L’impatto sui nuclei famigliari

Migrazione, un evento critico con enormi costi umani

 Migrazione, un evento critico  con enormi costi umani   QUO-110
14 maggio 2022

In occasione della Giornata internazionale delle famiglie, che viene celebrata dalle Nazioni Unite domani 15 maggio, alcuni esperti della Strategic Alliance of Catholic Research Universities ( sacru ) hanno fornito in un documento una panoramica sul problema della migrazione familiare. Pubblichiamo stralci di queste riflessioni scritte da Theresa Betancourt (Boston College), Camillo Regalia e Laura Zanfrini (Università Cattolica del Sacro Cuore), Carlos Pérez-Testor e Anna Maria Vilaregut Puigdesens (Universitat Ramon Llull ).

Attualmente, secondo le stime dell’Unicef, oltre quattro milioni di bambini sono sfollati o sono scappati come rifugiati a causa dell'attuale conflitto in Ucraina. La migrazione forzata di bambini e famiglie non è un problema limitato all’Ucraina. Secondo un recente rapporto di Save the Children del 2020, si stima che 1 bambino su 6 a livello globale viva in una zona di conflitto — il che equivale a circa 452 milioni di bambini — un aumento del 5% dal 2019 e la cifra più alta in 20 anni. Queste dinamiche esistono per i bambini e le famiglie colpite dai conflitti in una serie di Paesi, tra cui Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Yemen, Somalia, Mali, Nigeria settentrionale, Camerun, Sudan e Repubblica Centrafricana. L’elenco è in continua crescita e quando si allarga lo sguardo ai contesti post-conflitto che rimangono fragili, come la Sierra Leone e la Liberia, il numero si gonfia ulteriormente.

Mentre ci accingiamo a celebrare la Giornata Internazionale delle Famiglie, dobbiamo riconoscere l'importante ruolo che esse e i caregiver giocano nell’aiutare i bambini a sopravvivere e prosperare nonostante i traumi e le perdite derivanti dai conflitti armati. In Sierra Leone, noi della Boston College School of Social Work Research Program on Children and Adversity (BCSSW/RPCA) stiamo conducendo da 20 anni uno studio, longitudinale e ora intergenerazionale, in cui abbiamo seguito la vita di una coorte di 529 ragazze e ragazzi dalla fine della guerra civile durata 11 anni. Avevano un’età compresa tra i 10 e i 17 anni, e ora sono diventati adulti e stanno creando delle famiglie proprie. Vediamo, ripetutamente, che le relazioni di affetto e la possibilità di crescere nelle cure amorevoli di una famiglia sana, funzionante e solidale, operano come importanti fattori protettivi per i bambini colpiti dalla guerra per prosperare sul lungo periodo.

Secondo la Populorum Progressio, lo sviluppo progressivo delle persone è determinante per garantire le libertà fondamentali, promuovere le relazioni e stabilire strutture e istituti che permettano lo sviluppo. Per sostenere i bambini colpiti dalla guerra, gli istituti e le politiche devono lavorare per trasformare l'ecosistema, servire tutte le persone e rafforzare le famiglie. La visione di Papa Francesco per la nostra casa comune e l’umanità nella Laudato Si’articola le relazioni fondamentali per la sopravvivenza e la nostra cura per la nostra casa comune. In questa visione inclusiva, tutto è collegato. Le questioni sociali e ambientali sono profondamente connesse e non c'è un singolo conflitto. Tutto è intrecciato. Per questo motivo, costruire la pace in tempo di guerra implica il pieno impegno dei cittadini e delle istituzioni. La nostra ricerca indica che la natura del trauma e della perdita, l’età, il sesso e le capacità individuali di far fronte alla situazione determinano il benessere dei bambini colpiti dalla guerra. Tuttavia, la formazione del carattere a lungo termine e gli esiti della vita sono anche molto influenzati da ciò che accade alle famiglie dopo la guerra in termini di accesso alla scuola, sostegno sociale e supporto a relazioni sane e riparatrici nella famiglia e nella comunità nel suo complesso.

