
04 agosto 2022
Leggeva il Messaggero senza occhiali, a novant’anni
dice orgogliosamente di sua madre. L’altro annuisce,
rimpiange i campi ovunque, le famiglie di otto figli,
le cose come sono state, un tempo.
Il terzo li interrompe —Lina era mia sorella carnale —
e penso a questa lingua ruvida, incordata
all’origine, al corpo. Questa lingua che è anche mia.
La poesia di Emanuele Franceschetti, testimonia un tempo duro nell’asprezza dei giorni, che pure trasudano vita, in un dettato colto e raffinato, che infatti mantiene un’adesione tenace alla realtà. Il testo qui proposto è tratto dal suo ultimo libro «Testimoni» (Nino Aragno Editore, 2022).
A cura di Nicola Bultrini
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