Bailamme

Il vecchio e il faro
che scalda il cuore

 Il vecchio e il faro che scalda il cuore  QUO-188
19 agosto 2022

In una notte d’estate burrascosa, il mare scoppia di lampi corruschi tra cavalloni neri. Dall’altro lato dell’orizzonte, qualche timido baluginio di fuochi d’artificio festosi impallidisce, e poi cede al buio e al tuono che avanza. Solo la spuma fa indovinare la riva e il confine lontano dove il cielo si confonde, e immagini essere laggiù, nel buio, sferzato dalla tempesta e dalle onde maligne. Torna alla mente Il vecchio e il mare. La sfida di Santiago all’oceano e al destino, per il suo pesce, la sua vittoria, la sua paura, la sua vecchiaia. La sfida per sfuggire alla morte, e combatterla. Bisogna riaprire quel libro, capolavoro di Hemingway maturo e più introspettivo, riascoltare dentro di sé il monologo del pescatore che nello spazio di due giorni monologa sul senso della vita, mentre lo rincorre. Il marlin che scruta, e fa abboccare, e sfianca nella folla corsa attaccato all’amo, è il fine, e la tempra per raggiungerlo, la determinazione, il coraggio, e anche la paura, che gli è compagna. Non sai come finirà, ma ti è chiesto di provare, perché un uomo non può essere sconfitto, distrutto forse, ma mai sconfitto. «Il dolore non deve avere importanza per un uomo». Non è presunzione, come può presumere chi ha le mani piagate dallo sforzo, e i crampi a quella sinistra che non ti risponde, traditrice, la schiena trafitta dai dolori. Non è presunzione, ma desiderio, e a volte dimentichiamo che il desiderio ci è vitale, e che l’accidia è un peccato. Che peccato, ci toglie l’ardore e l’ardire, la spinta che ci fa uomini. Il marlin (oltre cinque metri di lunghezza, un esemplare raro, un campione, o un mostro, chissà) non è preda, è fratello, non è nemico, è al tuo fianco o davanti, dipende da te farti spezzare o portare in giro vagando, oppure tenere fermi i muscoli e guidarne la strada. Non è protervia, come potresti, ma natura, che ti è data per dominarla, ma con rispetto e affetto. Tanto che il grosso pesce, catturato, muore, e la sua morte viene pianta con rimorso, dato che è inutile, dato che è ingiusta, straziata dal morso imbecille e crudele degli squali. Certo, Santiago torna a riva da vincitore, stupendo tutti, mostrando che la vecchiaia anche se sola e abbandonata non è condanna, non è solo pietà; eppure ha capito l’umiltà, che nasce sempre dall’umiliazione, ha compreso che ha bisogno di aiuto e compagnia. «Nessuno dovrebbe mai restar solo, da vecchio, pensò. Ma è inevitabile. Ah, se ci fosse il ragazzo!». Ha imparato ad affidarsi, alla memoria di chi gli era caro, a quelle preghiere smozzicate e ripetute a rosario, certo che qualcuno ascolti anche solo l’intenzione, la richiesta di aiuto. Così avrà salva la vita, e vinta la sua solitudine dall’abbraccio di chi gli vuol bene. Tutto questo è noto, fiumi di parole l’hanno raccontato, analizzato, discusso. Ma un libro, un classico, un capolavoro sono per te sempre, mentre in questo meridie agostano come i tuoi avi, come il primo uomo ti domandi chi sei, e perché, e a che scopo, guardando il mare, tuo amico, tuo fratello, in cui scacciato il timore è dolce il naufragio. Se sai il porto sicuro, se vedi il faro che brilla e sei certo che ti aspettano, e ti accoglieranno con sollecitudine, curando le tue ferite, scaldando il tuo cuore gelido. «È stupido non sperare, pensò. E credo che sia peccato».

di Monica Mondo