Un “tesoro” di volti
e di parole

 Un “tesoro” di volti e di parole  QUO-173
30 luglio 2022

Québec, 29. Papa Francesco ritorna dal Canada «molto più arricchito», portandosi a casa «il tesoro impareggiabile fatto di persone e di popolazioni... di volti, sorrisi e parole che rimangono dentro; di storie e luoghi» indimenticabili, «di suoni, colori ed emozioni che vibrano forti» nel cuore, fino a farlo sentire «parte» egli stesso della «famiglia» indigena. Lo ha confidato nell’ultima giornata del viaggio apostolico, lasciando in mattinata Québec City. È seguita poi una sosta pomeridiana nel Grande Nord a Iqaluit, ma il Pontefice ha voluto comunque tracciare un primo bilancio delle esperienze vissute durante i sei giorni trascorsi in questa terra che i cris — uno dei popoli più antichi del nord-America — chiamano per la sua vastità la “nazione delle quattro stagioni”. Un Paese che per estensione, diversità culturale, geografica e climatica, offre uno spettro infinito di situazioni umane e sociali.

La mattinata a Québec City era iniziata in arcivescovado con un incontro privato con i confratelli della Compagnia di Gesù attivi nel Paese, in quello che è ormai divenuto un appuntamento tradizionale nei viaggi internazionali. Dopodiché, sempre nella residenza dell’arcivescovo, il Pontefice ha ricevuto una delegazione di esponenti delle First nations, dei Métis e degli Inuitche vivono nella provincia francofona.

I colori degli abiti e dei copricapi dei presenti hanno caratterizzato anche questo appuntamento, organizzato come ulteriore tappa del pellegrinaggio penitenziale del vescovo di Roma sul suolo canadese, compiuto in condizioni fisiche di evidente sofferenza, a causa del dolore al ginocchio. Alle pareti della sala erano appesi i ritratti dei vescovi di Québec e la postazione di Francesco era stata collocata sotto al primo di essi, François de Laval, che egli stesso ha proclamato santo nel 2014. Nel suo discorso il Papa ha voluto affidare «quanto vissuto in questi giorni e il prosieguo del cammino» intrapreso «alla cura premurosa» delle donne, che meglio di chiunque altro, ha spiegato, sanno «custodire ciò che nella vita conta». Ne ha indicate tre in particolare: la Vergine Maria, sua madre sant’Anna, la cui figura ha avuto un ruolo centrale in questo 37° viaggio internazionale, e santa Kateri Tekakwitha (1656-1680): sepolta non molto distante da qui, è stata la prima indigena a essere canonizzata. Perché la sua «santità di vita — ha suggerito il Pontefice —, connotata da una dedizione esemplare nella preghiera e nel lavoro, nonché dalla capacità di sopportare con pazienza e dolcezza tante prove», forse è «stata resa possibile anche da certi tratti nobili e virtuosi ereditati dalla sua comunità e dall’ambiente indigeno in cui crebbe».

Visibili la soddisfazione e in qualche caso anche la commozione sul volto dei presenti, soprattutto delle donne, una delle quali ha sollevato a più riprese una penna d’aquila: la Eagle feather è un simbolo regale, testimonia come il volatile sia la creatura che rimane aggrappata in cima all’albero della creazione, sfiorando con le sue ali la volta celeste. Conferita di solito ai grandi guerrieri, è sventolata stavolta davanti a un uomo di pace.

Congedandosi Francesco ha lasciato in dono una statua di san Giuseppe all’arcivescovado, un calice al cardinale Lacroix e la medaglia del viaggio alla nunziatura apostolica. Quindi ha raggiunto in auto lo scalo internazionale di Québec City, da dove è partito alla volta della capitale del territorio di Nunavut, raggiunta nel pomeriggio a bordo dell’airbus a330 Ita airways che usa dall’inizio del viaggio. Ad attenderlo il popolo Inuit, il cui orizzonte familiare è quello delle nevi e dei ghiacci prossimi al Polo Nord.

dal nostro inviato
Gianluca Biccini


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