A portarlo tra i ghiacci delle isole Svalbard per un progetto delle Nazioni Unite, il libanese Michael Haddad, paralizzato a causa di una lesione al midollo spinale, che un anno fa aveva incontrato Papa Francesco

Un seme di speranza germoglia nell’Artico

 Un seme di speranza germoglia nell’Artico  QUO-130
08 giugno 2022

Un pacchetto contenente sementi provenienti da 12 Paesi arabi e un libro di Papa Francesco intitolato Perché avete paura? Non avete ancora fede?, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e realizzato per l’occasione in una edizione speciale, in miniatura, dal Dicastero per la Comunicazione. È questo il prezioso scrigno che il giovane libanese Michael Haddad, paralizzato da quando aveva sei anni a causa di una lesione al midollo spinale, ha portato in questi giorni nell’Artico. Il giovane, che si muove grazie a un esoscheletro, è l’ambasciatore di una iniziativa che intende sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della sicurezza alimentare e sulle drammatiche conseguenze legate alla crisi climatica: l’Arctic Walk for Climate Resilience and Food Security, una camminata tra i ghiacci che si stanno sciogliendo. Una camminata per dare al mondo un seme di speranza, per portare semplici ma straordinari granelli provenienti dalla regione araba al Global Seed Vault, “una cassaforte dell’umanità”. Questa struttura, incastonata nell’arcipelago artico delle isole Svalbard, conserva i duplicati delle sementi custodite nelle banche genetiche di tutto il pianeta per salvaguardare la diversità delle colture nel mondo in caso di una catastrofe nucleare e nell’ipotesi che possano verificarsi altri scenari estremi.

Il messaggio è chiaro come quello dei ghiacci che si stanno sciogliendo a causa dell’emergenza climatica. «Provengo dalla regione araba — ha detto il giovane libanese prima di intraprendere questa missione — che dipende dalle importazioni per la maggior parte del suo cibo e dove le temperature stanno aumentando più  velocemente della media globale: camminerò  nelle isole Svalbard per invitare tutti ad agire con determinazione, ambizione e urgenza per scongiurare la crisi climatica e garantire la nostra sicurezza alimentare collettiva, entrambi capisaldi della sicurezza umana». «Una crisi alimentare globale incombente e una profonda emergenza climatica che minaccia la nostra vita su questo pianeta — ha affermato Michael Haddad — possono portare molti all’impotenza, ma stando uniti in solidarietà, dobbiamo mantenere la nostra speranza nel futuro». Alla missione nell’Artico si sono uniti anche monsignor Lucio Adriàn Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, e l’ex ambasciatore italiano presso la Santa Sede Pietro Sebastiani.  Le sementi provengono da Algeria, Egitto Iraq, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Oman, Palestina, Siria, Tunisia e Yemen.  In ogni confezione ci sono i semi selvatici di grano, orzo, lenticchie, ceci ed altri legumi.

Papa Francesco al termine dell’udienza generale del 2 giugno del 2021 ha incontrato il giovane libanese nel Cortile di San Damaso. «Prega per me al Polo Nord», gli aveva detto il Pontefice. Michael Haddad, atleta professionista e ambasciatore dell’Onu per le tematiche ambientali era solo un bambino quando un incidente gli ha provocato una lesione al midollo spinale che lo ha immobilizzato dal petto in giù. Da allora, ha perso tre quarti delle funzioni motorie.

Ma non il desiderio e la forza di portare messaggi di speranza al mondo, troppo spesso indifferente e paralizzato da squilibri e ingiustizie. La sua missione, alimentata da fede e determinazione, è calata nella realtà perché, come ha detto in una intervista a Vatican News, «niente è impossibile»: «uno dei propositi nella vita — ha affermato tra contagiosi sorrisi — è essere felici; ce lo ha detto Gesù di trasformare la paura in gioia».

di Amedeo Lomonaco