Quel bacio delle mani di un’anziana indigena

 Quel bacio delle mani di un’anziana indigena  QUO-168
25 luglio 2022

Il canto struggente di un gruppo di indigeni accompagnato dal ritmo dei loro tamburi ha accolto Papa Francesco al suo arrivo all’aeroporto internazionale di Edmonton, nella tarda mattinata di una calda — almeno per queste latitudini — domenica di luglio. Sono le melodie delle “First nations” eseguite da uomini fieri di indossare i loro tradizionali capi di abbigliamento e dare il benvenuto a Francesco sul suolo canadese. Una indicazione chiara, semmai ce ne fosse ancora bisogno, delle motivazioni che sono alla base di questo viaggio: l’ascolto, la vicinanza e la condivisione con i popoli originari — oltre alle “Prime nazioni” vengono riconosciuti come tali anche i Métis e gli Inuit — per continuare un lungo e faticoso cammino di riconciliazione. Cammino che passa anzitutto attraverso il rispetto delle culture.

Atterrato nello scalo della capitale dell’Alberta, l’airbus 330 dell’Ita Airwais con a bordo il Pontefice si è fermato nella piazzola riservata al cerimoniale. Il nunzio apostolico e il capo del Protocollo sono saliti dalla scala anteriore per salutare il Santo Padre, che una volta sceso a terra, di nuovo grazie a un sollevatore meccanico, è stato accolto dal governatore generale Mary May Simon, appartenente al popolo Inuit, con il consorte, e dal primo ministro canadese Justin Trudeau. Salito su una Fiat 500x bianca il vescovo di Roma ha poi raggiunto l’interno del vicino hangar in cui era stata allestita una piccola cerimonia informale di benvenuto. Quindi ha preso posto tra le due massime autorità del Paese ospitante per assistere alla coreografia offerta dal gruppo di indigeni Alexis, Nakota e Sioux delle “First nations”. Successivamente ha ricevuto l’omaggio del grande capo della “Confederazione del trattato n.6”, George Arcand, che indossava il caratteristico copricapo di piume, del capo dell’assemblea delle Prime nazioni Rosie Anne Archibald, e di alcuni “sopravvissuti” alle scuole residenziali. Gesti di tenerezza hanno scandito il breve incontro svoltosi in un clima di semplicità e silenzioso raccoglimento: Francesco ha baciato un medaglione portogli da Arcand e le mani di un’anziana, anch’ella orgogliosa di indossare capi di abbigliamento della sua gente. Del resto Edmonton ospita una delle comunità più grandi di indigeni residenti in centri urbani canadesi. E nel considerare l’importanza simbolica di questo momento, basti pensare che solo successivamente ci sono stati i saluti “protocollari” con alcune autorità della Provincia dell’Alberta — la cui bandiera blu sventolava insieme a quella bianco-rossa del Canada e bianco-gialla del Vaticano — e la presentazione delle delegazioni ufficiali governative. Il tutto alla presenza di un picchetto d’onore del Canadian Mechanized Brigade Group in uniforme verde.

Proprio mentre il Pontefice arrivava a Edmonton, nel centro cittadino i parrocchiani della chiesa del Sacro Cuore dei Primi popoli partecipavano alla messa domenicale. Il tempio, in cui si reca lunedì pomeriggio lo stesso Pontefice, è il punto di riferimento spirituale degli autoctoni. La liturgia inculturata è iniziata con una cerimonia tradizionale che prevede l’accensione di piante officinali come forma simbolica di purificazione e una processione al ritmo di tamburi. All’omelia il parroco don Susai Jesu, degli Oblati di Maria Immacolata, ha ricordato ai fedeli che «accoglienza e inclusione» sono al centro dei valori della comunità che attende con impazienza di poter incontrare Francesco.

Lasciato l’aeroporto il Papa ha quindi raggiunto in automobile il Saint Joseph seminary, sua residenza qui ad Edmonton, dove ha trascorso il resto della giornata e ha pernottato.

Sul bordo della valle del fiume North Saskatchewan, la struttura formativa del clero dell’arcidiocesi ha una torre in acciaio e vetro alta oltre venti metri. Sormontata da una croce che svetta verso il cielo dominando lo scenario sottostante, essa è visibile anche di notte dalla città adagiata su un promontorio che sovrasta i rapidi flutti del grande corso d’acqua.

Qui a Edmonton nel 1984 Giovanni Paolo ii concluse il primo e più lungo viaggio dei tre compiuti in Canada (l’ultimo fu vent’anni fa, nel 2002, per la Giornata mondiale della gioventù di Toronto). E sempre da qui ripartì nel 1987 quando tornò per celebrare la messa a Fort Simpson, in appendice a una visita negli Stati Uniti. Il motivo è noto: Papa Wojtyła volle mantenere la promessa fatta tre anni prima quando a causa di avverse condizioni meteo il suo aereo non era potuto atterrare nel villaggio situato nei territori del Nord-ovest canadese.

E anche per Francesco, che resta ad Edmonton fino a mercoledì 27 quando decollerà alla volta di Quebéc, l’attuale presenza in Canada non è una prima assoluta. Nel giugno 2008 infatti intervenne al Congresso eucaristico internazionale proprio in quest’ultima città del Canada francofono: nella giornata dedicata all’America del Sud, l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, tenne una catechesi sul tema «L’Eucaristia edifica la Chiesa, sacramento di salvezza». (gianluca biccini)