisce in strada per i motivi più disparati. Spesso per un’infausta sommatoria di vicende della vita, non sempre fortunate e prevedibili, alle quali non si è in grado di reagire in modo favorevole. È vero, c’è chi si lascia andare pensando che nulla possa più cambiare nella propria esistenza e che basti tendere una mano ed accontentarsi di un’elemosina. Ma c’è anche chi cerca solo un’opportunità per sentirsi restituire la dignità della vita.

Tante persone di buon cuore si danno da fare. Ma non basta solo un sacchetto con il cibo, anche se preparato con cura e tanto amore cristiano. Per restituire alle persone una vita dignitosa serve innanzitutto un’opportunità di lavoro, un’occupazione dignitosa e retribuita onestamente. Questo è un compito, anzi un dovere per una società che vuole dirsi “civile”.

Sarebbe bello se in questa soffocante estate romana, tra un incendio e un cumulo di rifiuti abbandonati per le strade, ci si accorgesse che c’è un’emergenza che dura tutto l’anno e che riguarda migliaia di persone che vivono come se non avessero futuro. Allora sì, sarebbe davvero una bella stagione.

Una voce
fuori dal coro

Lo so di essere una voce fuori dal coro. Ma per me l’estate è sempre stata sinonimo di vacanza, di allontanamento dagli impegni del lavoro. Le giornate sono più lunghe e ci sono più occasioni per incontrare e conoscere gente. Perciò, da quando vivo per strada, per me tutto l’anno è estate.

Proprio all’inizio di luglio, quest’anno però ho avuto un incidente. Sono caduto e ho rotto l’osso di un piede. In ospedale mi hanno fatto un’ingessatura con la raccomandazione di non caricare il peso per qualche settimana.

Questo ha reso la mia estate diversa. Ho conosciuto la difficoltà di non potermi muovere e di non poter andare in giro come piace a me. Ho imparato cosa significa sperare che non piova e quanto possa essere faticoso percorrere anche solo 100 metri di strada appoggiandosi su due stampelle.

Mi pesa molto questa situazione. Ma penso anche che talvolta un inciampo non capiti per caso. Forse era necessario perché avevo bisogno di fermarmi un po’ e ripensare alla mia vita. Ma forse era necessario anche perché io potessi venire di fronte a una piccola stazione ferroviaria non lontana dal centro città, e conoscere alcune tra le tante persone che vivono qui, riparandosi dal sole sotto gli alberi di un piccolo giardino e dormendo di notte sulle panchine o sulle grate delle prese d’aria di un parcheggio.

Altre persone, forse, avrebbero trovato in questo incidente un motivo in più per arrabbiarsi col mondo e con se stessi. Per me non è così. La vita in strada è difficile, a volte pericolosa, ma è piena di incontri. E questo è il mio modo di vivere la vacanza.

Lia

Attilio Saletta

Agostino

Fabrizio Salvati

Alessandro

Mimmo