Presentato il messaggio di Francesco per la 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Nessuno dev’essere escluso

Migrants wait to disembark from a Spanish coast guard vessel, in the port of Arguineguin, in the ...
12 maggio 2022

«Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati»: su questo tema si celebra il prossimo 25 settembre la 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Per l’occasione è stato diffuso stamane il messaggio di Papa Francesco che pubblichiamo di seguito.

Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati


«Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura» (Eb 13, 14).

Cari fratelli e sorelle!

Il senso ultimo del nostro “viaggio” in questo mondo è la ricerca della vera patria, il Regno di Dio inaugurato da Gesù Cristo, che troverà la sua piena realizzazione quando Lui tornerà nella gloria. Il suo Regno non è ancora compiuto, ma è già presente in coloro che hanno accolto la salvezza. «Il Regno di Dio è in noi. Benché sia ancora escatologico, sia il futuro del mondo, dell’umanità, allo stesso tempo si trova in noi».1

La città futura è una «città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11, 10). Il suo progetto prevede un’intensa opera di costruzione nella quale tutti dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona. Si tratta di un meticoloso lavoro di conversione personale e di trasformazione della realtà, per corrispondere sempre di più al piano divino. I drammi della storia ci ricordano quanto sia ancora lontano il raggiungimento della nostra meta, la Nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21, 3). Ma non per questo dobbiamo perderci d’animo. Alla luce di quanto abbiamo appreso nelle tribolazioni degli ultimi tempi, siamo chiamati a rinnovare il nostro impegno per l’edificazione di un futuro più rispondente al progetto di Dio, di un mondo dove tutti possano vivere in pace e dignità.

«Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pt 3, 13). La giustizia è uno degli elementi costitutivi del Regno di Dio. Nella ricerca quotidiana della sua volontà, essa va edificata con pazienza, sacrificio e determinazione, affinché tutti coloro che ne hanno fame e sete siano saziati (cfr. Mt 5, 6). La giustizia del Regno va compresa come la realizzazione dell’ordine divino, del suo armonioso disegno, dove, in Cristo morto e risorto, tutto il creato torna ad essere “cosa buona” e l’umanità “cosa molto buona” (cfr. Gen 1, 1-31). Ma perché regni questa meravigliosa armonia, bisogna accogliere la salvezza di Cristo, il suo Vangelo d’amore, perché siano eliminate le disuguaglianze e le discriminazioni del mondo presente.

Nessuno dev’essere escluso. Il suo progetto è essenzialmente inclusivo e mette al centro gli abitanti delle periferie esistenziali. Tra questi ci sono molti migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta. La costruzione del Regno di Dio è con loro, perché senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole. L’inclusione delle persone più vulnerabili è condizione necessaria per ottenervi piena cittadinanza. Dice infatti il Signore: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36).

Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuno di loro può apportare al processo di costruzione. Mi piace cogliere questo approccio al fenomeno migratorio in una visione profetica di Isaia, nella quale gli stranieri non figurano come invasori e distruttori, ma come lavoratori volenterosi che ricostruiscono le mura della nuova Gerusalemme, la Gerusalemme aperta a tutte le genti (cfr. Is 60, 10-11).

Nella medesima profezia l’arrivo degli stranieri è presentato come fonte di arricchimento: «Le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli» (60, 5). In effetti, la storia ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi. Il loro lavoro, la loro capacità di sacrificio, la loro giovinezza e il loro entusiasmo arricchiscono le comunità che li accolgono Ma questo contributo potrebbe essere assai più grande se valorizzato e sostenuto attraverso programmi mirati. Si tratta di un potenziale enorme, pronto ad esprimersi, se solo gliene viene offerta la possibilità.

Gli abitanti della nuova Gerusalemme — profetizza ancora Isaia — mantengono sempre spalancate le porte della città, perché possano entrare i forestieri con i loro doni: «Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popoli» (60, 11). La presenza di migranti e rifugiati rappresenta una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e spirituale per tutti. Grazie a loro abbiamo la possibilità di conoscere meglio il mondo e la bellezza della sua diversità. Possiamo maturare in umanità e costruire insieme un “noi” più grande. Nella disponibilità reciproca si generano spazi di fecondo confronto tra visioni e tradizioni diverse, che aprono la mente a prospettive nuove. Scopriamo anche la ricchezza contenuta in religioni e spiritualità a noi sconosciute, e questo ci stimola ad approfondire le nostre proprie convinzioni.