Il Sinodo del 2018 sui giovani e il discernimento vocazionale riconosce l’importanza di accompagnare i giovani nel loro viaggio esistenziale verso la maturità, stando al loro fianco affinché possano percepire il loro futuro. Il nostro studio longitudinale offre uno sguardo sul ruolo che il contesto sociale post conflitto gioca a sostegno delle famiglie per aiutare i loro giovani a prosperare. Richiamando l’importante ricerca condotta da Anna Freud e dalla collega Dorothy Burlingham nel loro libro del 1944 Bambini e Guerra, si sottolinea quanto siano fondamentali i genitori e gli altri caregiver come fonte di stabilizzazione per i bambini che vivono eventi legati alla guerra. Ciò che contava davvero era avere caregiver emotivamente disponibili e altre figure di attaccamento che aiutassero a navigare tra gli orrori, i disordini e le perdite. I bambini e le famiglie necessitano e meritano protezione, la fine degli attacchi ai civili e una risoluzione pacifica del conflitto. Nella fase post bellica, mentre le nazioni colpite dalla guerra si ricostruiscono e le nazioni ospitanti accolgono le famiglie sfollate dal conflitto come rifugiati, il sostegno alle famiglie deve essere centrale nell'immaginare il rafforzamento dei sistemi per i servizi di salute mentale. Dobbiamo investire in programmi di prevenzione, così come in programmi di opportunità di istruzione e di lavoro, per aiutare le famiglie ad adattarsi ai modi di vivere in un nuovo paese e in una nuova cultura, e far progredire quelle che lottano contro lo sfollamento e le perdite.

Livelli psicologici e sociologici della migrazione familiare


La migrazione è un evento critico che mette sempre più alla prova un gran numero di famiglie in tutto il mondo. Come conseguenza principale della migrazione, la struttura familiare cambia, c'è una frammentazione dell’unità familiare e la qualità dei legami familiari è messa sotto pressione. I membri della famiglia devono rinegoziare i loro ruoli e trovare nuovi modi adeguati per (ri)costruire e mantenere le loro relazioni. Questo è un problema critico che riguarda sia i membri della famiglia che vivono nella società di accoglienza sia i membri della famiglia rimasti a casa. Le famiglie nella nuova società spesso si sentono lacerate tra valori e richieste contrastanti, e devono far fronte a queste differenze, specialmente a livello di relazioni genitori-figli. Le conseguenze di questo processo sono visibili nel lungo periodo e coinvolgono almeno tre generazioni. Tuttavia, sarebbe una visione limitata non evidenziare il lato positivo della migrazione per la famiglia. Un sentimento di benessere collettivo e di appartenenza può collegare i membri della famiglia che vivono oltre i confini nazionali, e l’ethos familiare di cura e solidarietà mostra tutto il suo potenziale. La principale motivazione che spinge a trasferirsi in un altro paese è spesso la volontà di migliorare le condizioni di vita di tutta la famiglia. Di fatto, diverse famiglie possono raggiungere questo obiettivo, e la migrazione diventa un’eccellente opportunità per la famiglia di costruire e offrire un futuro migliore alle nuove generazioni.

Passando dal piano psicologico a quello sociologico, sebbene la famiglia abbia recentemente acquisito un ruolo senza precedenti nel campo degli studi sulle migrazioni e nel dibattito politico sull’integrazione, le aspettative sia dei paesi d’origine che di quelli di accoglienza continuano ad essere prevalentemente fondate su una concezione atomistica. Le società riceventi guardano all'immigrazione principalmente come un enorme serbatoio di forza lavoro adattabile (con un’enfasi particolare sul suo ruolo nel rispondere ai bisogni di cura delle famiglie native). Al contrario, le società d’invio considerano i migranti una fonte di preziose rimesse, il cui flusso è garantito proprio dalla vasta presenza di famiglie rimaste. Queste ultime - l’enorme numero di famiglie transnazionali divise dalla migrazione di uno o più dei loro membri — rappresentano un fenomeno drammatico, che sfida sia le istituzioni pubbliche che quelle religiose per i costi sociali, educativi, psicologici e morali che può produrre. Per non parlare del fatto che la maggior parte dei singoli migranti sono indotti a rinunciare ai loro progetti familiari o a “sacrificarsi” per il benessere dei familiari rimasti. In tutte queste situazioni, si rischia di dimenticare che ogni persona deve essere sempre considerata un fine in sé come sottolinea inequivocabilmente il pensiero sociale cattolico — e non un mezzo per garantire il benessere familiare. Infine, obbedendo al benessere economico familiare, le migrazioni contemporanee potrebbero generare profondi costi umani e sociali, rendendo particolarmente manifeste le possibili tensioni tra le diverse componenti — economiche, sociali, culturali e spirituali — dello sviluppo (Caritas in Veritate, n. 31). Infine, sia i paesi di accoglienza che quelli di provenienza, le autorità pubbliche e le organizzazioni della società civile sono chiamati a unirsi allo sforzo di prevedere nuove politiche e pratiche migratorie basate sul principio della dignità umana e sulla protezione e il benessere della famiglia.

