Conclusa alla Lateranense la giornata di studio sulla «Praedicate Evangelium»

Per una Curia
al servizio del Pontefice

 Per una Curia  al servizio del Pontefice  QUO-113
18 maggio 2022

Le sfide della comunicazione e della gestione delle finanze, le prospettive per i laici, il servizio al Papa, la formazione del personale, le prassi per l’attuazione della Costituzione apostolica. È stata variegata e ricca di spunti la sessione pomeridiana della giornata di studi «Praedicate Evangelium. Struttura, contenuti e novità», che, organizzata dall’Institutum Utriusque Iuris, si è svolta ieri alla Pontificia università Lateranense.

Aperto in mattinata dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, l’evento — il primo di ampio confronto dalla promulgazione del documento, il 19 marzo scorso — ha visto nel pomeriggio al banco dei relatori il cardinale Marcello Semeraro, prefetto in carica della Congregazione delle Cause dei Santi, per sette anni segretario del Consiglio di cardinali. Proprio l’esperienza nel gruppo di porporati istituito dal Papa per redigere il documento sulla riforma della Curia, Semeraro ha voluto condividerla con i presenti nell’Aula Magna dell’“Università del Papa”.

Servizio, flessibilità, ruolo dei laici, sono stati i concetti sui quali è ruotato il suo intervento, che ha tratto le mosse da un principio fondamentale: «La Curia è romana, la Curia è al servizio del Pontefice». “Essere al servizio”, nel concreto, significa «essere una realtà flessibile, adattabile a seconda dei tempi e delle situazioni». Non potrebbe essere altrimenti visto il «cambiamento d’epoca» che, come ripete Papa Francesco, viviamo oggi, dove «non vi è più un regime di cristianità. Il primo compito, infatti, non è la tutela della dottrina fede, ma l’annuncio. E questo anche nell’organizzazione della Curia», ha sottolineato il cardinale. Si spiega così la volontà del Papa di dare priorità al Dicastero per l’evangelizzazione (che accorpa Propaganda fide e Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione), diviso in due sezioni: «Una che guarda all’aspetto missionario, l’altra all’annuncio».

Semeraro si è soffermato inoltre sul punto 5 della Costituzione in cui si asserisce che «ogni fedele può presiedere a un Dicastero o altro organismo». «Il punto d’appoggio è la dignità battesimale per tutti i fedeli», ha rimarcato. Di ruolo dei laici ha parlato anche Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione, unico laico a presiedere un’istituzione curiale. Per questa scelta, ma soprattutto per il fatto di essere stato tra i primi ad aver avviato una riforma che ha accorpato nove strutture, il Dicastero per la comunicazione «ha anticipato la Praedicate Evangelium». Ruffini ha poi illustrato la “missio” di questa grande realtà che «si adopera affinché la comunicazione non sia ridotta a concezioni prettamente tecnologiche e strumentali. La comunicazione è essa stessa missione, congiunta alla costruzione di quella rete comunionale che ci fa davvero membra gli uni degli altri», ha affermato il prefetto. «È questo il senso del nostro essere al servizio del Papa; per portare il magistero del Papa ovunque nel mondo e condividere con tutti nel mondo la testimonianza della Chiesa in cammino, e una lettura cristianamente ispirata dei segni dei tempi». Oggi, infatti, non mancano le informazioni — «anzi ne abbiamo persino troppe» — ma mancano «le relazioni vere», ha osservato Ruffini. Pertanto «il compito più importante e più difficile dei mezzi di comunicazione è quello di costruire un sistema relazionale capace di raccogliere, organizzare, mettere in rete, condividere il bene, il bello, il vero».

Durante l’incontro Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, ha letto l’intervento dell’altra sottosegretaria, Linda Ghisoni — impossibilitata a partecipare — circa le “prospettive” del Dicastero istituito nel 2016 e le nuove competenze acquisite con la Costituzione. Tra queste, la cura degli anziani, la cooperazione tra laici e ministri ordinati, la pastorale su matrimonio e famiglia con particolare attenzione alle situazioni di crisi e l’incarico di «raccogliere e proporre modelli pastorali di formazione della coscienza e integrazione di divorziati civilmente risposati e chi, in certe culture, vive in poligamia».

Nel prendere la parola monsignor Filippo Iannone, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha indicato invece le prospettive per il futuro nell’attuazione di Praedicate Evangelium; quindi prassi e procedure necessarie per l’implementazione della nuova legge. «Bisognerà tradurre in norme operative il principio della corresponsabilità nella comunione e della partecipazione ad intra e ad extra», ha sottolineato. Andranno pure riviste le modalità di formazione del personale, tra assunzioni e ricambi secondo le nuove scadenze temporali sancite dalla Costituzione. Su tutto vale il «principio della gradualità» che, ha chiarito Iannone, «non è indecisione, ma flessibilità necessaria per raggiungere una vera riforma». Un criterio che «permette alle strutture di adeguarsi alle necessità dei tempi che mutano» e anche a quella «conversione individuale» invocata più volte dal Papa. «Non basta cambiare il personale ma bisogna portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente e professionalmente», ha affermato il capo dicastero. «Non uomini nuovi, ma rinnovati. Senza un mutamento di mentalità, lo sforzo funzionale sarebbe vano».

La Costituzione apostolica è dunque un punto di partenza, non di arrivo. Il revisore generale Alessandro Cassinis Righini ha esordito citando il noto discorso di Piero Calamandrei sulla Costituzione italiana: «La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità».Parole di un laico che ben si adattano all’orizzonte aperto dalla Praedicate Evangelium. «Una valutazione sarà compiuta solo nel tempo», ha chiosato il revisore che ha spiegato nel dettaglio le funzioni del suo ufficio, incaricato di vigilare su circa novanta organismi. «Il nostro non è un approccio punitivo, ma offre spunti per migliorare le amministrazioni di cui andiamo a rivedere i conti». Una funzione, ha detto con una metafora, quasi di «whistleblowing, l’arbitro che fischia il fallo».

di Salvatore Cernuzio