Il magistero

 Il magistero  QUO-114
19 maggio 2022

Venerdì 13

In Sud Sudan pellegrinaggio ecumenico
per la
riconciliazione

Nel corso di tre fasi, la vostra Commissione di dialogo si è impegnata a lasciare alle spalle ciò che compromette la nostra comunione e ad accrescere i legami che uniscono cattolici e anglicani. È stato un cammino, a tratti veloce, a volte lento e difficile.

Cammino è la prima parola... Ne parla il vostro ultimo documento «Camminando insieme sulla via».

Si tratta, come ricordava l’Apostolo delle genti, di andare avanti lasciando indietro le cose che dividono, e tenendo insieme lo sguardo su Gesù e sulla meta che Lui desidera, quella della visibile unità fra noi... da accogliere con umiltà, come grazia, e portare avanti sostenendoci a vicenda.

Il dialogo ecumenico è molto più che parlare insieme. È fare. Si tratta di conoscerci di persona e non solo sui libri, condividere traguardi e stanchezze, sporcarci le mani soccorrendo insieme i fratelli feriti che giacciono scartati ai bordi delle strade, contemplare con un unico sguardo e custodire col medesimo impegno il creato, incoraggiarci nelle fatiche.

L’Arcivescovo Justin Welby e il Moderatore della Chiesa di Scozia saranno i miei compagni di viaggio quando, tra poche settimane, potremo recarci in Sud Sudan.

Sarà un pellegrinaggio ecumenico di pace. Preghiamo affinché ispiri i cristiani a essere promotori di riconciliazione, tessitori di concordia, capaci di dire no alla perversa spirale della violenza e delle armi.

Se il cammino indica la modalità, il dono rivela l’anima dell’ecumenismo.

Ogni ricerca di comunione non può che essere uno scambio di doni, dove ognuno assimila quanto Dio semina nell’altro.

Si comincia ammettendo con umiltà e onestà le proprie fatiche. Questo è il primo passo: non badare ad apparire belli e sicuri, presentandosi come sogniamo di essere, ma mostrare come siamo veramente.

I peccati che hanno portato alle nostre divisioni possono essere superati solo nell’umiltà e nella verità, iniziando a provare dolore per le ferite reciproche e sentendo il bisogno di dare e ricevere il perdono.

I conflitti ci chiudono... La strada dell’unità è superiore al conflitto. Invece, la crisi è buona: nel nostro dialogo, dovremo entrare in crisi, perché la crisi è aperta, aiuta a superare. Ma non cadere nel conflitto, che porta guerre e divisioni.

(Ai membri della Commissione internazionale anglicana-cattolica — Arcic iii )

Teologia
attenta
alle famiglie provate e ferite

È bene che la teologia morale attinga dalla ricca spiritualità che germina nella famiglia, la Chiesa domestica. In essa i coniugi e i figli sono chiamati a cooperare.

La vita familiare, tuttavia, è oggi più che mai provata... Tante famiglie soffrono la mancanza di lavoro, di un’abitazione o di una terra dove vivere in pace.

Queste difficoltà generano problemi relazionali. Ci sono tante «situazioni difficili e famiglie ferite».

La stessa possibilità di costituire una famiglia è spesso ardua e i giovani trovano difficoltà a sposarsi e ad avere figli.

I cambiamenti epocali che stiamo vivendo provocano la teologia morale a raccogliere le sfide e a parlare un linguaggio che sia comprensibile agli interlocutori, non solo “agli addetti ai lavori”.

È necessaria una riflessione teologica veramente attenta «alle ferite dell’umanità».

Vorrei richiamare l’esigenza dell’inter- e trans-disciplinarità, già all’interno della teologia, oltre che tra teologia, scienze umane e filosofia.

Questo metodo potrà mostrare il reciproco legame tra la riflessione ecclesiologica e sacramentaria e i riti liturgici, tra questi e le pratiche pastorali, tra le grandi questioni antropologiche e gli interrogativi morali legati all’alleanza coniugale, alla generazione e alla rete complessa delle relazioni familiari.

