Bailamme

Accogliere l’uomo
nella sua nudità

 Accogliere l’uomo nella sua nudità  QUO-126
03 giugno 2022

Eppure, i Tuoi Ti riconobbero,
si sentirono presi, abbandonarono
le reti, i padri, le case.
Sarei stato dei loro? Tra i Tuoi?
O un altro di tutti quelli che passarono
sulla tua scena scorrendo come gli attimi,
ignari comprimari della storia.
Io l’ho veduto, io me lo ricordo.
Chi poteva sapere? Chi immaginava?
Sarei stato di quelli? Oh Amore,
che tremendo sospetto mi divora.

Quante volte abbiamo volato con la fantasia, per immaginarci duemila anni fa, da quelle parti, dove Gesù camminava, insegnava, annunciava la lieta novella. Ma siamo così sicuri che lo avremmo riconosciuto? Se lo chiede Filippo Davoli, in questa struggente, inquietante, bellissima poesia, dal suo ultimo libro Tenerissimo Amore (Industria & Letteratura Ed., 2022), in cui, innamorato del Cristo, ripercorre umanamente, oggi, i suoi ultimi giorni. E la domanda è come uno schiaffo. Lo avrei riconosciuto? O sarei stato io un passante qualunque, che borbottava «chi è, quello di cui si chiacchiera in giro?», «ma non è il figlio del falegname?». Già, che tremendo sospetto. Eppure, Gesù si è manifestato chiaramente ai suoi discepoli, durante la predicazione e anche dopo la resurrezione. E ogni volta ha dovuto vincere una buona dose di diffidenza. Tanti invece, senza neppure conoscerlo personalmente si fidavano di lui (Zaccheo, il centurione, e quanti altri). Come fare allora per riconoscerlo, oggi, in questa nostra schizofrenica quotidianità? Beh, le istruzioni ce le ha fornite lui stesso: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo 25, 40). Di cosa si tratta? Dare da bere agli assetati, da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi. Certo, viene da dire, si tratta di precetti morali piuttosto diffusi, anche tra i non credenti. Solo che Gesù non dice solo di compiere queste buone azioni, ma di farlo verso gli “ultimi” e che così facendo sarà come farlo a lui, quindi negli ultimi ritrovare lui, il suo volto. Vedere il volto e la carne di Cristo nel volto e nella carne dell’altro, degli altri, degli ultimi. Gli ultimi sono proprio quelli che non vogliamo vedere, che non vogliamo nel nostro orizzonte, perché ci mettono a disagio, che istintivamente respingiamo. Ultimo può essere un nostro collega, un vicino di casa, un politico poco simpatico. Ho la sensazione che Gesù in certo senso ci sfidi a riconoscerlo, ci chieda qualcosa di più della semplice commiserazione. Ci chiede compassione, che è altro. È patire—con, entrare nella sfera dell’altro e farlo entrare nel nostro orizzonte. Accogliere l’uomo nella sua nudità, nella sua pur scomoda, verità.

di Nicola Bultrini