Nella Gerusalemme delle genti il tempio del Signore è reso più bello dalle offerte che giungono da terre straniere: «Tutti i greggi di Kedàr si raduneranno da te, i montoni dei Nabatei saranno a tuo servizio, saliranno come offerta gradita sul mio altare; renderò splendido il tempio della mia gloria». (60, 7). In questa prospettiva, l’arrivo di migranti e rifugiati cattolici offre energia nuova alla vita ecclesiale delle comunità che li accolgono. Essi sono spesso portatori di dinamiche rivitalizzanti e animatori di celebrazioni vibranti. La condivisione di espressioni di fede e devozioni diverse rappresenta un’occasione privilegiata per vivere più pienamente la cattolicità del Popolo di Dio.

Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, giovani! Se vogliamo cooperare con il nostro Padre celeste nel costruire il futuro, facciamolo insieme con i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti e rifugiati. Costruiamolo oggi! Perché il futuro comincia oggi e comincia da ciascuno di noi. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni la responsabilità di decisioni che è necessario prendere adesso, perché il progetto di Dio sul mondo possa realizzarsi e venga il suo Regno di giustizia, di fraternità e di pace.

Preghiera

Signore, rendici portatori di speranza,
perché dove c’è oscurità regni la tua luce,
e dove c’è rassegnazione rinasca la fiducia nel futuro.

Signore, rendici strumenti della tua giustizia,
perché dove c’è esclusione fiorisca la fraternità,
e dove c’è ingordigia prosperi la condivisione.

Signore, rendici costruttori del tuo Regno
Insieme con i migranti e i rifugiati
e con tutti gli abitanti delle periferie.

Signore, fa’ che impariamo com’è bello
vivere tutti da fratelli e sorelle. Amen.

Roma, San Giovanni in Laterano, 9 maggio 2022

Francesco


1 S. Giovanni Paolo II, Discorso nella visita alla Parrocchia romana dei SS. Francesco d’Assisi e Caterina da Siena Patroni d’Italia, 26 novembre 1989.


Con le periferie dell'umanità


«Signore, rendici costruttori del tuo Regno insieme con i migranti e i rifugiati e con tutti gli abitanti delle periferie». Questa preghiera del Papa, contenuta nel suo messaggio per la 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, ha fatto da filo conduttore agli interventi della conferenza stampa di presentazione del documento, svoltasi nella mattina di giovedì 12 maggio, nella Sala stampa della Santa Sede.

«Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati» è il tema della Giornata, che sarà celebrata domenica 25 settembre.

Nel corso dell’incontro è stato presentato il primo video, con la partecipazione di Francesco,  per la campagna di preparazione all’appuntamento.

Hanno preso la parola padre Fabio Baggio, sotto-segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, con la responsabilità della Sezione migranti e rifugiati e dei progetti speciali; Pascale Debbané, di origine libanese, officiale della stessa Sezione migranti; e il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento, membro del Dicastero.

«In un mondo profondamente segnato dalla crisi pandemica e da emergenze umanitarie vecchie e nuove — ha detto padre Baggio — Papa Francesco ribadisce con vigore l’impegno comune a costruire un futuro che risponda sempre di più al progetto di Dio, un futuro di pace e prosperità, il Regno di Dio».

«Il futuro va costruito “con” i migranti e i rifugiati — ha insistito il sotto-segretario del Dicastero citando il Papa — così come con tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, con gli scartati e gli emarginati, perché nessuno rimanga escluso. Questa inclusione è conditio sine qua non perché “senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole”. Ma “costruire con” significa anche riconoscere e promuovere il contributo dei migranti e dei rifugiati a tale opera di costruzione, perché solo così si potrà edificare un mondo che assicuri le condizioni per lo sviluppo umano integrale di tutti».

Nel suo messaggio Papa Francesco «fa ampio riferimento alla visione profetica di Isaia (capitolo 60) nella quale l’arrivo degli stranieri è presentato come un’opportunità di arricchimento sociale ed economico per la nuova Gerusalemme», ha proseguito padre Baggio. E «la storia ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi».

Inoltre, ha fatto presente, il Pontefice «evidenzia come la presenza di migranti e rifugiati rappresenta anche un’occasione di crescita culturale e spirituale per le comunità che le accolgono». E così, ha affermato padre Baggio, «dal messaggio si evince come i migranti e i rifugiati cattolici siano una vera “benedizione” per le Chiese locali, in quanto permettono di vivere più pienamente la cattolicità».

Secondo il Papa, «“costruire il futuro” è un imperativo che si declina in prima persona plurale» ha aggiunto. «È un dovere e un impegno di tutti che deve cominciare da subito. Non c’è tempo da perdere se davvero vogliamo che il progetto di Dio sul mondo si realizzi davvero» ha concluso padre Baggio, ricordando la «preghiera dai toni squisitamente francescani» che suggella il messaggio.

