Se il Papa bussa alla porta della casa degli scartati

 Se il Papa bussa alla porta della casa degli scartati  QUO-172
29 luglio 2022

Québec , 28. Da queste parti lo chiamano “l’ultimo rifugio”: un’oasi di pace e di speranza per gli scartati della vita, che si incontra lungo la strada tra Québec City e il noto santuario di Sant’Anna a Beaupré, affidato ai padri redentoristi. Ed è proprio percorrendo a ritroso questo tragitto, al termine della messa celebrata in mattinata, che Papa Francesco ha compiuto una sosta fuori programma nel centro di accoglienza e spiritualità “Fraternité St. Alphonse”.

Accompagnato dal cardinale Lacroix, il Pontefice ha incontrato gli ospiti della struttura che è diretta, da quando la ha avviata quasi trent’anni fa, da padre André Morency, anch’egli della congregazione religiosa fondata dal santo vescovo Alfonso Maria de’ Liguori.

Una vocazione adulta quella del sacerdote, con la chiamata arrivata all’età di 33 anni, dopo che per una decina aveva gestito un bar ristorante. È stato lui a dare il benvenuto al vescovo di Roma, come fa in pratica con tutti coloro che bussano alla sua porta. Ed insieme a lui nel rigoglioso giardino curato dagli stessi ospiti, c’erano anziani, persone che soffrono di varie dipendenze e malati di Hiv/Aids. Sia che si tratti di residenti permanenti, sia di chi frequenta saltuariamente, tutti qui trovano un approdo sicuro: per qualche notte soltanto o finché serve.

Intrattenendosi con una cinquantina di loro, il Papa ne ha ascoltato le storie, raccogliendone le preghiere. E grandi sono state la gioia e la commozione per questa visita inattesa tra gli ex detenuti, alcolisti e tossicodipendenti impegnati in percorsi di recupero, sieropositivi emarginati dalle famiglie, anziani senza fissa dimora, feriti nel corpo e nell’anima, che la frequentano. «Siamo tutta gente che ha toccato il fondo e prova a risalire», spiega uno di essi, visto che sono proposti anche percorsi terapeutici, cammini spirituali e programmi di reinserimento sociale attraverso il lavoro. «Si può rimanere finché non ci si rimette in piedi», aggiunge.

L’autostrada separa l’assolata residenza dal fiume San Lorenzo. Sotto l’insegna “Dio è amore” durante l’anno vengono assicurati fino a 10.000 pernottamenti a una cinquantina di persone e 30.000 pasti. Sono soprattutto uomini, ma non mancano le donne, a beneficiarne: di ogni classe sociale e di ogni religione, perché la proposta di fede non avviene a parole, ma con la testimonianza, in un’atmosfera di fraternità.

Al termine dell’incontro, nel salutare padre Morency e gli altri presenti, Francesco ha lasciato in dono un’icona mariana raffigurante la “Santissima Signora di Gerusalemme”. Quindi è rientrato in arcivescovado. Da qui nel pomeriggio ha raggiunto in auto la cattedrale quebecchese di Notre-dame per celebrarvi i vespri con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali.

Il tempio, situato dove Samuel de Champlain eresse la prima cappella nel 1633, fu edificato dopo poco più di dieci anni ed elevato a cattedrale in seguito alla nomina del missionario francese François de Laval (1623-1708) a primo vescovo della nuova diocesi di Québec. È stato proprio Papa Bergoglio a proclamarlo santo con canonizzazione equipollente il 3 aprile 2014, dopo la beatificazione nel 1980 da parte di Giovanni Paolo ii , che ne visitò la tomba quattro anni dopo, all’inizio di un lungo viaggio pastorale in Canada.

Oggi è stata la volta di Francesco, che ha presieduto i vespri sotto lo splendido baldacchino dorato sostenuto dalle pareti del presbiterio: capolavoro di ingegnosità, poggia su sculture che rappresentano angeli, dando l’impressione di fluttuare sopra l’altare principale. Il Pontefice ha raggiunto la cattedra in sedia a rotelle, dopo essere stato accolto all’arrivo dal cardinale arcivescovo e dal presidente della Conferenza episcopale (carica nella quale ogni due anni si alternano un presule francofono e uno anglofono). Il saluto di quest’ultimo ha introdotto la celebrazione in inglese, francese e latino, scandita da una Lettura breve (1 Pt 5, 1-4) e dall’applauditissima omelia del Pontefice, che ha gridato per ben due volte il suo «mai più!»: sia dinanzi al «male perpetrato da alcuni figli della Chiesa», ha detto citando «in particolare agli abusi sessuali commessi contro minori e persone vulnerabili»; sia contro la tentazione «che esista una superiorità di una cultura rispetto ad altre e che sia legittimo usare mezzi di coercizione». Da qui l’esortazione a non disperdere l’eredità di Laval «che si scagliò contro tutti coloro che degradavano gli indigeni». E per rendergli onore, al termine del rito, il Papa si è raccolto in silenziosa preghiera davanti alla tomba del santo, sovrastata da una scultura bronzea in cui è raffigurato con le insegne episcopali.

Alla fine dei vespri Francesco ha di nuovo salutato Little Child il capo indigeno che lo ha accolto il primo giorno a Edmonton e che lo ha sempre seguito in prima fila in tutti gli eventi. Ieri si sono abbracciati come due vecchi amici e il Papa lo ha segnato sulla fronte con il segno della croce. Mentre negli occhi di Little Child si intuiva un lampo di felicità.

Infine Francesco è rientrato in macchina nel vicinissimo arcivescovado, per trascorrervi l’ultima notte sul suolo canadese. Domattina, venerdì 29, infatti lascerà Québec alla volta di Iqaluit, da dove in serata ripartirà per Roma.

dal nostro inviato
Gianluca Biccini