Bergoglio e la vecchiaia

 Bergoglio e la vecchiaia  QUO-106
10 maggio 2022

Da settimane Papa Bergoglio sta dedicando le catechesi del mercoledì al tema della vecchiaia. Mi sono perciò tornate in mente le sue idee a tale proposito, espresse dieci anni fa in una puntata del programma televisivo Biblia, diálogo vigente interamente dedicata al tema della vecchiaia, affrontato dall’allora cardinale Jorge Bergoglio, dal rabbino Abraham Skorka e dal sottoscritto.

Nell’introduzione del libro, che contiene le trentuno puntate del programma, ho raccontato quanto segue. Nel 2008, mentre camminavo nel parco “La Montonera”, a Pilar, nella provincia di Buenos Aires, ho avuto con il cardinale Bergoglio una delle tante conversazioni amichevoli che ora ricordo e rivaluto, e che mi mancano tanto. L’allora cardinale mi raccontò che frequentava le case di riposo per anziani e quelle per i sacerdoti. Mi citò con precisione nomi, cognomi e storie delle persone che era solito visitare con l’unico scopo di dedicare loro il suo tempo, ascoltarle e abbracciarle. Mi disse però una cosa che mi diede molto da pensare. Mi confessò che si sentiva in debito con loro, perché gli faceva bene andare lì, «para no creérmela» — “per non montarmi la testa” —, frase che ripeteva spesso. Quelle visite lo aiutavano a capire che anche lui un giorno sarebbe diventato come loro, anziani, dimenticati e in qualche caso scartati.

Spesso lo avevo sentito parlare pubblicamente di quella che chiamava «la cultura del volquete» — “la cultura della discarica” —, luogo metaforico che rende bene l’idea che gli anziani vengono buttati in un posto destinato alle cose che non servono più a niente e al tempo stesso vengono nascosti allo sguardo e all’amore delle persone a loro care.

Il cardinale Bergoglio amava andare “alle discariche” e mescolarsi con gli anziani, bere mate, ascoltare musica o celebrare messa con loro. In quel momento gli promisi che quando lui fosse diventato anziano e si fosse ritirato, io sarei andato a visitarlo nella casa di riposo. Ora so che non sarà possibile. Ma mi ha lasciato quell’insegnamento affinché anch’io visitassi gli anziani, per amarli e per “non montarmi la testa”.

In questo articolo desidero ricordare quel dialogo biblico tra tre rappresentanti delle religioni abramitiche e le parole dette da colui che ora è Papa Francesco. Da esse si desumono non solo concetti importanti, ma anche lo sguardo di un decennio fa che appare come uno specchio coerente delle parole pronunciate nelle catechesi attuali. Diceva il cardinale Bergoglio: «L’anziano, oltre alla saggezza, alla sapienza che Salomone chiede nella sua preghiera, deve prepararsi all’ultima tappa della vita e chiedere saggezza per viverla bene, con dignità e servizio. Inoltre è l’anziano a portare avanti la storia. È curioso come Dio si autodefinisce: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe”, ossia il Dio dei tuoi predecessori, dei tuoi avi, di quanti ti hanno trasmesso la storia. C’è un ricorso continuo nel cammino compiuto dai nostri anziani. L’anziano di oggi è in quella nube, in quella catena di testimoni di cui parla la Bibbia, attraverso la quale si è rivelata la salvezza di Dio. È un’intera catena di cui Dio si occupa molto, perché non si perda. Mi torna in mente il capitolo 26 del Deuteronomio dove Dio dice al popolo eletto che quando giungerà alla terra che gli ha donato e abiterà la casa che non ha edificato e mangerà il frutto degli alberi che non ha piantato, andrà al tempio con le primizie e dirà: “Mio padre era un Arameo errante”».

«C’è tutta una storia dietro di me e i miei genitori; e l’anziano, in qualche modo, riflette questa memoria continua che la storia non è iniziata con me. Perciò un popolo che non assiste i suoi anziani non solo nega la sua storia, ma ipoteca anche il suo futuro. Bisogna ascoltarli e prenderli sul serio perché il loro essere “sapienziali” è buon consigliere».

«C’è un testo nella Bibbia che mi colpisce in modo particolare, mi pare che si trovi al capitolo 12 del primo libro dei Re. Quando Roboamo, figlio di Salomone, viene proclamato re, quanti erano sottoposti a molte tasse gli dicono che se lui le ridurrà lo seguiranno. Ma Roboamo risponde loro di ritornare dopo tre giorni. Poi chiama gli anziani che lo ascoltano e gli consigliano di abbassare le tasse, perché così li avrà sempre come amici. Gli anziani vanno via e Roboamo chiama i giovani che gli suggeriscono di non abbassare le tasse, anzi di raddoppiarle. Acuiscono il problema, non hanno il senso della storia. Il risultato è la rottura. L’anziano ha senso del consiglio grazie alla sapienza che ha acquisito con il tempo. I giovani sono più impetuosi — come in questo esempio della Bibbia — e portano alla rovina».

«Mi ricordo una volta, avrò avuto più o meno 24 anni, ed era sorto un problema. Andai da un sacerdote anziano a chiedere consiglio e gli dissi: “Guardi, c’è un problema e lo risolvo così: lo mando al diavolo a quello”. L’unica cosa che mi disse quell’uomo che parlava a bassa voce fu: “Nella vita, se non è per un motivo molto grave, non conviene rompere nessun rapporto”. Non ho mai dimenticato quel consiglio».

«Poi c’è l’altro punto, che è il disprezzo dell’anziano, la tentazione di disprezzarlo per il suo decadimento fisico. L’anziano a volte ha problemi fisici involontari che repellono, che non rendono gradevole la sua vicinanza. Mi ricordo sempre di una storia che mi raccontava mia nonna. Dice che, in una famiglia, il nonno stava invecchiando e quando mangiava la minestra gli cadeva di bocca, sbavava e si sporcava. Allora il papà, un giorno, riunì la famiglia e disse: “Guardate, il nonno non può più mangiare con noi, non possiamo avere invitati se c’è il nonno”. Quindi prese un tavolo e lo mise in un’altra stanza perché il nonno mangiasse lì. Un giorno il papà tornò dal lavoro, i figli lo salutarono e vide il più piccolo con una cassetta di mele e alcuni chiodi e gli domandò: “Che cosa stai facendo?”. Il bambino gli rispose: “Sto facendo un tavolo”. Il padre gli chiese nuovamente: “Un tavolo per che cosa?”. E il figlio disse: “Per quando sarai vecchio, perché tu ci possa mangiare”».

«L’anziano, nonostante il suo decadimento fisico, continua a essere la tua carne, colui che ti ha dato la vita, e continua ad avere saggezza, anche se sbava o odora di urina. Nella Bibbia c’è un esempio che mi dice molto, un testo che rileggo spesso, perché mi appaga. È il capitolo 2 di san Luca. È particolare, dice che Simeone e Anna sono mossi dallo spirito. E il loro incontro con Gesù bambino al tempio è l’incontro tra le generazioni. Fanno una liturgia celebrativa, lodano Dio, cantano e vogliono raccontare a tutti chi è quel bambino, ossia celebrano. A volte dobbiamo prestare attenzione e creare spazi affinché l’anziano possa avere questa capacità celebrativa».

Spero che nel lettore di questo articolo i concetti esposti suscitino la stessa sensazione che producono in me: un’eco che proviene da un decennio fa che ci regala una visione nuova per rileggere le catechesi attuali di Papa Francesco.

di Marcelo Figueroa