Due paia di mocassini rossi

 Due paia  di mocassini rossi  QUO-169
26 luglio 2022

Maskwacis, 25. Due paia di calzature rosse, chiamate mocassini nella cultura indigena: passa attraverso la restituzione del dono portato in Vaticano quattro mesi fa dalla delegazione dei popoli originari del Canada l’atteso gesto di riconciliazione compiuto oggi da Papa Francesco. Sotto un cielo coperto, il Pontefice è venuto a inginocchiarsi simbolicamente a Maskwacis, un centinaio di chilometri a sud di Edmonton, chiedendo «umilmente perdono per il male commesso contro le popolazioni indigene». E lo ha fatto venendo a casa loro, in un luogo estremamente significativo, un tempo sede della Ermineskin Indian Residential School, una di quelle famigerate strutture gestite da enti cristiani per attuare le politiche di assimilazione governative, devastanti per gli abitanti originari di queste terre.

Nella mattina del secondo giorno di permanenza in terra canadese, il vescovo di Roma non solo ha pronunciato il primo discorso del pellegrinaggio penitenziale iniziato domenica, ma ha accompagnato le parole con gesti eloquenti di prossimità agli ex studenti “sopravvissuti” che ha incontrato e ai loro discendenti.

Del resto l’inserimento di questo appuntamento nel calendario iniziale del Santo Padre rimarca chiaramente la volontà prioritaria di voler portare il balsamo curativo della sua presenza e del suo messaggio di condivisione di una memoria sanguinante con quanti hanno vissuto tali scuole come luoghi di sofferenza e con i loro figli e nipoti, giunti da varie regioni del Paese.

Dopo aver celebrato la messa del mattino in privato nella cappella principale del St. Joseph Seminary di Edmonton, in auto il Papa ha raggiunto le “Colline degli orsi”, questo significa in lingua locale Maskwacis. Lungo la strada solo pianura verdeggiante, con la prateria interrotta da boschi e corsi d’acqua: ogni tanto qualche silos per lo stoccaggio dei raccolti agricoli, trivelle per l’estrazione del petrolio, tralicci ripetitori e rare abitazioni, perlopiù case mobili, rivelano la presenza umana in quest’area centrale dell’Alberta.

Punto di riferimento di cinque riserve indiane, abitate da poco più di settemila persone in tutto, Maskwacis fino a poco tempo fa si chiamava Hobbema, dal nome della prima stazione ferroviaria costruita sul territorio. La comunità rurale locale serve quattro First nations cree del Canada occidentale.

All’arrivo nel sito, scelto dall’arcivescovo di Edmonton per rappresentare tutte le ex scuole residenziali del Paese, Papa Bergoglio è stato accolto davanti alla piccola chiesa dedicata alla Madonna dei Sette dolori dal parroco e da alcuni anziani delle First nations, Métis e Inuit. Qui ha benedetto un lunghissimo striscione rosso recante i nomi di tutte le vittime identificate finora in quello che è stato definito il genocidio culturale delle scuole residenziali.

Quindi Francesco ha proseguito spinto sulla sua sedia a rotelle fino al vicino cimitero, accompagnato dai suoni di tamburo e da una pioggerellina insistente, le cui gocce hanno celato qualche lacrima scesa sul volto di chi è rimasto toccato da questo singolare momento.

Entrato nel camposanto in forma strettamente privata, si è soffermato in silenzioso raccoglimento davanti alle semplici tombe interrate e alle croci di legno su cui sono iscritti i tipici nomi di persona indiani che attingono al mondo della natura. Durante la personale preghiera, Francesco è apparso visibilmente commosso. Quindi sempre in carrozzina ha potuto vedere la ricostruzione di un villaggio con le caratteristiche tende “tepee” proprio dove sorgeva la Ermineskin school, intrattenendosi con alcuni indigeni, mentre la pioggia cessava lasciando un’aria fresca. Poco distante una lapide ricorda i bambini morti in questo sito e un cartello invita a non calpestare i fiori in segno di rispetto per le piccole vittime. Per tutte, anche quelle di Kamloops (la più tristemente famosa perché l’anno scorso vi furono rinvenuti in una fossa comune i resti di 215 bimbi), di Winnipeg, di vari siti nel Saskatchewan, nello Yukon e nei Territori del Nord-Ovest, che il Papa non ha potuto visitare ma che ha citato esplicitamente nel suo discorso, e per quelle sparite nel nulla di cui non si conosce nemmeno il luogo di sepoltura.

E con il pensiero sempre rivolto a loro il Pontefice ha raggiunto il Bear Park “Pow-Wow” Grounds, il grande spiazzo circolare usato per i raduni che onorano la cultura dei popoli autoctoni. A dargli il benvenuto, alla presenza anche del governatore generale Mary May Simon e del primo ministro Justin Trudeau, una delegazione di capi indigeni provenienti da tutto il Canada, che hanno fatto una sorta di ingresso processionale girando in cerchio e mostrando i vari elementi delle loro usanze: danze, suono di tamburi, grida gutturali, e soprattutto i coloratissimi abiti e i variopinti copricapi di piume. Al saluto di un capotribù, che come responsabile in passato della Commissione per la Verità e la riconciliazione istituita dal governo canadese ha raccolto settemila testimonianze di ex alunni delle scuole ed era stato presente all’incontro in Vaticano di tre mesi fa, il Santo Padre ha risposto pronunciando in spagnolo il suo primo discorso, ripetendo più volte parole come perdono, dolore e vergogna. Tradotte in inglese a ogni paragrafo dall’interprete, esse hanno suscitato vari applausi da parte dei presenti.

Dopodiché Francesco ha riconsegnato i mocassini a un’anziana saggia, quasi a voler dire: mi metto nelle vostre scarpe, nei vostri stessi panni, per «camminare insieme», come ha ribadito rilanciando il tema del viaggio, e «pregare insieme, lavorare insieme, perché le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia, guarigione e riconciliazione». E a suggellare la fine dell’incontro ha indossato un caratteristico copricapo di piume d’aquila donatogli in segno di rispetto. Così abbigliato, in piedi, appoggiato al suo bastone da passeggio, ha salutato i tanti che salendo i gradini del palco per stringergli la mano consegnavano pergamene e doni. Alla fine, indossata una stola arancione di tela, ha benedetto i partecipanti pregando con loro il Padre Nostro.

Al termine, sempre in automobile, il Papa è tornato ad Edmonton dove ha pranzato nel seminario che lo ospita. (gianluca biccini)