Bailamme

Siam pronti alla morte?

 Siam pronti alla morte?  QUO-194
26 agosto 2022

Tutto inizia come una chiacchiera da bar. Anche se il mio interlocutore è assai preparato e in amicizia seria e stabile con Dio, mi confessa che ha paura della morte. Il pensiero va a Francesco che loda il Signore anche per “sora nostra morte corporale” (Cantico delle creature). Come si fa ad aver paura di una sorella? Non che chi scrive abbia fatto già tutti i conti con la “nera signora” (così Vecchioni in Samarcanda), ma è sempre stato cresciuto con la certezza della speranza, virtù che mi fa pensare a sant’Alfonso Maria de’ Liguori, di cui abbiamo fatto memoria il 1° agosto. La domanda retorica con la quale affronto il mio illustre compagno è: «Chi oggi raccomanda la lettura di Apparecchio alla morte?». Le trentasei meditazioni del vescovo napoletano inchiodano il lettore alla verità della propria caducità, a cominciare dal primo punto della prima: «I parenti a principio resteranno afflitti per qualche giorno, ma tra poco si consoleranno con quella porzione di robe che sarà loro toccata; sicché tra poco più presto si rallegreranno della vostra morte; e in quella medesima stanza, dove voi avrete spirata l’anima, e sarete stato giudicato da Gesù Cristo, si ballerà, si mangerà, si giuocherà e riderà come prima; e l’anima vostra dove allora starà?». Un po’ crudo, ma come ci si prepara alla morte se non pensando attentamente alle scelte compiute durante la vita? Ogni punto di meditazione, che il fondatore dei redentoristi compone, termina con “affetti e preghiere”. Proprio in questo primo vi leggiamo: «Io accetto la mia morte in soddisfazione dei miei peccati; e l’accetto secondo il modo che a Voi piacerà di mandarmela; ma giacché mi avete aspettato sinora, aspettatemi un altro poco». Parole che suonano di un altro tempo all’orante contemporaneo, ma forse men vere? «Datemi tempo da piangere l’offese che v’ho fatte, prima che mi abbiate a giudicare». Il patrono dei moralisti affida se stesso e il lettore alla Madonna. Termina ogni punto di meditazione quasi con le stesse parole: «O Maria, speranza mia, pregate Gesù per me». La più bella preparazione alla morte che possiamo fare è ripetere spesso nella giornata quella preghiera così universale come l’Ave Maria. La sapienza della Chiesa, infatti, ci fa rivolgere alla santa madre di Dio dicendo «prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte». Allora, il segreto è anticipare quest’ora, farla accadere adesso, far sì che l’ultimo istante e il presente coincidano, che viviamo la mortificazione nella gioia dell’oggi. Gioia autentica, non piacere di un istante come nel Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo de’ Medici: «Quant’è bella giovinezza,/ che si fugge tuttavia!/ chi vuol esser lieto, sia:/ di doman non c’è certezza». La certezza dell’ultimo giorno c’è ed è la morte, non spauracchio da collocare in un futuro sempre più remoto ma compimento della nostra speranza, che ci apre le porte dell’eternità beata, l’unica vera nostra realizzazione che cerchiamo anche quando non sappiamo più chiamarla così.

di Simone Caleffi