Parole e gesti di Papa Francesco

Francesco il Papa callejero

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23 giugno 2022

Partiamo dall’inizio: 13 marzo 2013, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, in Argentina, è stato appena eletto 266° Pontefice, con il nome di Papa Francesco. Il suo nome e il suo volto non sono particolarmente noti ai più e così, sui mass-media di ogni parte del mondo, si scatena una vera e propria “caccia” per rintracciare qualche immagine fotografica che ritragga il nuovo Pontefice prima del Conclave. Tra i tanti scatti che circolano sul web in quel periodo, uno in particolare resta impresso nella memoria collettiva e passa poi, in un certo senso, alla storia: quello dell’allora cardinale Bergoglio a bordo della metropolitana di Buenos Aires. Un passeggero come tanti, mescolato alla folla di pendolari che ogni giorno si muovono sui mezzi pubblici della capitale argentina.

Una Chiesa “di strada
e in uscita”

D’altronde, Francesco si è sempre definito «un prete callejero», ossia un sacerdote di strada, un Pastore che va a vedere di persona, con le proprie gambe e con i propri occhi, come sta il suo gregge di fedeli. Il mondo ancora non lo sa, ma quell’immagine dice già moltissimo di quello che sarà il Pontificato di Francesco: un Pontificato sempre in cammino per una Chiesa “di strada”, una Chiesa dalle porte aperte, una Chiesa “in uscita” che va incontro all’umanità con tenerezza e misericordia, sempre accanto a chi soffre e sempre pronta a rialzare chi cade, per «non farlo restare caduto». Lo stesso Pontefice, in diverse interviste, ha spesso ricordato con un po’ di nostalgia la libertà di movimento che aveva da “semplice” cardinale: «Mi manca uscire per strada, la tranquillità di camminare per strada… Io sempre sono stato “di strada”», rivela nel 2015 al giornale argentino «La voz del pueblo». E nel 2017, intervistato da «Scarp de’ tenis», rivista dei senza fissa dimora di Milano, sostenuta dalla Caritas ambrosiana, ripete: «C’è soltanto una cosa che mi manca tanto: la possibilità di uscire e andare per strada. Mi piace andare in visita alle parrocchie e incontrare la gente».

Pellegrino
del mondo

Ora compiamo un balzo temporale in avanti: 15 marzo 2020, la pandemia da covid-19 è appena esplosa e il mondo è attonito, turbato, impotente. Ma dal silenzio di una domenica pomeriggio emerge un’altra fotografia che fa rumore e resta indelebile: quella di Papa Francesco che percorre a piedi, da solo, un tratto di Via del Corso, a Roma, per raggiungere la chiesa di San Marcello al Corso. Il suo è un vero e proprio pellegrinaggio, a nome di tutto il mondo, per invocare la fine della pandemia davanti al Crocifisso miracoloso custodito nel luogo di culto. In quell’istante, la rutilante Via del Corso, strada centrale della capitale italiana, meta preferita del turismo e dello shopping, diventa la strada della preghiera e della speranza.

Lo slancio
in avanti

E ancora, facciamo un altro passo avanti nella storia: 5 maggio 2022, Aula Paolo VI. Il Pontefice riceve in udienza le partecipanti all’Assemblea plenaria dell’Unione internazionale delle superiore generali. E lo fa entrando in Aula seduto su una sedia a rotelle, a causa di una gonartrosi che gli rende difficoltosa la deambulazione. Ma anche così, Francesco continua a percorrere la sua strada e l’udienza si tiene ugualmente, senza alcun impedimento. Questo perché il concetto di strada, di cammino, di movimento in avanti è la cifra stilistica di tutto l’attuale Pontificato: Francesco avvia costantemente processi e slanci al futuro per ricordarci che la Chiesa è viva e che il suo compito primario non è quello di restare chiusa tra quattro mura, bensì di uscire e camminare verso e insieme al mondo.

