Emergenza idrica in Iraq

Fiumi di sabbia

TOPSHOT - A boy walks on a boat left lying on the dried-up bed of a section of Iraq's receding ...
02 luglio 2022

È un’immagine sempre più frequente. La terra arsa dal sole, spaccata, boccheggiante in attesa di acqua che non arriva. Anche in Iraq. Un’imbarcazione giace sul letto prosciugato delle paludi meridionali di Chibayish, nella provincia di Dhi Qar. Lo stesso accade alle riserve idriche di altre zone del Paese, come per esempio al fiume Diyala, affluente del Tigri. Il calo del livello dei corsi d’acqua è dovuto alla mancanza di piogge, all’impennata delle temperature e alla diminuzione dei flussi provenienti dagli Stati vicini, Iran e Turchia. A maggio ci sono state almeno nove tempeste di sabbia, per effetto del cambiamento climatico e della conseguente desertificazione. All’inizio di giugno, a Baghdad— città che peraltro normalmente sperimenta alte temperature — la colonnina di mercurio ha toccato i 50 gradi al coperto.

Per il presidente Barham Salih, affrontare il cambiamento climatico «deve diventare una priorità nazionale, poiché è una minaccia esistenziale» per le generazioni future, in un Paese fortemente provato da decenni di guerra, alle prese con corruzione, crisi finanziarie e stallo politico che perdura quasi nove mesi dopo le elezioni di ottobre.

Si prevede che i raccolti nelle campagne saranno catastrofici. «La desertificazione colpisce il 39 per cento del territorio iracheno e la scarsità d’acqua è un problema in tutte le nostre regioni», ha aggiunto Salih. In questo quadro, la Banca Mondiale ha stimato che, in assenza di politiche adeguate, il Paese potrebbe subire entro il 2050 un calo del 20 per cento delle risorse di acqua dolce disponibili. (giada aquilino)