Bailamme

La sfida più grande: saper stare ai piedi della croce

 La sfida più grande: saper stare ai piedi della croce  QUO-109
13 maggio 2022

La guerra produce questo effetto, duplice e opposto: ammutolisce o fa parlare troppo. Di parole eccessive, dette spesso a sproposito, sono pieni i discorsi che si ascoltano, è sufficiente accendere la televisione, la radio o navigare un po’ nella Rete, e purtroppo anche ascoltare le parole che provengono da alcuni discorsi dei politici e dei governanti dei paesi. Sulla guerra e la distinzione tra popoli e governanti, necessaria e spesso trascurata per la fretta, la parola definitiva l’ha pronunciata uno degli scrittori più controversi del ’900, Louis-Ferdinand Céline: «La guerra è il massacro di milioni di persone che non si conoscono, nell’interesse di poche persone che si conoscono ma non si massacrano».

Di parole che mancano, anche di queste siamo “pieni”, come si può essere pieni di un’assenza, in questi terribili giorni, mesi, di guerra. Non troviamo le parole per dire il dolore, descrivere l’orrore, spiegare il male. Forse la pretesa è eccessiva, forse non ci sono parole per tutto questo... o forse sono «troppo gelate per sciogliersi al sole» come cantava Fabrizio De Andrè quasi sessant’anni fa nel suo inno anti—bellico La guerra di Piero: ogni conflitto armato è questo grande freddo che congela tutto e tutti, cristallizza la vita succhiandole la linfa. Viene in mente un’altra canzone, Hanno ammazzato un angelo, del cantautore veneto Massimo Bubola, allievo e socio di De Andrè, scritta esattamente dieci anni fa e ispirata al fatto di cronaca del 3 gennaio 2012 quando due rapinatori aggredirono una famiglia di cinesi alla chiusura del bar di cui il padre era titolare e nella colluttazione rimase uccisa Joy, la bambina di nove mesi. Bubola canta questa impossibilità di cantare, di parlare, così come di piangere: «Cosa possiamo piangere se non abbiamo lacrime/ Cosa possiamo scrivere se non abbiamo pagine/ Cosa possiamo dire se non abbiamo voce/ Noi che non sappiamo stare ai piedi della Croce/ e non possiamo credere che morta sia Pietà». E il pensiero vola a Maria, questa giovane donna che è la Pietà, che parla così poco nel Vangelo, ma sta lì, silente, sotto la croce. Non da sola, perché accompagnata da Giovanni, e, ne siamo sicuri, dal dono delle lacrime. Un giovane sacerdote, pieno di zelo missionario, si recò a Calcutta da Madre Teresa e le chiese come poteva aiutarla; la madre lo spedì subito nel reparto dei malati più gravi, terminali. Lui passò una giornata in quel luogo. La sera s’incontrarono di nuovo: «come è andata?» gli chiese, «mah, non so che dire... stavo lì, avrei voluto fare molto di più, li ho visti morire e non ho saputo neanche dirgli una parola di conforto» rispose sconsolato il giovane prete. «Lei è stato lì, come la Madonna. Anche Maria era lì, sotto la croce, e non ha detto grandi parole. Ma stava lì».

di Andrea Monda