Il racconto

Tra il no alla ’ndrangheta
e alla guerra e un bip

 Tra il no  alla ’ndrangheta  e alla guerra e un bip  QUO-113
18 maggio 2022

Luigi ha avuto un ruolo di primo piano nelle cosche della ’ndrangheta a Crotone e dal 2006, dopo violente vicende, ha iniziato il percorso di collaboratore di giustizia.

Vadim è il figlio della vice-sindaco di Kiev ed è a Roma, con altri sedici ucraini, ospite di due parrocchie del Portuense.

Renato è un sacerdote missionario in Brasile dal 1978 e da quattro mesi è in una terra della Guinea-Bissau «dove non vuole andare nessuno».

Roberto ha avuto un’idea: ci si scandalizza se in un oratorio di Milano c’è il “Gruppo handicappati”? Chiamiamolo “Gruppo bip”, se quella “brutta parola” dà fastidio e va “coperta” con un bip, appunto.

Stamani Papa Francesco ha accolto a braccia aperte Luigi, Vadim, Renato, Roberto e con essi tutti coloro che sono venuti all’udienza generale in piazza San Pietro — il Pontefice ha compiuto un lungo giro sulla vettura scoperta assieme a sei bambini del Collège Saint Dominique di Neuilly-sur-Seine — per condividere ansie, preoccupazioni, speranze, progetti.

Con Luigi, Vadim, Renato, Roberto c’è anche Rosi, che a Palermo ha dato vita all’associazione “Gli amici di Anna” per ricordare, appunto, sua nonna Anna, aiutando le persone con disabilità che necessitano di riabilitazione. E sorride, lì vicino, suor Maria Luisa Perillo, che il 5 ottobre «a Dio piacendo» compirà 100 anni: «Cosa faccio? Prego tantissimo!».

Luigi Bonaventura, dunque: sottoposto al regime di protezione perché pentito di aver fatto parte della ’ndrangheta e divenuto collaboratore di giustizia. Fa notare che per i protocolli la moglie e la figlia non possono essere presenti all’udienza. Ragioni di sicurezza. Luigi fa parte dell’Associazione sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia, che ha in don Benito Giorgetta, parroco di San Timoteo a Termoli, la guida spirituale. L’impegno prioritario, spiegano, «è aggiornare le regole per la protezione, in modo che siano più attente alla globalità della persona, famiglia compresa, e non solo alla sicurezza personale».

Il Papa conosce bene questa realtà. Don Giorgetta e Luigi hanno pubblicato un libro intervista — Passiamo all’altra riva — per il quale Francesco ha scritto la prefazione. «Mai si deve ridurre l’altro al suo errore», afferma il Pontefice nel libro, perché sbagliare «è un episodio, un segmento della vita, non la condizione unica e definitiva». Al contrario, «occorre aiutare ogni persona, con amore, ad andare oltre il proprio errore».

L’Ucraina è “presente” in piazza San Pietro, come ogni mercoledì, con diversi gruppi di profughi accolti in Italia. Nella comunità di lavoro della Rota romana è nata, spontaneamente, l’idea di aprire a 17 ucraini le porte in due parrocchie. Lo racconta monsignor Francesco Ibba, che sta sostenendo questo progetto con le comunità di Santa Silvia al Portuense e di Santa Maria del Carmine e San Giuseppe al Casaletto. E tramite associazioni impegnate nella testimonianza della pace.

Ed ecco padre Renato Chiera, 80 anni e pronto a rilanciare progetti di evangelizzazione e promozione umana. Originario di Mondovì, nel 1978 ha iniziato la missione in Brasile come fidei donum. Ha fondato la Casa do menor, cercando di dare un presente e un futuro ai meninos de rua.

Da quattro mesi si è rimesso in gioco in Guinea-Bissau, «condividendo il carisma» con Edwin e Raquel, iniziatori dell’esperienza di Obra Lumen. «Siamo a Bambadinca, nella diocesi di Bafatá, veramente tra i più poveri tra i poveri» racconta padre Renato, “abitante” delle periferie più periferie del mondo: dalla Baixada Fluminense di Rio de Janeiro ai villaggi “dimenticati” dell’Africa. E a Francesco ha voluto dire “grazie” per l’istituzione della Giornata mondiale dei poveri. «Una svolta», dichiara.

Un particolare ringraziamento per la loro missione nella quotidianità il Papa ha rivolto ai rappresentanti dell’associazione “Famiglie per l’accoglienza”, fondata a Milano nel 1982. Vede insieme oltre 3.500 famiglie in Italia, ma anche in Spagna, Svizzera, Francia, Brasile, Argentina, Cile, Gran Bretagna, Romania e Lituania. «Il cuore di questa opera — spiega il presidente Luca Sommacal — è sostenere lo slancio delle famiglie che non hanno avuto paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere “il rischio” dell’accoglienza».

Il Pontefice ha avuto parole di incoraggiamento, poi, per i partecipanti al Rome International Seminar per la pace, che vede assieme studenti del Medio oriente, e per i responsabili del Global forum - Helping hand coalition: tra loro anche alcune persone che hanno vissuto sulla loro pelle la Shoah. L’organizzazione, è stato fatto presente, conserva tante storie di ebrei salvati da cristiani durante la seconda guerra mondiale. La documentazione raccolta nel libro Ognuno era qualcuno e la scultura Olocausto e risurrezione tra i simbolici doni per Francesco.

E una tessera ad honorem del sindacato dei lavoratori delle costruzioni Fillea Cgil è stata consegnata al Papa per il suo magistero sulla dignità del lavoro.

Prima di incontrare i pellegrini in piazza San Pietro, il Papa ha ricevuto, nell’auletta dell’Aula Paolo vi , l’Associazione Famiglia spirituale Charles de Foucauld. E, fuori dall’Aula, ha benedetto la statua della “Madonna che accoglie un bambino”. Realizzata da Ettore Marinelli, verrà collocata, per i 100 anni di fondazione, nel cortile del Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano, domenica 22, al termine della messa che il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski celebrerà nella basilica vaticana.

di Giampaolo Mattei