Per le società di accoglienza, la presenza di famiglie con un background straniero cambia radicalmente il significato e l'impatto dell’immigrazione, trasformando una questione economica in una questione politica e identitaria. La famiglia è una questione particolarmente impegnativa: modelli e valori “importati” fanno sì che le società di accoglienza considerino diverse concezioni di questa istituzione fondamentale, intesa come costruzione sociale e ordine morale. Le famiglie migranti sfidano la configurazione “normale” delle strutture e dei comportamenti familiari. Rendono ancora più eterogenei i modelli e gli stili di funzionamento della famiglia attraverso la comparsa di pratiche discutibili (come le convivenze poligame), pratiche del passato (come i matrimoni combinati), e nuovi modelli familiari che prendono forma nel contesto delle comunità transnazionali e dei circuiti di migranti. Non a caso, le questioni di diritto di famiglia sono spesso tra gli argomenti più sensibili nel governo della convivenza interetnica. Infine, è proprio attraverso le famiglie che la migrazione si manifesta come un fenomeno capace di modificare i tratti costitutivi stessi di una società, incidendo sui caratteri somatici, etnici e religiosi della popolazione. Questo è particolarmente vero per le nazioni coinvolte in profondi cambiamenti demografici, rendendo quindi sempre più importante l'incidenza della popolazione con un background migratorio. Soprattutto nel contesto urbano, l'immigrazione comporta evidenti cambiamenti — per esempio, attraverso attività commerciali gestite da immigrati- e nel modo in cui vengono utilizzati gli spazi pubblici, rafforzando il profilo internazionale delle città.

La migrazione di una famiglia: una prospettiva psicologica


I processi migratori generano spostamenti di uno o più membri di una famiglia che sono costretti a lasciare il loro paese d'origine. Le cause di questo spostamento possono essere molto varie, ma evidenziamo due situazioni estreme. La prima riguarda ragioni economiche: la famiglia non può sopravvivere nel suo paese con i mezzi economici a sua disposizione e non ha altra scelta che emigrare. La seconda è di tipo politico. La famiglia si sente in pericolo a causa delle sue idee politiche e deve fuggire dalla sua casa, cercando altri paesi che siano più rispettosi delle persone che pensano e difendono idee diverse. Si parla, quindi, di “rifugiati” o “esuli”. Ci sono anche cause meno traumatiche che generano una migrazione protetta, come l’espatrio.

Si tratta di un processo attraverso il quale una famiglia lascia il proprio paese, spesso temporaneamente, per studiare o lavorare per un periodo lontano da casa, ma senza problemi legali o economici. Ognuno dei tre processi migratori che abbiamo menzionato genera perdite, ma i primi due, le migrazioni non protette, possono produrre ferite profonde. Achotegui cita almeno sette possibili perdite: 1) famiglia e amici; 2) lingua; 3) cultura: costumi, religione, valori; 4) la terra: paesaggio, colori, odori, luminosità; 5) stato sociale: avere permessi (visto), lavoro, alloggio; 6) il contatto con il gruppo etnico: pregiudizi, razzismo, xenofobia; 7) rischi: viaggi pericolosi, rischio di espulsione.