Gesù,
la via del cristiano

In questi nove anni di Pontificato, Bergoglio ha declinato e continua a declinare in modo sempre nuovo il concetto di “strada”. Innumerevoli le occasioni in cui ha riflettuto su questo argomento: il 3 maggio 2016, ad esempio, nell’omelia della Messa mattutina presieduta nella cappella di Casa Santa Marta, il Papa sottolinea che la vita cristiana «è una strada e la strada giusta è Gesù», Colui che ha detto: «Io sono la via». Ma, avverte il Pontefice, «ci sono parecchi modi di camminare» su questa strada: c’è il cristiano che non cammina e che è «un cristiano “non cristiano”, per così dire: non va avanti nella vita cristiana, non fa fiorire le beatitudini nella sua vita, non fa le opere di misericordia, non è un cristiano fecondo». Poi ci sono quelli che «camminano e sbagliano strada». Ma questa non è una tragedia, perché «il Signore viene e ci aiuta»; l’importante, però è non intestardirsi nel proseguire lungo il percorso sbagliato, senza ascoltare la voce del Signore.

E ancora: ci sono alcuni cristiani che «camminano, ma non sanno dove vanno: sono erranti nella vita cristiana, vagabondi», tanto che «perdono la bellezza di avvicinarsi a Gesù», «non hanno la bussola» che Lui rappresenta e finiscono per girare a vuoto. Infine, ci sono quelli che, pur camminando, «si fermano a metà strada, affascinati da quello che vedono, da un’idea, da una proposta».

Ma nella vita cristiana, ribadisce il Papa, va bene ammirare le bellezze create da Dio che si incontrano lungo il cammino, ma non bisogna fermarsi, perché «si deve continuare la vita cristiana».

Il Sinodo
è camminare insieme
lungo
lo stesso percorso

Dal singolo fedele alla Chiesa universale, il concetto si amplia: nell’omelia pronunciata il 10 ottobre 2021, in occasione della Santa Messa per l’apertura della xvi Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, incentrata sul tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», il Papa afferma: «Molte volte i Vangeli ci presentano Gesù “sulla strada”, mentre si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che abitano e agitano il suo cuore. Così, Egli ci svela che Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita. (…) Fare Sinodo significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme. Guardiamo a Gesù, che sulla strada dapprima incontra l’uomo ricco, poi ascolta le sue domande e infine lo aiuta a discernere che cosa fare per avere la vita eterna».

Allontanarsi da Cristo
porta a deragliare

Il termine «strada» ritorna per ben 25 volte anche in un’altra omelia centrale del Pontificato di Francesco, ovvero quella pronunciata il 28 novembre 2020 durante il Concistoro per la creazione di tredici nuovi cardinali. «La strada è l’ambiente in cui sempre si svolge il cammino della Chiesa: la strada della vita, della storia, che è storia di salvezza nella misura in cui è fatta con Cristo, orientata al suo Mistero pasquale», dice il Papa ai nuovi porporati. «Tutti noi vogliamo bene a Gesù, tutti vogliamo seguirlo — aggiunge —, ma dobbiamo essere sempre vigilanti per rimanere sulla sua strada. Perché con i piedi, con il corpo possiamo essere con Lui, ma il nostro cuore può essere lontano, e portarci fuori strada. Pensiamo a tanti generi di corruzione nella vita sacerdotale. Così, ad esempio, il rosso porpora dell’abito cardinalizio, che è il colore del sangue, può diventare, per lo spirito mondano, quello di una eminente distinzione. E tu non sarai più il pastore vicino al popolo, sentirai di essere soltanto “l’eminenza”. Quando tu sentirai questo, sarai fuori strada».

