Bailamme

La grande “incompiuta”: la creazione di Dio (e la fretta degli uomini)

 La grande “incompiuta”:  la creazione di Dio  (e la fretta degli uomini)  QUO-184
12 agosto 2022

L’8 dicembre 1965, in chiusura del Concilio, Paolo vi indirizzò un messaggio agli artisti nel quale affermava «Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani […] Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo». Custodi quindi ma anche co-operatori di quella bellezza creata da Dio, co-creatori (sub-creatori secondo Tolkien) chiamati a sviluppare quei semi presenti nella creazione che è ancora, e sempre, in via di realizzazione. Anzi, forse si potrebbe dire che siamo ancora ai primi abbozzi, ai primi schizzi del disegno definitivo, o addirittura al travaglio prima della nascita: «Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto» (Rm 8, 22).

Natura propria della bellezza, quella autentica, sta quindi nel suo essere dinamica, incompiuta, e per questo anche “spiazzante”: si può quindi affermare che la Pietà Rondanini, ultima opera dell’anziano Michelangelo, sia superiore al suo capolavoro di ventenne, perfetto nel suo splendore, conservato nella basilica di San Pietro.

Charles Baudelaire osserva che «Quel che non è leggermente difforme ha un aspetto insensibile — ne deriva che l’irregolarità, ossia l’imprevisto, la sorpresa, lo stupore sono una parte essenziale e la caratteristica della bellezza», e il gesuita François Varillon sottolinea che «l’uomo non è qualcosa di “bell’e fatto”: il “bell’e fatto” è incompatibile con l’amore e con la libertà».

La stessa storia umana è dunque un «cantiere aperto», nel quale si gioca la grandezza della libertà dell’uomo che è sempre un essere in costruzione, incompiuto. Papa Francesco ha parlato spesso dell’importanza di questa “incompiutezza”; per questa sua caratteristica l’essere umano è «pieno di promessa». L’invito della Bibbia è rivolto alla fiducia che l’uomo deve avere nelle promesse di Dio nella sua vita, una fiducia che lo spinge a considerare e vedere il mondo in attesa di un compimento, in corso d’opera, sbilanciato in senso escatologico.

Un altro gesuita francese, Teilhard de Chardin, durante la prima guerra mondiale, da poco ordinato sacerdote, fu arruolato e inviato al fronte come barelliere. Immerso nella tragedia, in una splendida lettera del 4 luglio 1915 alla cugina Marguerite Teilhard-Chambon, scrive: «Prima di tutto abbi fiducia nella lenta opera di Dio. Noi siamo naturalmente impazienti di arrivare subito, in ogni nostra impresa, alla conclusione. Vorremmo bruciare le tappe. Siamo insofferenti di essere in cammino verso qualcosa di sconosciuto, di nuovo [...] Tuttavia non c’è progresso che si raggiunga senza passare per momenti di instabilità e di precarietà [...] Lo stesso vale per te, credo. Capisco che, a poco a poco, le tue idee maturano, tu lasciale crescere, lascia che prendano forma. [...] Fa credito a Nostro Signore, pensa che la sua mano ti guida nell’oscurità e nel “divenire” e accetta per amor suo l’inquietudine di sentirti sospesa e come incompiuta».

Può far smarrire questa senso di sospensione, ma è questa la visione cristiana del mondo: un luogo uscito dalla mani di Dio non “bell’e fatto” ma in cui Dio lavora, e noi suoi maldestri aiutanti di bottega insieme a lui, ad un’opera ancora più bella, che progredisce misteriosamente, lentamente. (andrea monda)

di Andrea Monda