Il Papa ai piccoli del “Cortile dei bambini”

Avrei voglia di andare
in Ucraina
ma devo aspettare
il momento giusto

 Avrei voglia di andare in Ucraina  ma devo aspettare il momento giusto  QUO-128
06 giugno 2022

«Io avrei voglia di andare in Ucraina; soltanto, devo aspettare il momento per farlo, sai?, perché non è facile prendere una decisione che può fare più del male a tutto il mondo che del bene. Devo cercare il momento giusto». Lo ha confidato il Papa rispondendo alla richiesta di un bimbo proveniente dal Paese martoriato dalla guerra, durante l’udienza di sabato mattina, 4 giugno, ai partecipanti a un’iniziativa per piccoli in difficoltà promossa dal “Cortile dei Gentili”. Si è trattato dell’ottava edizione del “Treno dei bambini”, ma nella circostanza i circa duecento ragazzini sono giunti in Vaticano in pullman: accompagnati dal cardinale Gianfranco Ravasi, la maggioranza di essi frequentano il Centro regionale Sant’Alessio - Margherita di Savoia per non vedenti, ipovedenti, o con altre disabilità visive, fisiche o cognitive. Con loro erano anche alcuni minori ucraini in fuga dal conflitto. Il vescovo di Roma li ha ricevuti nel Cortile di San Damaso del Palazzo apostolico, rispondendo alle domande dei piccoli e instaurando con loro un dialogo di cui pubblichiamo di seguito la trascrizione.

Bambino: Papa Francesco, sono Mattia Mordente, vorrei farti una domanda. So che hai visitato molti Paesi dell’estero, soprattutto Paesi poveri, per parlare con i capi di Stato e anche pregare per quei Paesi, per migliorarli. Ma secondo te, qual è stato il Paese che hai visitato che è migliorato di più grazie a te?

Papa Francesco: Ti dico una cosa: ogni Paese ha la propria peculiarità, e io mi domando qual è la peculiarità più ricca di un Paese. E tu sai qual è la peculiarità più ricca di un Paese? La gente. La gente è sempre la gente, sono uguali in un certo punto, ma ogni persona è differente, è distinta, ha la propria ricchezza, e a me quello che impressiona è vedere come i diversi popoli sono ricchi con una ricchezza speciale per quel Paese. Anche qui, di voi: ognuno di voi ha la propria ricchezza, la ricchezza della propria anima. Perché il cuore di ognuno di noi, l’anima di ognuno di noi non è uguale all’altra, no! Non esistono i cuori uguali, le anime uguali, ognuno di noi ha la propria ricchezza. E questo vale anche per i Paesi. Nei Paesi che io visito, ho visto sempre ricchezze speciali: questo in un certo modo, questo in un altro... È la bellezza della creazione. E dobbiamo vederla in ognuno di noi. Se noi impariamo a vedere la gente con il cuore, a guardare con il cuore, a sentire con il cuore, a pensare con il cuore, troveremo questa ricchezza di ogni persona, che è diversa l’una dall’altra, è sempre bellissima e differente. Capito?

Bambino: Ok, sì.

Papa Francesco: Vai, sei bravo, dai!

Bambino: Sono Edgar Murario, bambino e fratello gemello di un bambino pure presente qui. Non ho molte cose da dirLe ma una sola domanda da proporLe: come ci si sente a essere Papa?

Papa Francesco: L’importante, in qualsiasi mestiere in cui la vita ti metta, è che tu non smetti di essere tu, con la tua propria personalità. Se una persona, per entrare in un posto, o se la vita lo ha messo in quel posto, cambia la personalità, è una persona artificiale, e in questo si perde. Bisogna sempre sentire le cose come vengono, con autenticità: mai, mai travestire i sentimenti. Allora, come mi sento io come Papa? Come una persona, come ognuno di voi nel proprio mestiere, nel proprio lavoro. Perché anche io sono una persona come voi, e se io ho questo mestiere devo cercare di farlo nel modo più umile e più secondo la mia personalità, senza cercare di fare cose estranee a quello che io sono. Per esempio, io ti domando: “Come ti senti tu, o tuo fratello gemello, come ti senti tu?” — “Io mi sento così”. Questo è importante non perderlo. Anche quando una persona cresce e poi si trova con questa carica, con questo lavoro o quell’altro, non dimenticare che tu sei questa persona, e non perdere quel sentimento.

