Il saluto del primo dei nuovi cardinali Arthur Roche

Chiamati a portare la croce

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29 agosto 2022

All’inizio del Concistoro, il cardinale Arthur Roche, come primo dei nuovi porporati, ha rivolto al Pontefice il seguente indirizzo d’omaggio.

Beatissimo Padre,

A nome di tutti i cardinali-eletti, desidero esprimere la gioia con la quale ci presentiamo oggi davanti a lei, non perché meritiamo questo onore, ma perché ci ha chiamati ad essere al servizio della sua «missione di vescovo di Roma, per il bene di tutto il popolo di Dio» (cfr. Angelus, 29 maggio 2022).

Noi tutti, venendo da diverse parti del mondo, con le nostre storie personali e con situazioni di vita tra loro differenti, svolgiamo il nostro ministero nella vigna del Signore. Come sacerdoti diocesani e religiosi siamo a servizio della predicazione del Vangelo in molti modi e in culture differenti, ma sempre uniti nell’unica fede e nell’unica Chiesa.

Ora, manifestandoci la sua fiducia, ci chiama a questo nuovo servizio, in una collaborazione ancor più stretta con il suo ministero, nell’ampio orizzonte della Chiesa universale. Dio conosce la polvere di cui tutti noi siamo fatti, e noi sappiamo bene che senza di Lui non siamo all’altezza di nulla. Come scrisse san Gregorio Magno a un vescovo, «Siamo tutti deboli, ma è davvero più debole chi non prende in considerazione la propria debolezza» (cfr. pl 77, 858-859).

Tuttavia, prendiamo forza da lei, Santità, dalla sua testimonianza, dal suo spirito di servizio e dal suo appello alla Chiesa intera a seguire il Signore con maggiore fedeltà, vivendo la gioia del Vangelo con discernimento, coraggio e, soprattutto, con un’apertura del cuore che si manifesta nell’accoglienza verso tutti, in particolare verso quanti subiscono l’ingiustizia della povertà che emargina, la prova del dolore che cerca una risposta di senso, la violenza delle guerre che trasformano i fratelli in nemici. Condividiamo con lei il desiderio e l’impegno per la comunione nella Chiesa. Da lei, Santo Padre, impariamo a resistere alla tentazione di qualsiasi ristrettezza della mente e del cuore, che porta a rinchiudersi nell’angusta dimensione del proprio io anziché espandersi «fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4, 13).

La Chiesa, per sua natura, è sempre in uscita, e ha bisogno non solo di affermare, ma anche di essere vista come è in verità: una madre dal cuore immenso e tenerissimo. Oggi, nonostante la nostra fragilità, ci rallegriamo e la ringraziamo perché, rispondendo alla sua chiamata, desideriamo con lei essere sempre di più al servizio del Vangelo.

Sulle sponde del lago di Galilea, Pietro ha professato il suo amore profondo e contrito per il Signore. Fu un momento importante e intimo. Gesù, però, disse a Pietro che da quel momento in poi la croce non sarebbe mai stata lontana da colui che aveva scelto come pietra su cui edificare la Chiesa. Questo — ci dice il Vangelo — era per indicare in che modo Pietro avrebbe glorificato Dio (cfr. Gv 21, 19).

La nostra missione oggi è quella di aiutarla a portare questa croce e non di aumentarne il peso. Con grande gioia desideriamo camminare al suo fianco sapendo che a lei sono state affidate le chiavi del Regno. È con gratitudine e trepidazione, quindi, Santo Padre, che le offriamo il nostro profondo rispetto e la nostra obbedienza che sarà, se il Signore lo desidera, usque ad sanguinis effusionem.