Intervista a Agbonkhianmeghe E. Orobator

Una leadership compassionevole

 Una leadership compassionevole  QUO-115
20 maggio 2022

Uscendo da una crisi senza precedenti, ci ritroviamo al cospetto di un’altra crisi. La pandemia, la guerra.

Ma anche povertà morale, materiale e un divario sociale che sta crescendo in ogni parte del mondo. Il mondo è disorientato, ma non ha bisogno di nuovi leader, bensì di una forma nuova di leadership. Una leadership che non spreca l’occasione di ripensarsi offerta da queste crisi, rafforzando i motivi per il dialogo, la pace e l’equità.

Agbonkhianmeghe E. Orobator è il presidente della Conferenza dei Gesuiti di Africa e Madagascar. È autore di Theology Brewed in an African Pot (Orbis Books, 2008) e di Confessioni di un animista. Fede e religione in Africa (Emi, 2019). Pochi giorni fa è stato pubblicato il suo nuovo libro Guidare il mondo nella tempesta. Francesco e la pandemia: lezioni di leadership in tempi di crisi (Verona, Emi, 2022, pagine 160, euro 15).

Questo libro recente — arricchito dalla prefazione di Antonio Spadaro — esamina proprio il bisogno di ripensare la leadership in termini molto concreti a partire da ciò che abbiamo visto, sentito e imparato da Papa Francesco nei mesi più difficili della pandemia.

«La pandemia da coronavirus mette alla prova le società: è una prova di leadership politica, di sistemi sanitari nazionali, di servizi di assistenza sociale, di solidarietà, di contratto sociale – una prova del nostro tessuto stesso. Dinanzi a questa sfida immensa rischiamo di rendere ancora più profonde disuguaglianze sociali e sanitarie già gravi». Iniziava così l’editoriale pubblicato da «The Lancet» a maggio di due anni fa. Che cosa l’ha spinta a esaminare la leadership di Papa Francesco durante la pandemia da questa prospettiva?

Ritengo che una crisi sia un punto di svolta e un momento cruciale nella vita privata e pubblica. La pandemia da coronavirus ha segnato un punto di svolta negli affari globali. Ha creato una serie di sfide inaspettate ed esacerbato problemi esistenti. Per destreggiarsi in questo genere di situazione non è sufficiente la conoscenza tecnica. Serve qualcosa di più in termini di leadership competente, coscienziosa e impegnata. Secondo me molti leader politici hanno fallito questa prova. Ritengo che un’eccezione degna di nota sia stata Papa Francesco. Pur non essendo un leader politico, il suo approccio alla crisi è emerso come una master class di leadership in un tempo di crisi. Nella mia analisi mi interessava identificare gli elementi dello stile e della qualità della sua leadership per farli conoscere meglio, apprezzare e mettere in pratica dai leader politici, civici e religiosi.

Quali sono state le caratteristiche principali di questa leadership?

Bastano poche parole per cogliere le caratteristiche principali della leadership di Papa Francesco nel tempo di crisi: compassione e solidarietà. Come leader compassionevole, è capace di riconoscere il dolore e le sfide che le persone devono affrontare ed essere empatico con loro. Gli piace dire: «Sono con voi; vi sono vicino». Questa qualità raddoppia nell’attenzione ai bisogni delle persone più colpite dalla crisi. Connettersi con la vulnerabilità delle persone in un tempo di crisi è una dote importante. Mostra che il leader è solidale con le persone e capace di ascoltare il loro dolore e vestire i loro panni. Inoltre, implica che il leader è capace di unire le persone costruendo ponti e agevolando collegamenti che porteranno a un impegno concertato per superare la crisi e riemergere in un posto migliore.

C’è una spaccatura tra potere e leadership, tra autorità e responsabilità, che sta diventando sempre più evidente nei leader politici. Come lo spiega?

Non ho una spiegazione per questo, la lascio agli esperti. Quello che però posso dire è che la leadership, il potere, l’autorità e la responsabilità sono concessi; una delle lezioni principali che impariamo da Papa Francesco è che tutto comporta servizio. Ora, il servizio è pratico, concreto e relazionale. Non servi da un piedistallo — servi con gli altri. Scendi al loro livello. Entri nel loro spazio. Sei coinvolto nella loro vita e il tuo obiettivo principale è di fare una differenza nella loro vita. È questo che intende Papa Francesco quando parla di politica imbibita di carità in Fratelli tutti, e anche quando suggerisce ai leader di avere «l’odore delle pecore». Leadership non è servire sé stessi; leadership è sacrificare sé stessi.