Quante volte il matrimonio viene presentato «come un peso da sopportare» più che «come un cammino di realizzazione».

A voi è chiesto di ripensare le categorie della teologia morale, nel loro reciproco legame. La differenza delle culture è un’occasione preziosa che aiuta a comprendere ancora di più quanto il Vangelo possa arricchire e purificare l’esperienza morale dell’umanità, nella sua pluralità.

Il vissuto concreto delle famiglie è una scuola straordinaria di vita buona.

Vorrei aggiungere una cosa, che in questo momento fa tanto male alla Chiesa: è come un “tornare indietro” per paura, per mancanza di genialità e di coraggio.

Il cristiano non può tornare indietro... per avere una difesa, una sicurezza che eviti il rischio di andare avanti, di portare la fede, di fare il cammino con Gesù Cristo.

Nella teologia morale c’è anche un tornare indietro con proposte casistiche, e la casistica risorge come una proposta — un po’ travestita — del “fino a qui si può, fino a qui non si può, di qui sì, di qui no”. Ridurre la teologia morale alla casistica è il peccato di tornare indietro.

(A un convegno internazionale di teologia morale)

Cieli di pace

Fate parte del settore del trasporto aereo, tra quelli più colpiti dalla pandemia.

Di fronte alla ricorrente tentazione di erigere barriere nazionali, la vostra opera è al servizio della fratellanza.

In contrasto con questa prospettiva sono i casi in cui l’aviazione viene usata come strumento di offesa, distruzione, morte. Lo stiamo vedendo purtroppo anche in questa terribile guerra in Ucraina, segnata quotidianamente da bombardamenti aerei.

I cieli siano sempre e soltanto cieli di pace. L’aviazione è amicizia, incontro!

Auspico che la Giornata nazionale “Per non dimenticare”, per ricordare le vittime del tragico incidente di Linate, sia occasione per sensibilizzare sulla centralità del passeggero.

Rinnovo l’apprezzamento per l’attività che svolgete, consapevole di quanto sia delicata e faticosa, soprattutto per le situazioni imprenditoriali delle diverse ditte, quando devono ridurre il personale: bisogna tutelare le persone, che non siano lasciate fuori senza lavoro.

(All’Ente nazionale per l’aviazione
civile italiana - Enac)

Sabato 14

Alla scuola
di Charles
de Foucauld

Viviers si arricchisce di due nuovi santi: Charles de Foucauld e Marie Rivier. L’aria che si respira nella vostra diocesi dev’essere particolarmente sana!

Non dimentico padre Gabriel Longueville, beatificato come martire nel 2019, che ho potuto conoscere in Argentina. La sua abnegazione e la sua attenzione ai più poveri sono un modello per i sacerdoti della sua terra natale.

L’augurio che vi faccio oggi è imparare da Charles de Foucauld a fare quell’esperienza di Dio che lo ha portato ad evangelizzare con la presenza.

Una forma di evangelizzazione discreta, ma molto impegnativa, perché richiede la testimonianza di una vita coerente.

Vi incoraggio a fondare la vita cristiana su tre E, tre parole-chiave della spiritualità di Charles de Foucauld: Vangelo, Eucaristia ed evangelizzazione (Évangile, Eucharistie, Évangélisation).

Vi suggerisco anche di imparare e meditare spesso la magnifica preghiera tratta dai suoi scritti: «Padre mio, mi abbandono a te, fa’ di me ciò che ti piace».

Da Marie Rivier, dedita all’educazione dei bambini, con la Congregazione delle Suore della Presentazione di Maria da lei fondata, vi auguro di ricevere il desiderio di aprire la mente dei piccoli alle cose di Dio.

Spero che ci saranno ancora tante donne di questa levatura, umili e coraggiose.

(Ai giovani della diocesi di Viviers - Francia)

Sostegno
reciproco
e attenzione
alle fragilità

Il Village de François è un luogo ecclesiale che esce dal quadro abituale, e propone la Chiesa come “ospedale da campo”, che si preoccupa di quanti soffrono.

Contribuisca a far riscoprire che cos’è un vero villaggio: un tessuto di relazioni umane concrete, nel sostegno reciproco, nell’attenzione a chi è nel bisogno, nella convivenza delle generazioni e nel rispetto del Creato.

Il Village è stato immaginato in base alla convinzione che “tutto è legato” e voi ne fate l’esperienza concreta associando l’ambiente e il rispetto della vita dal suo concepimento alla morte naturale e riunendo le generazioni.

Vi siete stabiliti in un’abbazia trappista: vedo in ciò una chiamata a porre al centro della vostra esperienza, oltre a una vita semplice e laboriosa, lo sviluppo della vita interiore.

(Ai membri del “Village de François”)

Dio non può
lasciare
di essere padre

Questo Anno giubilare è un risalire alle sorgenti per attingere energie nuove per il futuro; ma è anche l’occasione per ringraziare il Signore e chiedergli di essere canali di quella grazia che santa Lucia accolse e distribuì generosamente.

Care Maestre Pie, la vostra missione è impegnativa... Maestro è chi insegna. Un proverbio dice però che non si insegna ciò che si sa, ma ciò che si è.

Non basta riempire la testa di idee. Essere maestri è vivere una missione.

Santa Lucia di solito viene rappresentata con il Crocifisso... Sapeva insegnare, perché lei stessa non smetteva di essere discepola di Gesù Maestro e di stare davanti alla sua cattedra, la croce.

Non si può accontentarsi di “insegnare” Gesù; Gesù anzitutto si testimonia.

Dio si comunica solo se abita nella nostra vita, riempie i nostri affetti e ispira le nostre azioni.

Questa donna viveva con una costante fiducia in Dio, perché Lui – diceva – «non può lasciare di essermi padre».

Spesso ci preoccupiamo perché dobbiamo lasciare alcune sicurezze, gli anni della gioventù, un po’ di salute, persone care... Ebbene, nella vita c’è una presenza che non ci lascerà mai, che ci accompagnerà sempre e che niente potrà cancellare: Dio non può lasciare di essermi padre.

(Ai partecipanti al pellegrinaggio
per il 350° della nascita di santa Lucia Filippini
)

Costruire
l’orizzonte
della pace

Alle Università, in questo momento, è affidato un compito di grande responsabilità. Gli anni della pandemia, il diffondersi in Europa della “terza guerra mondiale” a pezzi, la questione ambientale, le diseguaglianze, ci sfidano in modo inedito.

Ma i giovani non ci stanno, e ci richiamano alle nostre responsabilità. Questo è il momento di un grande investimento educativo... il Global Compact on Education, ovvero un progetto di lavoro comune, che coinvolge tanti interlocutori, dalle religioni alle istituzioni.

È questo, in concreto, l’orizzonte della pace: una formazione umana e universale.

A volte, alcune università portano avanti l’eredità dell’illuminismo, che è riempire di idee la testa, fare dei “macrocefali”.

C’è molto da fare, per assicurare lo sviluppo tecnologico e scientifico, ma anche per garantirne la sostenibilità umana.

Gli studenti non si accontentano della mediocrità... nemmeno di una formazione senza orizzonte.

Non vi manchi il coraggio dell’immaginazione e dell’investimento, per uno sviluppo umano della ricerca, per formare giovani capaci di portare qualcosa di nuovo nel mondo del lavoro e nella società.

Portare avanti il lodevole impegno di accogliere studenti e ricercatori vittime di persecuzioni, guerre, discriminazioni.

Mi raccomando di stare attenti alle ideologie. Oggi ce ne sono tante: bisogna stare attenti a non cadere in atteggiamenti che distruggono. Anche nella Chiesa ne abbiamo, e non fanno bene.

Mancano pochi anni al Giubileo del 2025. Ricordiamo che tre anni dopo la prima celebrazione giubilare del 1300 fu istituito lo Studium Urbis, quasi a mostrare in pratica e ribadire il rapporto nativo tra la Chiesa e l’istituzione universitaria, una delle più antiche e paradigmatiche espressioni della civiltà europea, di qui poi sviluppatasi nel mondo.

(Ai rettori delle Università del Lazio)

Lunedì 16

Farsi carico
delle piaghe
dei vulnerabili

«Qual è la profezia camilliana oggi?». Il nostro tempo è segnato da un individualismo e da un’indifferenza che generano solitudini e provocano lo scarto di tante vite.

La risposta cristiana non sta nella constatazione rassegnata del presente o nel rimpianto nostalgico del passato, ma nella carità.

È quanto ha realizzato il vostro Fondatore, Camillo del Lellis, una delle figure di santi che meglio incarnano lo stile del Buon Samaritano.

Questo apostolato, dedito specialmente al servizio dei malati e delle persone deboli e anziane, coniuga bene il desiderio di una testimonianza concreta verso gli altri con l’esigenza di comprendere sé stessi secondo i canoni della piccolezza evangelica.

(Al capitolo generale dell’ordine dei ministri
degli infermi - camilliani
)

La politica
è accoglienza
e rispetto

La politica è arte dell’incontro [che] si vive accogliendo l’altro e accettando la sua differenza, in un dialogo rispettoso.

Come cristiani, tuttavia, c’è di più: poiché il Vangelo ci chiede di amare i nostri nemici, non posso accontentarmi di un dialogo superficiale e formale, come quei negoziati spesso ostili tra partiti politici.

Dal punto di vista cristiano, la politica è anche riflessione, cioè formulazione di un progetto comune.

La nostra bussola per elaborare questo progetto comune è il Vangelo.

Infine, la politica è azione... conduce a un impegno concreto.

Come cristiani, abbiamo bisogno di confrontare sempre le idee con lo spessore del reale, se non vogliamo costruire sulla sabbia.

Alcuni di voi hanno scelto di vivere insieme in mezzo a un quartiere popolare di Parigi, per stare in ascolto dei poveri: ecco un modo cristiano di fare politica!

Incontro, riflessione, azione: qui c’è un programma di politica in senso cristiano.

(Alla Fraternità politica di Chemin neuf)

Ogni battezzato è una missione

Siete riuniti a Lione, dove hanno avuto origine le Pontificie Opere Missionarie e dove si celebrerà la beatificazione di Pauline Jaricot, la fondatrice.

Pauline amava dire che la Chiesa è di sua natura missionaria e che quindi ogni battezzato ha una missione; anzi, è una missione.

Aiutare a vivere questa consapevolezza è il primo servizio delle Pontificie Opere Missionarie, un servizio che esse compiono con il Papa e a nome del Papa.

[Vorrei] riproporvi tre aspetti che, grazie all’azione dello Spirito, hanno contribuito alla diffusione del Vangelo: conversione missionaria; preghiera e concretezza della carità.

(Messaggio all’assemblea delle Pontificie
opere missionarie - Pom
)

Mercoledì 18

Tornare
all’essenziale

In Fratel Carlo possiamo vedere un profeta del nostro tempo, che ha saputo portare alla luce l’essenzialità e l’universalità della fede.

L’essenzialità, condensando il senso del credere in due semplici parole, in cui c’è tutto: “Iesus – Caritas”; e soprattutto ritornando allo spirito delle origini, allo spirito di Nazaret.

Come Chiesa abbiamo bisogno di tornare all’essenziale, di non smarrirci in tante cose secondarie, con il rischio di perdere di vista la purezza semplice del Vangelo.

E poi l’universalità. Il nuovo Santo ha vissuto il suo essere cristiano come fratello di tutti, a partire dai più piccoli.

Non aveva l’obiettivo di convertire gli altri, ma di vivere l’amore gratuito di Dio, attuando “l’apostolato della bontà”.

Per farlo aprì le porte della sua casa, perché fosse “un porto” per tutti, “il tetto del buon Pastore”.

Vi ringrazio perché portate avanti questa testimonianza, che fa tanto bene, specialmente in un tempo in cui si rischia di chiudersi nei particolarismi, di accrescere le distanze, di perdere di vista il fratello.

