Le dure condizioni di quanti scavano in quel che resta dell’antica miniera d’argento di Cerro Rico, in Bolivia

Costretti a scegliere
tra salute e lavoro

A miner works inside of Cerro Rico, an active silver mine that is slowly sinking and collapsing onto ...
05 luglio 2022

Vicino alla città boliviana di Potosì, si trova una delle più grandi miniere di argento del mondo. Cerro Rico è pertanto luogo di lavoro per molti cittadini della regione, tra le più povere della Bolivia, ma in condizioni estremamente precarie e rischiose. I minatori di Cerro Rico — operai indipendenti e artigianali — lavorano ogni giorno per diverse ore al buio in cunicoli scarsamente arieggiati cercando ormai gli scarti di argento. Per affrontare giornate di lavoro così pericolose a oltre 4.000 metri di altitudine molti di loro ingeriscono etanolo prima di iniziare e masticano foglie di coca. La miniera di Cerro Rico, patrimonio mondiale dell’Unesco, si sviluppa a forma di piramide sulla collina sopra la città di Potosi. Tale luogo è oggetto di venerazione da parte dei boliviani, tanto che la collina dove sorge la miniera è raffigurata nello stemma della bandiera nazionale. Ma all’interno di questo sito, oltre a storie quotidiane di sofferenza, si contano anche decine di migliaia di indigeni morti nei secoli di storia della miniera. Nel 2022 sono già 15 le persone morte lavorando a Cerro Rico, principalmente a causa di crolli che ostruiscono i tunnel nella miniera. Un altro rischio costante è quello di contrarre gravi malattie all’apparato respiratorio: molte persone iniziano a lavorare nella miniera a 15-16 anni e la loro speranza di vita si riduce a 45 anni a causa della silicosi. Questa dura realtà ha a che fare con la difficile scelta tra salute e lavoro: in una delle nazioni più povere del Sud America, la paga relativamente buona di Cerro Rico induce a sottovalutare i rischi delle giornate in miniera. Le morti in miniera sono un campanello d’allarme che tiene aperte le discussioni su una possibile chiusura del sito. «Dovremmo reinsediare circa 30.000 famiglie e trovargli nuove fonti di lavoro», ha spiegato all’agenzia Reuters il consigliere del governatore della regione di Potosì, Juan Tellez. Ma i minatori, riuniti in 17 cooperative, non se ne vogliono andare e rifiutano i piani delle autorità locali per un loro ricollocamento. (valerio palombaro)