Dizionario di dottrina sociale della Chiesa

Migrazioni irregolari

 Migrazioni irregolari  QUO-174
01 agosto 2022

Le migrazioni irregolari sono una conseguenza “naturale” di politiche migratorie restrittive e selettive, ma anche di una “industria dell’immigrazione” che ha favorito lo sviluppo di culture e catene migratorie inclini ad aggirare i controlli, a loro volta funzionali al fabbisogno di manodopera a buon mercato, o addirittura alle esigenze di sistemi schiavistici basati sullo sfruttamento dei migranti nell’economia sommersa, nelle attività criminali, nella prostituzione.

Unendosi ai pronunciamenti di altri organismi, la Chiesa raccomanda di evitare termini stigmatizzanti come “clandestino” o “illegale”, poiché l’irregolarità non dipende da caratteristiche soggettive della persona, bensì dalla definizione, contingente e arbitraria, che di essa dà il quadro normativo. Attraverso l’impegno nell’accoglienza e nell’advocacy, le organizzazioni cattoliche hanno inoltre incoraggiato, in molti Stati, il riconoscimento di una serie di diritti e protezioni agli stessi immigrati irregolari e talvolta la loro regolarizzazione.

Negli ultimi anni, la gestione delle migrazioni irregolari, anche da parte dei Paesi democratici, s’è avvalsa di strumenti discutibili quali le azioni di policing dei confini (culminate nella costruzione di muri e barriere di filo spinato), il ricorso a operazioni di schedatura e perfino alla detenzione preventiva, gli accordi coi Paesi d’origine e di transito che li hanno investiti del ruolo di gendarme delle frontiere dell’Unione Europea (e non solo), sebbene al prezzo di pesanti violazioni dei diritti dei migranti.

In tale quadro, il Magistero offre un contributo prezioso e sfidante. Sovvertendo la rappresentazione dei migranti irregolari come soggetti devianti, esso fissa il principio per cui, poiché la dignità della persona è un bene più prezioso del rispetto della legge, la scelta di migrare irregolarmente, in mancanza di alternative, è legittima. Di contro, l’assenza di alternative per garantirsi una vita dignitosa indica il limite oltre il quale tale scelta non è più legittima né sul piano giuridico né sul piano morale, dati i rischi e costi che comporta per il migrante, i suoi familiari, la società nel suo complesso.

Di qui la sollecitazione ad accrescere le opportunità di migrare in maniera sicura, regolare e ordinata, secondo gli auspici del Patto Globale promosso dall’Onu; ma anche ad affermare il diritto a non emigrare attraverso l’equa distribuzione dei beni della terra e la promozione integrale dei popoli.

di Laura Zanfrini
Docente di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica