La buona Notizia
Il Vangelo della XXII domenica del tempo ordinario (Lc 14, 1.7-14)

La scelta del posto

 La scelta del posto  QUO-191
23 agosto 2022

L’ultimo posto è il più vicino al cielo. Una voce. «Amico, vieni più in alto. Sali più su» (Lc 14, 11). Un passo. Ed è già Paradiso. L’ultimo posto. Il novissimus locus. L’eskatos topos da cui si respira il profumo escatologico della realtà senza fine. Non è il posto degli inetti, ma quello del Figlio. Il posto dove il Padre ama con più intensità. Dove la stretta onnipotente del suo abbraccio non lascia respiro. E la sua gloria avvolge ed attrae chi la sceglie. Chi sceglie l’ultimo posto. E accetta l’invito. Non a conquistare la gloria, ma a perdersi nel suo splendore. Per brillare di ogni bellezza, nella luce che cancella la ombre tenebrose della vergogna. Nel banchetto della nostra vita si combatte un profondo ed estenuante duello. Una logorante lotta tra la vergogna e la gloria. Tra aiskune e doxa. Inferno e Paradiso. I novissimi loci. Tra la gloria di Dio che illumina la nostra povertà amata e redenta e l’infamante oscurità dell’Accusatore. Che ci ricopre di fango e ci spinge a cercare scampo nel vorticoso inganno dei primi posti. I più bassi. I più lontani dall’amore. Ma uno sguardo ci salva. Lo sguardo di Colui che è il Primo e l’Ultimo, di colui che ha fatto dei due un loco solo, riappacificando nella sua carne l’umiltà dell’ultimo e la gloria del primo.

I capi dei farisei e Gesù, entrambi osservano. Entrambi stanno a guardare il gioco sottile delle dinamiche sociali. Ma i farisei scrutano, spiano, fanno la guardia alla realtà. Gesù la signoreggia. E la riempie di una dimensione nuova. L’altezza. Al nostro sguardo appiattito sul più avanti/più dietro, il Figlio di Dio dona rilievo e spessore. Uno sguardo altus. Alto e profondo. Che rinnova la realtà, la completa. E ne svela il profondo mistero: l’ultimo posto è a un passo dal cielo. I primi sono imbrattati di terra.

E in quello sguardo si risana la realtà con le sue contraddizioni. E l’uomo con le sue dicotomie. Per fare dei due un solo uomo nuovo. L’uomo che ha vinto la vergogna e ha conquistato la libertà di scegliere l’ultimo posto. Per sentirsi figlio. Per sentirsi amato.

Perché l’uomo sa di essere infinitamente prezioso. E non ha torto. Ma sa di essere inesorabilmente mortale. E ha ragione. Sa di essere fatto per la gloria. Ma sa di vivere nella polvere. Polvere e morte. Il novissimus locus che Gesù ci invita a scegliere nel banchetto della vita. Senza vergogna. Perché la polvere e la morte non fanno più paura da quando sono i segni con cui il Padre riconosce il Figlio e tutti i suoi figli. Il Padre ha scelto per noi l’ultimo posto. Perché la croce è il punto di congiunzione tra il cielo e la terra. Lo ha scelto per tutti, il novissimus locus. Per tutti, nessuno escluso. Ma chi ha il cuore illuminato dalla sua Gloria lo cerca e lo sceglie. Chi nel suo intimo è sprofondato nelle tenebre della vergogna lo fugge e lo rifiuta, illudendosi di scrollarsi di dosso polvere e morte nella luce falsa dei primi posti. E si condanna alla vergogna senza fine. A perdere per sempre il suo posto nella felicità. «E allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto». Perché è questa la perdizione. Una volontà che stride, graffia urla e urta contro la volontà del Padre. Contro la bontà del Padre. Che non invita alla gioia senza fine della sua casa i ricchi vicini. Ma sceglie noi. Che siamo poveri, storpi, ciechi e zoppi. Polvere e morte. Amata e redenta. Noi, che non abbiamo altro per ricambiare l’invito se non la suprema libertà di desiderare e volere il posto, unico ed esclusivo, che Lui ha preparato per noi. E la consolante dolcezza di avere nel cuore già sulla terra la risposta che danno le anime in cielo. Desiderate voi più alto loco? — domanda il Poeta nel cielo più basso del Paradiso. E ’n la sua volontade è nostra pace. Rispondono i Santi. E in quella pace, lontana dai tumulti dei primi posti, si fa sentire sempre più chiara una voce. «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!». 

di Enza Ricciardi