Bailamme

Il dramma umano
della guerra

Ukrainian soldiers carry the coffin of slain Ukrainian serviceman Ruslan Skalskyi, during funeral ...
17 giugno 2022

Era partito per fare la guerra
Per dare il suo aiuto alla sua terra [...]
Ora che è morto la patria si gloria
D’un altro eroe alla memoria

Ma lei che lo amava aspettava il ritorno
D’un soldato vivo, d’un eroe morto che ne farà
Se accanto nel letto le è rimasta la gloria
D’una medaglia alla memoria

Era il 1966 quando Fabrizio De Andrè cantava la sua mesta Ballata dell’eroe. Questi versi ricordano molto da vicino le parole rivolte dal Santo Padre ai direttori delle riviste dei gesuiti in Europa sull’importanza di «trasmettere il dramma umano della guerra... Il dramma umano di quei cimiteri, il dramma umano delle spiagge della Normandia o di Anzio, il dramma umano di una donna alla cui porta bussa il postino e che riceve una lettera con la quale la si ringrazia per aver dato un figlio alla patria, che è un eroe della patria... E così rimane sola. Riflettere su questo aiuterebbe molto l’umanità e la Chiesa. Fate le vostre riflessioni socio-politiche, senza però trascurare la riflessione umana sulla guerra».

Il testo di questa conversazione ha fatto molto discutere in questi giorni, in particolare per alcuni aspetti legati al conflitto in corso in Ucraina. Ma si tratta di un testo molto profondo e stimolante per ogni cattolico e per chi lavora nella comunicazione. Ad esempio il Papa ha ricordato a noi comunicatori, la necessità di «comunicare nel modo più incarnato possibile, personale, senza perdere il rapporto con la realtà e le persone, il “faccia a faccia”. Con questo intendo dire che non basta comunicare idee: non è sufficiente. Occorre comunicare idee che provengono dall’esperienza. Questo per me è molto importante. Le idee devono venire dall’esperienza».

«No ideas but in things» ripeteva il poeta americano Williams C. Williams, cioè “nessuna idea se non nelle cose” a ribaltare l’assioma del cogito cartesiano: prima l’essere e poi il pensiero e non viceversa. Viene in mente la battuta inizia del film V per vendetta: «Ci insegnano a ricordare le idee e non l’uomo, perché l’uomo può fallire. L’uomo può essere catturato, può essere ucciso e dimenticato. Ma 400 anni dopo ancora una volta un’idea può cambiare il mondo. Io sono testimone diretto della forza delle idee, ho visto gente uccidere per conto e per nome delle idee, li ho visti morire per difenderle... Ma non si può baciare un’idea, non puoi toccarla né abbracciarla; le idee non sanguinano, non provano dolore... le idee non amano. Non è di un’idea che sento la mancanza ma di un uomo, un uomo che non dimenticherò mai».

Tutto insomma deve passare dall’esperienza concreta, dalla vita, sulla quale, poi, riflettere. Questo vale non solo per la comunicazione (da qui, per ogni giornalista, il dovere di “consumare le suole delle scarpe” raccomandato dal Papa) ma per ogni ambiente, questione e contesto. Si pensi ad esempio al tema della riforma della Chiesa o al processo sinodale. Non schemi e teoremi calati dall’alto, ma appunto processi che scaturiscono dal basso, non dimenticando mai il “faccia a faccia”, e non trascurano mai quella faccia di quella donna, l’ultima degli ultimi, che «aspettava il ritorno d’un soldato vivo» di cui cantava De Andrè 56 anni fa e, oggi, Papa Francesco. 

di Andrea Monda