Consumare le suole
delle scarpe

Un’altra declinazione per il concetto di strada Francesco la rivolge ai giornalisti: nel 2021, con il Messaggio per la cinquantancinquesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, intitolato «Vieni e vedi (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono», Francesco esorta i professionisti dell’informazione a «consumare le suole delle scarpe» per evitare «il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali», a causa di uno stile informativo «preconfezionato» che non sa più comprendere la base della società. «La crisi dell’editoria — sottolinea il Pontefice — rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni».

L’evangelizzazione
parte dal basso

Ma la strada, per Papa Bergoglio, è anche luogo di evangelizzazione: il 16 giugno 2016, Anno Santo straordinario della misericordia, ricevendo in udienza i partecipanti al Giubileo dello spettacolo viaggiante, il Papa ribadisce l’importanza di un annuncio della Buona Novella che parta “dal basso”, dalla strada appunto, per arrivare al cuore di tutti.

«Circensi e fieranti, giostrai, lunaparkisti e artisti di strada, madonnari e componenti di bande musicali — dice il Pontefice —, voi formate la grande famiglia dello spettacolo viaggiante e popolare. Voi fate grandi cose! (…) Voi avete una speciale risorsa: con i vostri continui spostamenti, potete portare a tutti l’amore di Dio, il suo abbraccio e la sua misericordia. Potete essere comunità cristiana itinerante, testimoni di Cristo che sempre è in cammino per incontrare anche i più lontani. (…) Lo spettacolo viaggiante e popolare diffonde la cultura dell’incontro e la socialità nel divertimento. I vostri spazi di lavoro possono diventare luoghi di aggregazione e di fraternità». 

Il film di Fellini

Al termine di quella stessa udienza, Francesco cita il film La strada, di Federico Fellini: una pellicola che, non a caso, gli è sempre stata molto a cuore. Basti citare l’intervista realizzata da monsignor Dario Viganò e pubblicata nel suo libro Lo sguardo: porta del cuore. Il neorealismo tra memoria e attualità (Effatà editrice, 2021). In quell’occasione, il Papa racconta: «La strada di Fellini è il film che forse ho amato di più. Mi identifico molto in quel film, in cui troviamo un implicito riferimento a san Francesco. Fellini ha saputo donare una luce inedita allo sguardo sugli ultimi. In quel film, il racconto sugli ultimi è esemplare ed è un invito a preservare il loro prezioso sguardo sulla realtà». 

Il dialogo, la speranza,
l’incontro

Per Papa Francesco, l’accezione di “strada” ha anche la sfumatura del dialogo e della speranza. Significativo, al riguardo, il messaggio da lui rivolto ai partecipanti alla 49° Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Taranto ad ottobre 2021.

In quest’occasione, il Pontefice esorta i fedeli a «camminare con audacia sulla strada della speranza, che possiamo immaginare contrassegnata da tre “cartelli”». Il primo, spiega, è quello della «attenzione agli attraversamenti», ovvero della necessità di risollevare dalla disperazione tutti coloro che incrociano le nostre esistenze: giovani migranti o precari, anziani soli, vittime dell’usura, malati, lavoratori schiavizzati e, in generale, tutti «i nostri fratelli e sorelle crocifissi che attendono la Risurrezione».

Il secondo cartello, invece, è quello del «divieto di sosta», rappresentato da «diocesi, parrocchie, comunità, associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali stanchi e sfiduciati, talvolta rassegnati di fronte a situazioni complesse, con un Vangelo che tende ad affievolirsi». Ma Dio «non è mai statico e rinunciatario», perché «la speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono, sopportano e lottano per costruire il Regno di Dio».

Il terzo cartello, infine, è quello che indica «l’obbligo di svolta», invocato «dal grido dei poveri e della Terra». Un cambiamento necessario, in sintesi, «una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore». Insomma, l’umanità di oggi — intende dire il Papa — deve partire dalla strada e alla strada ritornare, perché solo così potrà porsi davvero nella sequela di Cristo e praticare quella nobile arte dell’incontro chiamata, semplicemente, vita. (isabella piro)

di Isabella Piro