«Grazie, “papà” Francesco»

 «Grazie, “papà” Francesco»  QUO-196
29 agosto 2022

A conclusione della messa davanti al santuario di Collemaggio, il cardinale Petrocchi ha rivolto al Papa queste parole di ringraziamento.

Carissimo Papa Francesco, le sue parole, cariche di sapienza e di amore, rimarranno incise, a caratteri indelebili, nella nostra memoria: personale e collettiva.

Con la solenne celebrazione, a cui abbiamo partecipato, lei raccoglie la tradizione della Perdonanza celestiniana, la arricchisce con il suo magistero e la proietta a livello planetario. La Porta santa della Perdonanza verrà aperta non solo ai pellegrini che visiteranno questi luoghi, ma sarà spalancata sul mondo intero. Speriamo che tutti i popoli, specie quelli lacerati da conflitti e da divisioni interne, possano varcarla, idealmente, e ritrovare le vie della solidarietà e della pace.

Il perdono, che viene da Dio, va “accolto”, ma deve essere poi “dato” e “chiesto”. Il perdono, inoltre, è la chiave che apre la porta della giustizia, perché senza la misericordia la giustizia diventa gelida, aspra e tagliente: perciò poco “equa”. È passando attraverso questo “varco” che si entra sul terreno della pace.

Per tale ragione il messaggio del perdono assume una dimensione spirituale, culturale e sociale a raggio cosmico: è valido per tutti, ovunque e sempre.

Con la sua visita pastorale lei svolge un ministero di riconciliazione e invita tutti alla conversione evangelica: ma anche, attraverso la testimonianza commovente della sua “carità samaritana”, lei dona la grazia della consolazione.

Lei sa, carissimo Papa Francesco, che la nostra comunità ecclesiale e sociale è stata “crocifissa” dal devastante terremoto che l’ha colpita il 6 aprile 2009. La furia di quella calamità ha provocato rovine e lutti: sono 309 le vittime rimaste sotto le macerie, ma più numerose sono le persone decedute a causa dei traumi e dello stress successivi a quella sciagura. Insieme al terremoto “geologico” si sono registrati “sciami sismici” di tipo spirituale, psicologico, relazionale, che hanno prodotto ferite profonde nella mente e nei sentimenti della nostra gente, sconvolgendo tradizioni e stili di vita consolidati.

La popolazione non si è arresa davanti alla tragedia, ma ha reagito con tenacia fattiva e una indomita volontà di rinascita, radicate nella tradizione cristiana e nella collaudata resilienza che attraversano la nostra storia.

È per questa fede “provata” che, con l’aiuto di Dio, dopo la notte oscura del terremoto, sul cielo di L’Aquila si è accesa l’alba della risurrezione: con bagliori sempre più diffusi ed intensi.

E risorgere non vuol dire solo ripristinare le cose così come erano, ma comporta aprirsi a novità abitate da pienezze inedite e protendersi, con fiducia coraggiosa, verso un avvenire promettente.

Carissimo Papa Francesco, è chiaro a tutti noi che la sua venuta manifesta un gesto di predilezione e rappresenta un evento-epocale per la nostra città. Questa certezza condivisa ha suscitato una “mobilitazione generale”, che ha fatto registrare piena unanimità: nella popolazione come anche nelle Istituzioni pubbliche e negli organismi culturali. In particolare debbo ringraziare la prefettura e il municipio, insieme alla amministrazione regionale e provinciale, per la dedizione competente e generosa che hanno dimostrato “sul campo”.

La gente oggi, grazie a lei, si esprime in un “Noi-ecclesiale e sociale”, compatto e convinto. Questo incontro è stato preceduto da una prolungata preparazione spirituale: la nostra comunità ha cercato così di rendersi “degna” della grazia ricevuta.

Dopo che l’Unesco ha riconosciuto la Perdonanza patrimonio immateriale dell’umanità, la nostra città ha avvertito, con crescente coinvolgimento, l’impegno di trasmettere su scala mondiale i valori della misericordia e della pace. Attraverso lei, Santo Padre, vorremmo che la Perdonanza stringesse, in un abbraccio universale, tutti coloro che soffrono a causa di violenze e divisioni, promuovendo, secondo il progetto di Dio, la civiltà dell’unità e della concordia.

Saluto, con affetto fraterno, i cardinali e i vescovi presenti, insieme ai sacerdoti, ai religiosi e ai diaconi che hanno preso parte alla liturgia che abbiamo celebrato. Saluto pure tutti i fedeli che formano questa meravigliosa assemblea eucaristica.

Esprimo sentita riconoscenza verso tutti coloro che hanno contribuito ad organizzare questa festa solenne. Un grazie particolare va rivolto al coro, al servizio liturgico e a quanti hanno curato l’aspetto organizzativo.

Maria madre, maestra e modello di comunione ci aiuti ad essere artefici di sinodalità e a diventare, sempre di più, una Chiesa in uscita, che testimonia e annuncia il Vangelo.

Carissimo Papa Francesco, la sua benedizione ha asciugato le lacrime in molti volti ed ha acceso i colori della speranza sui nostri giorni. Noi la seguiamo, con fedeltà convinta, perché lei è il Papa, successore di Pietro, e le vogliamo un mondo di bene perché, per noi, lei è anche un “papà”, che riflette la sollecitudine e la tenerezza del Signore. Perciò, a nome di tutti gli abruzzesi — popolo forte e gentile — mi permetta di dirle, a cuore aperto: “Grazie, Papà-Francesco!”.