I temi della consolazione, della misericordia e del far crescere la speranza sono particolarmente importanti nella leadership di Papa Francesco. Può aiutarci a comprendere questi elementi?

Il profeta Isaia proclama: «Consolate, consolate il mio popolo». Papa Francesco incarna questa missione di consolazione. Significa essere prossimi alle persone, di modo che comprendano e sperimentino la vicinanza di Dio, che è sempre misericordioso e pieno di speranza. La speranza è la prima vittima di una crisi intensa e devastante come una pandemia. Invece di offrire alla gente false promesse, Papa Francesco ci ricorda che Dio non abbandona mai il Suo popolo. Ciò è una fonte di speranza certa, che magari tarda ma non delude mai. Il leader non è colui che continua a trovare difetti negli altri, bensì colui che cerca di tirare fuori il meglio dagli altri. Papa Francesco lo fa in maniera eccellente. Va incontro alle persone attraverso gli strati sociali, economici e politici per sostenere la loro speranza e riconoscere la loro bontà. La sua espressione della misericordia divina è inclusiva; nessuno viene lasciato indietro, perché il Dio misericordioso non ci lascia indietro.

L’economista Amartya Sen ha ricordato come «l’equità non era una priorità particolarmente preminente» nelle nostre società prima e durante la pandemia, ma dalle chiusure può emergere una società migliore. Un capitolo importante del suo lavoro è dedicato all’ «opzione preferenziale per i poveri», che è stata centrale anche alla visione di Francesco. Ci può aiutare a comprenderla?

La misericordia di Dio è inclusiva e non lascia indietro nessuno. Una delle cose che ha fatto la pandemia è stato esporre e rendere più profonda l’ingiustizia e la disuguaglianza globale. Sebbene la pandemia abbia colpito tutti, non lo ha fatto allo stesso modo. Riflettiamo: alcune persone oggi stanno meglio grazie alla pandemia. Alcuni hanno guadagnato una somma folle di denaro e moltiplicato la loro ricchezza per un fattore inimmaginabile. Sono stati solo più intelligenti degli altri? No. Il divario tra i ricchi e i poveri, tra i privilegiati e gli emarginati è diventato più profondo durante la pandemia. Molti sono stati svantaggiati dalla pandemia. Quello che Francesco insegna e pratica è che il vero leader compie una preferenza di amore per i più vulnerabili. Non è un rifiuto dei ricchi e potenti, ma l’inclusione di tutti come un corpo. Come ripetutamente insegna Papa Francesco in Laudato si’, siamo tutti connessi; siamo tutti legati. Il destino di una persona è legato alla fortuna di un’altra e vice versa. Non possiamo essere una comunità globale davvero riconciliata, guarita e integra se la disuguaglianza e l’ingiustizia esistono e continuano a flagellare la vita dei poveri e degli emarginati. La lezione di Papa Francesco è semplice: veniamo salvati insieme e da una crisi usciamo migliori o peggiori insieme.

La sua analisi si concentra su un periodo molto specifico, ma oggi non si può non pensare alla guerra. Il Papa ci ha rammentato che «si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”» mentre dovremmo ricordare che il mondo è interconnesso. Guardare alla leadership spirituale e civile esercitata oggi da Papa Francesco può aiutarci a vedere una luce, a riaprire il futuro, a generare speranza… a costruire ponti, anche dinanzi a questa nuova crisi?

La pandemia è una crisi fra tante. Di fatto, Papa Francesco sottolinea altre pandemie. La pandemia della povertà, del clericalismo, della violenza… Certo, anche la guerra è una forma di pandemia che si diffonde e distrugge la vita delle persone. L’unica differenza è che la guerra è un atto deliberato e intenzionale — è fatta dall’uomo e non il risultato di qualche virus. Per superare la pandemia della guerra occorrono le stesse qualità: compassione, solidarietà e fraternità. Francesco ci ricorda sempre che siamo connessi. La guerra è una ripetizione della storia di Caino e Abele. Ma gli esseri umani non sono vincolati alla violenza come una necessità assoluta. Siamo in grado di tracciare una rotta diversa — di giustizia, riconciliazione e pace. La conversione non è una prerogativa esclusiva dei santi. Siamo capaci di diventare custodi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. È questo a dischiudere un futuro di speranza, a proiettare una luce sul nostro cammino e a permetterci di costruire ponti che ci conducano fuori dalla crisi come una comunità globale. La leadership spirituale e civile di Papa Francesco è un esempio di questo stile e di questa pratica.

di Marco Dotti