Concluso a Seoul il sesto congresso mondiale di Signis

Tecnologici ma con il cuore

 Tecnologici ma con il cuore  QUO-187
18 agosto 2022

«Esortiamo i professionisti dei media e i cittadini ad agire per proteggere i diritti umani dei civili coinvolti nelle zone di guerra e di conflitto. I professionisti dei media, in particolare, sono obbligati non solo a riferire eventi, ma a impegnarsi attivamente per sostenere le vittime della guerra e lavorare per la risoluzione dei conflitti», al fine di trasmettere alle generazioni future l’eredità della pace. È uno dei concetti espressi nel comunicato finale redatto dai delegati al sesto Congresso mondiale della rete Signis, associazione internazionale per i professionisti cattolici nell’ambito della comunicazione, svoltosi alla Sogang University di Seoul dal 14 al 18 agosto. L’evento, incentrato sul tema «Pace nel mondo digitale», ha registrato la presenza di oltre trecento professionisti dei media provenienti da 31 Paesi, con circa cento connessi online. Nel corso dei lavori è stato lanciato un appello urgente per la pace attraverso la comunicazione digitale, seguendo l’invito rivolto da Papa Francesco nel suo messaggio ai partecipanti: «Più di qualsiasi altra cosa, l’“apostolato dell’orecchio” vi appartiene in quanto comunicatori cattolici. Di fatto la comunicazione non è solo una professione, ma è anche un servizio al dialogo e alla comprensione tra individui e comunità più vaste nella ricerca di una serena e pacifica coesistenza». Da qui l’importanza del corretto uso della tecnologia, si afferma nel comunicato finale, prendendo spunto dalle edificanti storie di giovani impegnati nel mondo dei media e dal «loro ruolo vitale nella costruzione della comunità e nella promozione della pace».

Proprio su tale argomento si è sviluppato l’intervento del prefetto del Dicastero per la comunicazione, Paolo Ruffini, che, nella sua relazione in apertura dei lavori dal titolo «Iperconnessi, ma soli», ha sottolineato l’importanza della tecnologia che oggi permette di realizzare iniziative come teleconferenze, telemedicina, e-commerce, impensabili solo pochi decenni fa. Anche se ci sono realtà che essa non può sostituire: «Come la libertà. Come il miracolo dell’incontro fra le persone, la sorpresa dell’inatteso, la conversione, lo scatto dell’ingegno, l’amore gratuito». Il paradosso del nostro tempo, ha ricordato il prefetto, è che siamo iperconnessi e anche soli: «Il problema è esattamente qui, quando non c’è più comunicazione, ma solo connessione». È allora che «bisogna mettersi in discussione, fare un esame di coscienza personale e collettivo». E rispondere ad alcune domande. Come è possibile essere allo stesso tempo iperconnessi, e terribilmente soli? Cosa manca alla nostra connessione per colmare questa solitudine?

«L’unico modo per rispondere alla sfida della tecnologia — ha rimarcato Ruffini — è quello di non pensarla come un idolo. Ma anche di non demonizzarla. Di non credere che le sia affidato il compito di redimere l’umanità. Ma anche di non pensare che dipenda da essa la sua perdizione». Solo ascoltando il cuore e non i falsi miti del consumismo, ha puntualizzato il prefetto, si può raggiungere la felicità più profonda e duratura, quella che non si compra ma è frutto dell’amore: «Noi sappiamo di non essere solo dei consumatori. E tantomeno degli oggetti da consumare. Noi sappiamo benissimo che solo una relazione, una connessione fondata sull’amore può renderci meno soli, può durare, può renderci felici».

Ruffini si è poi soffermato sulle social network communities. Come ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio per la 53a Giornata delle comunicazioni sociali, queste reti non sono automaticamente sinonimo di comunità: «Troppe volte — ha sottolineato Ruffini — la loro identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, di chi è estraneo al gruppo. Troppe volte si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce», dando spazio «al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)». Così, quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo «diventa una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo».

Nel corso del congresso, dopo l’introduzione del vescovo ausiliare e vicario generale di Gwangju, Simon Ok Hyun-jin, presidente della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale coreana, è stato presentato anche un biopic sulla vita di Andrea Kim Taegon, primo sacerdote cattolico e martire coreano, morto all’età di 25 anni. Il film uscirà il prossimo novembre per il bicentenario della sua nascita.

Tra gli appuntamenti di queste giornate di studio, l’International Youth Forum, con un sondaggio sulla percezione del cristianesimo nella società coreana oggi e una conseguente analisi su come comunicare da cristiani nell’era dei media digitali. Un modo per conoscere e apprezzare il pensiero e l’entusiasmo di giovani professionisti, con i quali Signis da anni organizza programmi di formazione, dai corsi per video-giornalisti ai CommLab, fino alla più recente fellowship sulla Laudato si’ in India alla vigilia della pandemia.