La storia
La missione di padre Tomás in Papua Nuova Guinea

Un’unica famiglia

 Un’unica famiglia  QUO-141
22 giugno 2022

Il sacerdote argentino parla dell’importanza  dei laici catechisti e sottolinea la necessità di alimentare  l’opera pastorale rivolta ai più piccoli  avviando iniziative e programmi nelle diverse parrocchie 


«Essere missionari in Papua Nuova Guinea è come stare in paradiso: non solo per le bellezze naturalistiche del posto, ma per lo spirito di fede che ne contraddistingue gli abitanti. Qui la gente è felice di incontrare Dio e ascoltare il Vangelo; e lo dimostra, con totale coinvolgimento e devozione, partecipando alla messa e agli incontri parrocchiali tutti i giorni, prendendo la comunione, confessandosi e riempiendo le nostre chiese». È quanto racconta con entusiasmo al nostro giornale padre Tomás Ravaioli, sacerdote quarantenne dell’Istituto del Verbo Incarnato. Argentino di Buenos Aires, in missione in Papua Nuova Guinea da dodici anni, Tomás in questi giorni si trova a Roma perché sta seguendo in prima persona il processo di canonizzazione del catechista papuano Peter To Rot ed è passato in redazione per spiegarci l’importanza della sua missione in questo piccolo angolo di terra.

Tra le molteplici attività pastorali, padre Tomás è appunto impegnato da qualche anno a raccogliere materiale, testimonianze e documenti su To Rot, martire cattolico, ucciso nel 1945 e beatificato da Giovanni Paolo ii il 17 gennaio 1995. «Si tratta dell’unico beato papuano — sottolinea il sacerdote — ed è morto per difendere i valori della famiglia tradizionale. Lui aveva tre figli e una moglie, era contrario alla poligamia e la condannava fermamente. In Papua Nuova Guinea lo invocano, lo pregano e sono speranzosi che un giorno possa diventare santo».

Ravaioli ha iniziato la sua missione nella diocesi di Vanimo, dove insieme ai confratelli ha lavorato per mantenere viva la pastorale missionaria. «In quest’area del mondo c’è veramente molto poco: scuole, istituti, dispensari, piccoli ospedali e centri di assistenza sono praticamente portati avanti da noi sacerdoti con la collaborazione dei laici». Trasferito due anni fa nella diocesi di Goroka, nell’entroterra del Paese, le condizioni di vita sono pressoché simili alla precedente: «Anche qui manca praticamente tutto. Non c’è elettricità, pochissime le strade asfaltate, nelle abitazioni manca l’acqua corrente e pertanto bisogna andare al fiume per approvvigionarsi. Pur tra mille difficoltà — aggiunge il sacerdote argentino — riusciamo comunque a tenere vive le comunità che vengono coinvolte in ogni nostra iniziativa. C’è un fermento spirituale che ci invoglia sempre di più a continuare su questa strada».

Padre Tomás sottolinea quanto sia determinante nella Papua Nuova Guinea il ruolo svolto dai catechisti. «Sono loro che permettono di portare avanti i progetti pastorali, le attività e di trasmettere la fede alla popolazione locale. Siamo particolarmente grati per l’impegno e la dedizione dei laici che servono la comunità in modo semplice, ma davvero straordinario. Ogni settimana i volontari dedicano il loro tempo per animare gli incontri di preghiera rivolti agli adulti e quelli di catechismo per i bambini: si tratta di un ministero davvero importante, per il quale donano tempo e talenti. In tal modo i bambini possono iniziare la giornata lodando Dio nella messa e poi proseguire imparando a conoscerlo meglio nelle aule di catechismo. È molto importante», prosegue il nostro interlocutore, «alimentare l’opera pastorale rivolta ai piccoli, avviando iniziative e programmi nelle diverse parrocchie».

I catechisti partono in missione con il sacerdote nei villaggi e lì vengono accolti dalla popolazione locale. «Per noi è veramente difficile raggiungere alcuni centri abitati dislocati tra le montagne e le foreste. Il Paese è ritenuto il più povero dell’Oceania. Praticamente quasi non ci sono strade e mezzi di trasporto pubblico. Si percorrono chilometri e chilometri per portare tra le case la parola di Dio. Arrivati sul posto, iniziamo a pregare e a promuovere le nostre attività», racconta Ravaioli. Dopo qualche giorno, il prete fa ritorno in parrocchia, mentre il catechista prosegue la sua missione per alcune settimane tra le comunità: predicando il Vangelo, amministrando la comunione e aiutando la gente a risolvere anche problemi familiari. «Mentre il catechista si trova in missione nei villaggi — prosegue Tomás — noi ci occupiamo delle loro famiglie, perché le mogli e i figli rimangono da soli, ma sono ben contenti di quello che fanno gli uomini. Per questa ragione evidenzio il ruolo essenziale e vitale del catechista. Solo continuando a investire sulla loro formazione la fede può mantenersi ben salda».

In Papua Nuova Guinea il senso di comunità è molto forte, la condivisione naturale: «Se un abitante possiede qualcosa è tutto il villaggio che ne gode. Siamo uniti e noi religiosi facciamo parte delle loro famiglie. Le nostre confessioni sono lunghissime perché chi si confessa è veramente pentito dei peccati e viene da noi per ottenere il perdono di Dio. Siamo considerati dei papà o fratelli maggiori. Tant’è — ci confida padre Tomás — che quando nasce un bambino i genitori vogliono che siamo noi a decidere il nome del nascituro». Ed è così (sorride) che in Papua Nuova Guinea «molti piccoli si chiamano Francesco, Giulio, Matteo, Maria, Maddalena».

Il missionario argentino, inoltre, sta dando un enorme contributo all’evangelizzazione e traducendo i testi liturgici e il messale nella lingua locale (pidgi o tok pisin): ciò facilita la popolazione alla comprensione della parola di Dio. I ragazzini sono istruiti e vogliono non solo ascoltare il Vangelo ma anche leggerlo. Padre Tomás è convinto dell’importanza della formazione permanente alla fede avendo come destinatari bambini, giovani, studenti e adulti. «Certamente — conclude il sacerdote — la Papua Nuova Guinea ha bisogno di più missionari per consolidare l’opera di evangelizzazione». Oggi su diciannove diocesi vi sono circa seicento sacerdoti: «Siamo pochi considerando che le nostre chiese straripano di fedeli, ma con l’aiuto di Dio cerchiamo di proclamare la Parola e raggiungere ogni angolo dell’arcipelago. Io ce la metto tutta e non ho alcuna intenzione di fermarmi. Questa è la mia missione: evangelizzare». 

di Francesco Ricupero