Testimonianze
La missione di don Taras Pavlius, parroco dell’unica comunità greco-cattolica a Mykolaiv

Una chiesa sempre aperta per donare speranza e aiuto

 Una chiesa sempre aperta per donare speranza e aiuto  QUO-175
02 agosto 2022

«Al momento, la situazione a Mykolaiv è costantemente molto tesa. Non c’è un solo momento tranquillo: qui ogni giorno cadono i missili sparati dall’esercito russo. A volte arrivano alle tre o alle quattro di notte, a volte alle sei del mattino. E i campi nelle periferie di Mykolaiv sono in fiamme, il grano brucia ed è impossibile raccoglierlo»: racconta così don Taras Pavlius, parroco dell’unica comunità greco-cattolica a Mykolaiv, città portuale nel sud dell’Ucraina.

Racconta della situazione umanitaria del luogo e sottolinea che il problema principale è l’acqua potabile: «Quella che scorre nelle tubature — spiega — viene prelevata dal fiume Pivdennyi Bug e mescolata con l’acqua di mare, quindi è salata e sporca ed è un miracolo che non abbiamo ancora riscontrato focolai di infezioni». «Per un certo periodo — aggiunge —, l’acqua potabile veniva portata da Odessa, che è qui vicino, però al momento ciò non avviene più. Naturalmente, la gente può acquistarla nei negozi, che restano aperti per mezza giornata, ma tante persone non hanno più soldi perché hanno perso il lavoro».

«In città — afferma inoltre il sacerdote — sono stati realizzati anche alcuni pozzi artesiani; tuttavia vengono usati principalmente per rifornire le infrastrutture come gli ospedali o le imprese comunali. Pertanto, ora che fa ancora caldo, il bisogno di acqua potabile pulita è davvero grande».

Don Taras, che è anche direttore della Caritas Mykolaiv, cerca di aiutare la popolazione trasportando con la sua auto i boccioni d’acqua, inviati dai benefattori esteri, nei quartieri abitati e distribuendoli tra la gente. In città, aggiunge, le farmacie rimangono aperte e le medicine ci sono, però i prezzi sono aumentati, mentre le possibilità d’acquisto da parte della popolazione sono diminuite. Per questo, la Caritas va in soccorso anche dei malati cronici che necessitano costantemente di farmaci.

Inoltre, l’organismo caritavo organizza la distribuzione di pacchi alimentari, poiché il cibo è divenuto sempre più costoso. Fortunatamente, racconta il sacerdote, recentemente la Caritas Lettonia gli ha inviato molti sacchi di cereali, grazie ai quali si riuscirà a completare la distribuzione di circa mille pacchi di cibo. Ma «quello che manca — sottolinea — sono le riserve di carne e di pesce. C’è bisogno anche di latte, perché i contadini hanno lasciato le loro fattorie e le mucche vagano per i terreni».

Con grande amarezza, poi, don Taras parla dei campi di grano intorno a Mykolaiv che bruciano incendiati dai bombardamenti, campi che nutrivano non solo la gente di luogo, ma anche di tutto il Paese e oltre. «Per non esporre le persone a pericolo — dice —, le autorità hanno posto il divieto di procedere al raccolto in tutte le aree che sono vicine alla linea di combattimento. Però alcuni contadini cercano di prendere almeno qualcosa, mettendo a rischio la propria vita: lo fanno di sera, quando è buio». «Non lo fanno per arricchirsi, tanto più che il prezzo d’acquisto del grano all’interno del Paese è sceso di più della metà — evidenzia il parroco —. Lo fanno soltanto per poter offrire un po’ di pane alla gente quest’inverno, e per poter seminare di nuovo in autunno e in primavera».

Il sacerdote, che proviene dalla regione di Ternopil, nell’Ucraina occidentale, è parroco in due comunità: una a Mykolaiv e un’altra nel paesino di Shevchenkove, a circa 30 km dalla città, dove abitava prima dell’invasione russa e che ha dovuto lasciare perché è molto vicino alla linea del fronte. Ora don Taras abita a Mykolaiv e ogni giorno continua a celebrare la liturgia nella sua parrocchia, anche se quasi tutti i suoi fedeli sono partiti e sono rimaste soltanto quattro famiglie. «E queste famiglie vengono sempre in chiesa — afferma —, vengono anche i volontari e i militari che provengono dalle diverse regioni dell’Ucraina. Loro sanno che, nonostante la guerra, la preghiera non deve mancare perché c’è bisogno dell’aiuto di Dio». «In chiesa — racconta ancora il sacerdote — distribuiamo aiuti umanitari alle persone bisognose del quartiere. Alcune si fermano a pregare, a parlare con me; altre vogliono confessarsi e per questo teniamo la chiesa sempre aperta».

Alla domanda se ha paura e se ha mai pensato di lasciare Mykolaiv, don Taras risponde: «Certo che ho paura, in queste circostanze è umano averne, però la paura si supera. Il fatto che i parrocchiani siano partiti, non significa che anche il parroco debba partire: ci sono altre persone alle quali bisogna prestare servizio. Il sacerdote greco-cattolico non sta qui soltanto per i fedeli greco-cattolici, ma è al servizio di tutte le persone».

«Come posso lasciare i miei ragazzi che stanno in prima linea? — si chiede inoltre don Taras, parlando dei militari ucraini per i quali è cappellano —. Spesso, dopo i bombardamenti, si sentono sfiniti ed io porto loro il mio sostegno morale e spirituale, insieme ai dolci mandati dalle parrocchie nell’ovest del Paese». Il sacerdote confida che spesso sono gli stessi soldati a ispirarlo e a confermarlo nella sua scelta di rimanere.

Per don Taras, i momenti più difficili sono i funerali dei militari caduti al fronte. Ce ne sono stati tanti dall’inizio della guerra e lui non riesce ad abituarsi. Ne parla con le lacrime agli occhi: «Ho già seppellito tre soldati che erano miei parrocchiani. E ogni settimana a Mykolaiv celebro in media le esequie di due militari. Ogni volta per me è un grande dolore, una grande sofferenza». Per i commilitoni del soldati caduti, il sacerdote cerca di «trovare le parole giuste, paterne. Dico loro che, anche se il corpo del loro fratello è morto, la sua anima rimane con noi e continua a combattere su un fronte invisibile, proteggendoci con la sua preghiera».

di Svitlana Dukhovych