Le immagini del nuovo telescopio spaziale James Webb
Per capire sempre meglio la logica dell’universo

Un’allettante sbirciata

 Un’allettante sbirciata  QUO-160
15 luglio 2022

Le recenti immagini dello spazio fornite dal telescopio James Webb costituiscono un’allettante sbirciata a ciò che saremo capaci di imparare in futuro sull’universo grazie a questo telescopio. Tra le immagini realizzate ieri ci sono spettri dettagliati di galassie, inclusi i cosiddetti Anelli Einstein, formati dal contrarsi dello spazio come previsto nella teoria della relatività di Einstein ed evidenza diretta del vapore acqueo nelle nuvole di un pianeta che orbita attorno a una stella lontana.

Ma oltre a questi dati, tanto avvincenti per gli astronomi, altre immagini sono di una bellezza tale che chiunque potrebbe apprezzarle. Comprendono un’immagine di un quintetto di galassie orbitanti e una regione colorata di gas e polvere nella nostra stessa galassia dove stelle stanno nascendo — e morendo.

Simili riflessi di bellezza sono un nutrimento necessario per lo spirito umano e ci ricordano che non possiamo vivere di solo pane.

Per gli astronomi della Specola Vaticana nel successo di questo telecopio Webb c’è anche qualcosa di personale. L’astronomia è un campo piccolo, noi astronomi praticamente ci conosciamo tutti.

Molti scienziati che costruiscono gli strumenti e programmano le osservazioni sono nostri amici. Sappiamo quanto a lungo e duramente loro e i loro colleghi hanno lavorato per far sì che questo incredibile strumento funzionasse.

La Specola Vaticana collabora da tempo con il Dipartimento di Astronomia dell’Università dell’Arizona; condividiamo uffici e telescopi con lo Steward Observatory dell’Università, a Tucson, in Arizona.

Come da prassi, la telecamera principale sul telescopio Webb, NirCam, è stata sviluppata all’Università dell’Arizona da un team guidato dalla dottoressa Marcia Rieke. Inoltre un’altra fotocamera Webb, la Mid-Infrared Instrument (Miri) è stata sviluppata sempre lì da un team guidato da suo marito, George Rieke.

I coniugi Reike hanno anche lavorato come istruttori alla Scuola Estiva dell’Osservatorio Vaticano che si è tenuta a Castel Gandolfo nel 1993.

«Molti nostri diplomati (della Scuola Estiva) sono ancora amici e colleghi nella vasto campo dell’astronomia» ha osservato George. «Due di loro svolgono un ruolo importante nell’uso del telescopio Webb: sono Almudena Alonso-Herrero e Roberto Maiolino. La scuola ha avviato con entrambi un rapporto di collaborazione costante che ha raggiunto il suo punto più alto con i dati Webb».

Inoltre lo spettro dell’esopianeta ripreso dal Webb ci rimanda indietro al lavoro svolto da un astronomo gesuita, più di 150 anni fa.

I dati del Webb hanno confrontato lo spettro di una stella e il sistema planetario da dove il pianeta stava orbitando dietro la stella, e di fronte alla stella.

Rimuovendo il segnale che viene dalla luce stessa della stella, si può esaminare la luce proveniente dal pianeta. Questi dati costituiscono una prova inconfutabile della grande quantità di vapore acqueo…. e al momento la prova più chiara della composizione di un esopianeta.

Negli anni Sessanta del 1800, il padre gesuita Angelo Secchi del Collegio Romano attaccò un prisma alle lenti del suo telescopio, situato sul tetto della chiesa di sant’Ignazio a Roma, e fece le prime misurazione spettrali delle atmosfere dei pianeti del nostro sistema solare.

Tra i risultati di Secchi c’era la prima indicazione di composti di carbonio nell’atmosfera di Giove e di Uranio.

Possiamo immaginare quanto Secchi sarebbe contento di vedere la scienza di cui è stato il pioniere applicata ora a pianeti a lui sconosciuti che orbitano attorno a stelle lontane. I risultati del telescopio Webb contengono però un messaggio più profondo.

Prima di tutto sono un tributo al potere dello spirito umano e mostrano che cosa possiamo fare noi uomini quando lavoriamo insieme.

Il telescopio è stato un’impresa estremamente complicata, a partire dalla struttura meccanica dello specchio e delle fotocamere fino al suo lancio e approdo alla posizione di stazionamento orbitale nello spazio. Ma di fatto forse la cosa più complicata è stata quella di coordinare un grande team internazionale di ingegneri e ricercatori su un progetto che è andato ben oltre il budget stanziato e che ha richiesto dieci anni prima che il telescopio inviasse finalmente i suoi primi dati.

Ma ancora più importante è che la scienza prodotta da questo telescopio è il nostro tentativo di usare l’intelligenza che Dio ci ha donato per capire la logica dell’universo.

L’universo non funzionerebbe se non fosse logico. Ma come mostrano le immagini del Webb, l’universo non solo è logico, ma è anche bello.

È la creazione di Dio rivelata a noi uomini, e in esso possiamo vedere sia il Suo incredibile potere sia il Suo amore per la bellezza.

Da un lato siamo affascinati dall’universo che il telescopio ci mostra e dall’altro siamo grati per ciò che Dio ci ha donato, ossia la sua creazione e la capacità di vedere e capire che cosa Lui ha fatto nella creazione dell’universo. Come il salmista scrive, «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,/la luna e le stelle che tu hai fissate,/che cosa è l’uomo perché te ne ricordi/e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli/di gloria e di onore lo hai coronato» (Salmo 8).

di Guy Consolmagno
Direttore della Specola Vaticana