La sua spiritualità mi ha fatto tanto bene quando studiavo la teologia, un tempo di maturazione e anche di crisi. Mi è arrivata tramite padre Paoli e tramite i libri di Voillaume, che io leggevo continuamente.

Mi ha aiutato a superare le crisi e a trovare una strada di vita cristiana più semplice, meno pelagiana, più vicina al Signore.

(All’associazione Famiglia spirituale
Charles de Foucauld
)

Di fronte
al male
la “protesta”
è preghiera

Nel cammino di catechesi sulla vecchiaia incontriamo Giobbe come testimone della fede che non accetta una “caricatura” di Dio, ma grida la sua protesta di fronte al male, finché Dio risponda e riveli il suo volto.

E Dio alla fine risponde, come sempre in modo sorprendente: mostra a Giobbe la sua gloria ma senza schiacciarlo, anzi, con sovrana tenerezza.

Farà bene metterci alla scuola di Giobbe, per vincere la tentazione del moralismo davanti all’esasperazione e all’avvilimento per il dolore di aver perso tutto.

Egli perde le ricchezze, la famiglia, il figlio e anche la salute, e rimane piagato.

Dio rimprovera gli amici di Giobbe che presumevano di sapere tutto e, venuti per consolarlo, avevano finito per giudicarlo con schemi precostituiti. Dio ci preservi da questo pietismo ipocrita e presuntuoso... dalla religiosità moralistica e di precetti.

Giobbe ha parlato bene, anche quando era arrabbiato contro Dio, perché ha rifiutato di accettare che sia un “Persecutore”. E Dio in premio gli restituisce il doppio di tutti i beni.

Il punto di svolta della conversione avviene al culmine dello sfogo di Giobbe.

La sua parabola rappresenta in modo drammatico ed esemplare ciò che accade nella vita. Spesso “piove sul bagnato”. E alcune persone sono travolte da una somma di mali che appare veramente eccessiva e ingiusta.

Tutti abbiamo conosciuto persone così. Siamo stati impressionati dal loro grido, ma anche ammirati dalla loro fede.

Penso ai genitori di bambini con gravi disabilità o a chi vive un’infermità permanente o al familiare che sta accanto... Situazioni spesso aggravate da scarsità di risorse economiche.

Questi cumuli di pesi sembrano darsi appuntamento. È successo con la pandemia di Covid-19 e sta succedendo con la guerra in Ucraina.

Possiamo giustificare questi “eccessi” come una superiore razionalità della natura e della storia? Possiamo benedirli religiosamente come risposta alle colpe delle vittime? No. Esiste una sorta di diritto della vittima alla protesta, nei confronti del mistero del male; diritto che Dio concede a chiunque, anzi, che è Lui a ispirare.

Quando i ragazzi protestano contro i genitori, è un modo per attirare l’attenzione. Dio è Padre, non si spaventa della nostra preghiera di protesta! Capisce.

A Dio non piace quella enciclopedia di riflessioni che fanno gli amici di Giobbe: quella religiosità che spiega tutto, ma il cuore rimane freddo. Piace più la protesta o il silenzio di Giobbe.

Questa testimonianza è particolarmente credibile se la vecchiaia se ne fa carico, nella sua progressiva fragilità e perdita.

I vecchi
presidio
insostituibile per affrontare l’eccesso
del male

I vecchi ne hanno viste tante nella vita! Hanno visto anche l’inconsistenza delle promesse degli uomini. Uomini di legge, di scienza, di religione persino, che confondono il persecutore con la vittima, imputando a questa la responsabilità piena del dolore. Si sbagliano!

Questi vecchi sono un presidio insostituibile per la comunità nell’affrontare l’eccesso del male.

Lo sguardo dei credenti che si rivolge al Crocifisso impara questo. Che possiamo impararlo anche noi, da tanti nonni e nonne, da tanti anziani che, come Maria, uniscono la loro preghiera, a volte straziante, a quella del Figlio di Dio che sulla croce si abbandona al Padre.

(Udienza generale in piazza San Pietro)