Rispondendo alla tua domanda: come mi sento con questo ufficio, con questo servizio da Papa? Cerco di essere me stesso, di non prendere posizioni artificiali. Non so se questo serve a te.

Bambino: Ok, grazie.

Bambina: Buongiorno, Santo Padre. Io mi chiamo Nicole Malizia e ho una domanda da farLe. Vorrei sapere: quali responsabilità si sente di avere ad essere Papa o comunque la persona più importante del mondo?

Papa Francesco: Questo di sentire la responsabilità è una cosa che dobbiamo sentire tutti, ognuno di noi. Ognuno di noi ha la propria personalità e anche la propria responsabilità. Tu, adesso, studi, hai la tua responsabilità di studiare, di uno studente; hai anche la tua responsabilità di portare certe cose nella famiglia. Se noi pensiamo che ognuno di noi ha la propria responsabilità, stiamo pensando che la nostra vita non è per noi stessi ma è per gli altri e anche per il servizio agli altri, per essere vicini agli altri. Adesso arrivo alla tua domanda: come mi sento io? È vero che è una responsabilità un po’ pesante, a volte, perché ti fa paura. Ma io cerco di sentirla nel modo più naturale, perché se il Signore mi ha chiesto questo, è perché Lui mi darà la forza di non sbagliare, stare attento a non sbagliare. Sento la mia responsabilità come un servizio, come tu sentirai la tua come un servizio agli altri, alla tua famiglia, e quando ti sposerai, alla tua famiglia, a tutti. Il servizio: la responsabilità di servire gli altri, essere di aiuto agli altri; non essere sopra gli altri, come una persona che comanda, no, no. Come uno degli altri che, se ha l’ufficio di comandare, lo fa come ognuno di noi. Hai capito?

Bambina: Sì: La ringrazio molto.

Papa Francesco: Grazie a te.

Bambina: Buongiorno. Sono Caterina Lastorza. Volevo domandarLe: ma è faticoso essere Papa?

Papa Francesco: Nella vita, sempre ci sono momenti di fatica. Ogni mestiere, ogni lavoro che noi prendiamo ha sempre una parte di fatica. Si fatica a studiare, per esempio, si fatica a fare questo ufficio, quell’altro, quell’altro, quel servizio... E anche il Papa ha le proprie fatiche, no? La strada per portare le fatiche dev’essere una strada normale, come ogni persona: ognuno di noi porta le proprie fatiche; e risolvere le fatiche in un modo umano, in un modo normale. Ma se tu mi domandi: è troppo più faticoso del lavoro di un papà e di una mamma? No, no. Dio dà le forze per portare le proprie fatiche a ognuno di noi, e non è una cosa più. Ma si deve fare con onestà, con sincerità e con il lavoro, come papà e mamma portano avanti il mestiere di papà e mamma. Hai capito?

Bambina: Sì, grazie tante.

Bambino: Salve, mi chiamo David Murario e ho soltanto una cosa da chiederLe: come si sente a stare così tanto a contatto con il Creatore della Terra, cioè Dio?

Papa Francesco: Questa è una cosa bella che tu domandi, sai?, perché nella vita c’è il pericolo di dimenticare Dio, e non essere in contatto. “No, ma io mi arrangio da me stesso e faccio le cose...”. Eh, questa strada è pericolosa! Sempre, una o due volte al giorno, bisogna ricordare che il Signore è con noi, che il Signore ci accompagna, che il Signore ci guarda. E sentirsi guardati dal Signore è importante per andare avanti a fare il proprio lavoro con sincerità e con forza. Il Signore guarda anche te, guarda te e guarda il tuo fratellino. Il Signore è vicino a ognuno di noi e ci guarda, e con questo sentire il Signore vicino noi possiamo andare avanti bene. Ma la cosa brutta è quando noi non vogliamo sentire vicino il Signore, e la nostra preferenza è sentire vicino questo, questo, questo ma allontanare il Signore. No. Il segreto è sentire il Signore vicino. E questo ti accompagna tutta la vita.

Bambino: Ok, grazie. E Le volevo chiedere anche un’altra cosa. Quando Lei vede dei bambini con dei problemi, disabilità di sensi, come si sente? Li va ad aiutare e dà loro dei consigli, oppure segue la Sua strada?