Pascale Debbané ha, anzitutto, condiviso la propria esperienza personale di migrante che arricchisce «la missione affidatami oggi alla Sezione» del Dicastero. Dal Libano, «durante la guerra,  la mia famiglia è dovuta emigrare in Canada. Siamo stati accolti calorosamente e ci siamo integrati rapidamente nella comunità locale attraverso la scuola, la parrocchia e le varie attività a cui partecipavamo» ha raccontato.

«Da adolescente mi sentivo molto in colpa per aver lasciato il mio Paese» ha confidato, spiegando:  «L’integrazione è stata impegnativa. Ero piena di rabbia, tristezza e frustrazione. Purtroppo non riuscivo a nasconderli e spesso mi trovavo nei guai! Per fortuna, il mio insegnante mi aiutò a esprimere la mia rabbia facendomi scrivere ogni giorno su un diario che doveva correggere per valutare le mie capacità di scrittura. Non eravamo della stessa religione, ma la sua empatia nei miei confronti mi ha fatto sperimentare la gentilezza e ha superato i confini del pregiudizio. A mia volta, sono stata in grado di condividere questa apertura quando sono tornata nel mio Paese dopo la guerra».

«Oggi lavoro nella Sezione migranti e rifugiati, assistendo le Chiese locali del Medio Oriente» ha proseguito Debbané. «Attraverso il meticoloso lavoro di conversione personale e di trasformazione della realtà — ha detto —  ho dovuto perdonare e guarire per poter svolgere la mia missione di coordinatore regionale. La gentilezza umana che ho ricevuto allora ha avuto un ruolo fondamentale nell’aiutarmi a guarire e a capire la fraternità». E a poter aiutare ora altri migranti.

Da parte sua, il cardinale Montenegro ha ricordato che «il Papa ci invita a riflettere sul legame profondo che c’è tra la dimensione della vita eterna verso la quale ci muoviamo e il presente della storia che appare così confuso e preoccupante a motivo di quello che sta succedendo (guerre, emarginazioni, disuguaglianze). Sembra ci sia una distanza abissale tra l’annuncio della dimora celeste affidato alla Chiesa, carico di speranza, e la storia abitata dagli uomini».

«Il Papa ci invita a passare dalla logica della semplice accoglienza a quella evangelica della fraternità universale in cui l’altro — e in particolare il povero — è il fratello col quale sono chiamato a camminare» ha spiegato il porporato, forte anche della sua esperienza ad Agrigento. «Non ci sono alcuni che accolgono e altri che vengono accolti, ma fratelli che dobbiamo amare, imparando a fare della diversità culturale, religiosa o sociale una grande opportunità di crescita per tutti».

 Ciò che avviene a Lampedusa, ha ricordato, «con il continuo arrivo di migranti, ha scosso non solo quella comunità parrocchiale e la diocesi agrigentina, ma il mondo intero. Cosa fare di fronte a migliaia di persone che ogni giorno arrivano con mezzi di fortuna? Cosa fare quando, come nel 2013, diverse centinaia di loro affondarono a pochi metri dalla costa perdendo la vita?».

«Quando ti trovi di fronte a questi fatti ti accorgi che solo il principio della fraternità ti può aiutare» ha detto il cardinale Montenegro. «Se riesci a guardare negli occhi quell’uomo, quella donna o quel bambino — ha aggiunto — capisci che è uguale a te, che è tuo fratello. In quell’istante cadono tutte le distinzioni, le diatribe politiche, le logiche dei numeri o le normative di questo o di quel Paese. Quegli occhi ti dicono la dignità di quella persona prima e più della sua appartenenza a un paese o a una religione. Costruire il futuro richiede questo sguardo sull’altro libero da ogni pregiudizio e da ogni privilegio». 

«Il Papa insiste molto sul fatto che questa prospettiva può rivelarsi una opportunità di crescita per tutti» ha proseguito. E «la storia ci insegna che laddove il futuro lo si è costruito in una logica inclusiva, alla fine, ci hanno guadagnato tutti, non solo in termini di rispetto ma anche economicamente e culturalmente».

«Il Papa rivolge l’appello a tutti e in particolare ai giovani» ha concluso il cardinale, rilevando che «tante realtà associative, cattoliche e non, si accostano al migrante e al rifugiato proprio con lo spirito auspicato da Francesco. Ai giovani viene spontaneo abbattere le barriere. Sentono il futuro come la loro casa e credo che dobbiamo fidarci di più del loro istinto per costruire percorsi di integrazione fra tutti i popoli della terra».