Conclusa la visita dell’arcivescovo Peña Parra nella Repubblica Dominicana

Comunità dalle porte aperte per accogliere tutti

 Comunità dalle porte aperte per accogliere tutti  QUO-187
18 agosto 2022

L’edificazione della Chiesa «è un lavoro artigianale», che la Madonna «insegna a compiere con umiltà, perché solo chi si riconosce piccolo è in grado, come Zaccheo, di salire sull’albero per vedere Gesù». Lo ha sottolineato l’arcivescovo Edgar Peña Para durante la messa celebrata mercoledì 17 agosto in occasione del centenario della dedicazione del santuario di Nostra Signora di Altagracia a Santo Domingo. È stata questa l’ultima tappa del viaggio nella Repubblica Dominicana del sostituto della Segreteria di Stato, quale inviato speciale di Papa Francesco alle celebrazioni di chiusura del centenario dell’incoronazione dell’immagine mariana.

Giungendo al termine della visita «all’amato popolo domenicano», il presule ha trasmesso ai presenti «il caloroso saluto che Sua Santità, Papa Francesco, rivolge a tutti voi come padre e pastore».

Nell’omelia, Peña Parra ha fatto notare che Zaccheo era «un uomo che non aveva ancora compreso il piano di salvezza di Dio, era addirittura considerato un peccatore dalla comunità». Ma c’era qualcosa di speciale in lui: «Aveva l’intenzione giusta, cioè cercava sinceramente di sapere chi fosse Gesù». E questo atteggiamento «si manifestò più tardi, quando incontrò il Signore e lo accolse nella sua casa». L’incontro lo spinse «alla conversione, ricevette una nuova vita e fu in grado di portare buoni frutti». Decise quindi «di restituire ciò che aveva rubato e di dare metà dei suoi beni ai poveri». Da qui, l’invito a «cambiare i modelli di vita che ci allontanano dal Signore e a intraprendere iniziative che facciano risplendere la nuova vita e portino buoni frutti».

I cento anni di storia della dedicazione del santuario mariano mostrano, a giudizio del sostituto, che «sono stati altri, secondo la grazia che Dio ha dato loro, a gettare le fondamenta di questa Chiesa dominicana, ma allo stesso tempo ci ricordano che questa è la nostra ora». La mondanità, ha evidenziato, spinge «a costruire strutture che spesso contraddicono il piano di Dio, che danneggiano la famiglia, che minacciano la vita, che feriscono i giovani e i loro sogni». Tuttavia, «non dobbiamo perdere la speranza, ma essere attenti, cercare il Signore con cuore retto, lasciarlo stare nella nostra umile dimora, che è la nostra coscienza, e lasciare che sia il fondamento su cui costruire la Chiesa e la società».

Con Zaccheo, che «era basso di statura, cioè aveva un limite che gli impediva di vedere Gesù, possiamo confrontarci» perché come esseri umani «sperimentiamo sempre il limite, a volte non riusciamo a vedere con chiarezza i piani di Dio, e ci confondiamo anche nel tumulto di idee e modi di pensare che non sempre sono in accordo con il Vangelo». E anche se i «sogni sono alti, ci rendiamo conto che non sempre possiamo realizzare tutte le cose buone che ci proponiamo con le nostre sole forze».

Il presule ha poi invitato a guardare l’immagine di Nostra Signora di Altagracia, nella quale si può vedere che il tempio in cui è ospitata la Sacra Famiglia è l’umile portale di Betlemme. «Di essa — ha spiegato — si vedono appena una colonna e una porta aperta, un luogo semplice». Tuttavia, «la forza di questa costruzione si trova nel punto focale dell’immagine: Gesù, che deve essere la nostra forza come Chiesa». Il fondamento, ha sottolineato, è Cristo, «il pilastro basilare che tiene in piedi l’intero edificio». Inoltre, l’immagine dà l’idea che «le nostre comunità devono avere sempre le porte aperte per accogliere tutti», affinché chiunque «ci guardi possa sperimentare la presenza di Dio in mezzo a noi, ed essere trasformato dall’acqua viva che sgorga dal suo tempio, la Chiesa». Perché, ha aggiunto, «la sua grazia potente e feconda ci permette di trasformare la cultura della morte in una cultura della vita». È così che «la salvezza arriva nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei nostri giovani e nelle nostre comunità».

L’arcivescovo ha quindi sottolineato che il santuario dedicato a Nostra Signora di Altagracia «è un segno vivo della Chiesa e in esso siamo riempiti dell’acqua della vita». Al termine, a nome di Papa Francesco, ha deposto ai piedi dell’immagine della Madonna una corona del Rosario, da lui benedetto, «come segno del suo amore e della sua devozione mariana, e anche come pegno del suo affetto e della sua costante preghiera per tutto il popolo dominicano».

Precedentemente, l’arcivescovo aveva incontrato Luis Abinader e Raquel Peña, rispettivamente presidente e vicepresidente della Repubblica Dominicana, e il ministro degli Affari esteri Roberto Álvarez.