Papa Francesco: Quando noi guardiamo una persona, mai dobbiamo sentirci superiori a quella persona. Per esempio, se io guardo te e penso che consiglio devo darti, non va bene. Prima devo ascoltarti, prima sentirti e poi dire quello che viene dal cuore. Io ti ho guardato vicino al tuo fratellino, al tuo gemellino; ti ho guardato e ho visto come ti muovevi lì e mi è venuto in mente: “Questo ragazzo è bravo. Quale consiglio dovrei dare a un ragazzo bravo? Sii umile e ringrazia Dio che ti ha dato questa forza e questa bravura”. E quando io guardo i bambini, come tu dici, che hanno qualche limitazione, qualche disabilità, penso che il Signore ha dato loro altre cose, altre cose belle. Una delle cose che, ti confesso, a me tocca il cuore quando mi trovo con persone non vedenti, tante volte, tante volte mi dicono: “Posso guardarLa?”. Io, all’inizio, non capivo, ma poi ho detto: “Sì”, e loro, con le mani, toccavano la faccia e mi guardavano. Cosa vedo, lì? La creatività: una persona che ha una limitazione sempre trova la forza per andare oltre la limitazione e questa è una creatività, una capacità di essere creativo che è una sfida a quel bambino, a quella bambina che ha quella limitazione. E questo bisogna lodarlo. E tu, che non hai delle limitazioni, cerca anche tu di essere creativo: non abituarti a fare le cose, no, cerca di essere creativo, perché la creatività è quello che ci assomiglia a Dio. Capito?

Bambino: Sì, grazie.

Bambino ucraino (traduzione): Mi chiamo Sachar, vengo dall’Ucraina. Non ho una domanda ma piuttosto una richiesta: può venire in Ucraina per salvare tutti i bambini che adesso soffrono lì?

Papa Francesco: [saluto ucraino] Sono contento che tu sia qui. Io penso tanto ai bambini in Ucraina, e per questo ho inviato alcuni cardinali che aiutino lì e siano vicino a tutta la gente, ai bambini. Io avrei voglia di andare in Ucraina; soltanto, devo aspettare il momento per farlo, sai?, perché non è facile prendere una decisione che può fare più del male a tutto il mondo che del bene. Devo cercare il momento giusto per farlo. Questa settimana prossima io riceverò rappresentanti del governo dell’Ucraina, che verranno a parlare, a parlare anche di una eventuale visita mia lì. Vediamo cosa succede.

Bambino: Grazie.

Bambino: Papa Francesco, vorrei chiederti due cose: tu sei appassionato di calcio, hai quattro fratelli; tuo papà era un ferroviere e tua mamma era casalinga. Vorrei chiederti una cosa, un’altra: come è stata la tua vita? Come hai vissuto? Felice?

Papa Francesco: Va bene. Tu hai parlato di papà, di mamma: papà lavorava, mamma era casalinga, noi siamo cinque fratelli. E poi, quando eravamo bambini, andavamo tutti insieme, con papà e mamma, allo stadio, la domenica, per guardare la partita, perché ci piaceva il calcio, tanto. Io giocavo a calcio, ma sai, io non ero bravo e i miei compagni mi chiamavano pata dura, cioè gamba dura, perché non riuscivo. E per questo mi chiedevano di fare il portiere, perché non dovevo muovermi, e come portiere me la cavavo, più o meno. Questo è stato il mio rapporto con lo sport in famiglia. I miei fratelli sono morti tutti, tranne l’ultima, che ancora è viva; io sono il più grande e la più piccola vive ancora. Questi sono dei bei ricordi della famiglia.

Bambina: Santo Padre, prega per me, per i bambini malati.

Papa Francesco: È bello quello che... Come ti chiami, tu?

Bambina: Ludovica.

Papa Francesco: Quello che Ludovica ha detto è bellissimo: “Prega per me”. È una cosa che noi dobbiamo chiedere uno per l’altro, che preghino per ognuno di noi. La preghiera. Perché pregare per uno di noi è come attirare lo sguardo di Dio su di noi. La preghiera è attirare lo sguardo di Dio. Quando tu preghi, Dio ti guarda. E questo che tu hai chiesto è una cosa bellissima. Anche tu preghi per gli altri, sai? Tu prega per me e io pregherò per te, e questo rapporto di chiedere preghiere è un rapporto di fratellanza, di amicizia, di due o tre persone che chiedono che Dio le guardi. Pregare è attirare lo sguardo di Dio su di noi, e questo è bello. Avanti!