In Perú il cardinale Porras Cardozo beatifica suor María Agustina de Jesús Rivas López

Il martirio mostra l’insensatezza della violenza

 Il martirio mostra l’insensatezza della violenza  QUO-105
09 maggio 2022

Il martirio di suor María Agustina de Jesús Rivas López, detta Aguchita, è un potente invito a riflettere sulla «insensatezza della violenza, del crimine, dell’ingiustizia», e sulla «nefandezza delle ideologie per le quali la vita umana non conta». Lo ha sottolineato il cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, amministratore apostolico di Caracas, nel presiedere — in rappresentanza di Papa Francesco — la beatificazione della religiosa della congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore. Il rito è stato celebrato a la Florida, nella selva amazzonica del Perú, sabato pomeriggio, 7 maggio.

«L’uso indiscriminato delle armi — ha sottolineato il porporato — lascia solo morte e desolazione, non risolve i veri problemi della convivenza umana». L’auspicio è che la guerriglia e la guerra spariscano per sempre «dal mondo intero e da questa terra benedetta della foresta amazzonica». Da qui l’invito a cercare di guarire il dolore e il disprezzo, costruendo lentamente «la globalizzazione della solidarietà senza lasciare nessuno ai margini».

Della vita di suor Aguchita il cardinale celebrante ha delineato alcuni aspetti importanti, a partire dalla sua origine. Era «figlia di questa terra di Ayacucho» ha ricordato Porras Cardozo. E proprio queste radici costituivano «il suo primo amore, il riferimento e l’interesse permanente nel suo lavoro». Ella accettò con gioia «l’obbedienza di essere missionaria nel vicariato di San Ramón, nonostante i suoi malanni», non tirandosi indietro ma affrontando tutto con determinazione ed entusiasmo.

Il cardinale ha anche fatto notare che la sua famiglia è stata il grembo che l’ha nutrita per la vita e la vocazione cristiana. L’esempio dei suoi genitori, Damaso e Modesta, è stato «la prima scuola dove furono forgiate le sue virtù umane e cristiane». La prima Chiesa, ha evidenziato, «è la casa: non sprechiamo il ruolo che gioca nel formare la personalità integrale dei suoi membri». La sua gioia nell’apprendere che il fratello César stava abbracciando la vita religiosa come redentorista fu un «altro frutto della semina familiare». Questo costituisce un richiamo a riscoprire «il lavoro tenace e la priorità che dobbiamo dare alla pastorale della famiglia», nella consapevolezza che la strada non è quella di «condannare o scartare» ma, al contrario, di tener conto del fatto che «i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici impediscono francamente un’autentica vita familiare». Perciò, senza allontanarsi dai problemi reali della gente, si devono proporre valori rispondenti alle attese più profonde della persona umana. Suor Aguchita si riferiva sempre alle «sue virtù cristiane, ai mestieri che aveva imparato con i suoi genitori, alla sua preoccupazione come sorella maggiore per i suoi numerosi fratelli, alla sua vicinanza alla parrocchia, a ciò che aveva imparato in casa».

Le sue virtù erano la semplicità, l’umiltà, il senso del lavoro, la disponibilità: il tutto vissuto con un atteggiamento amorevole e distaccato. In particolare, l’amore per i poveri, con l’atteggiamento del buon samaritano, era un atteggiamento imparato proprio tra le mura di casa. Fin dall’infanzia, «l’opzione preferenziale per i poveri era all’orizzonte della sua vita spirituale e del suo servizio misericordioso».

La sua spiritualità, ha spiegato il cardinale, si «è nutrita della ricca religiosità popolare della nostra gente semplice». Maria, san Giuseppe e la lettura orante della Bibbia hanno fatto parte delle sue prime devozioni e l’hanno accompagnata per tutta la vita. «Questa — ha messo in evidenza — è un’ulteriore prova della fede radicata del nostro popolo: quel sensus fidei, quella specie di istinto che ogni battezzato possiede per riconoscere e apprezzare ciò che è di Dio, ciò che è genuinamente cristiano, che permea tutto il suo essere e si manifesta in un profondo amore per la Chiesa».

È sorprendente vedere, ha ricordato ancora il porporato, come la vocazione mistica di suor Aguchita «fosse viva e vegeta fin dalla più tenera età». Sono pochi gli scritti che ha lasciato, ma «sono sufficienti per misurare la profondità del suo amore per Dio e il suo servizio al prossimo». Il significato oblativo della vita cristiana e della vita religiosa era per lei «un dolce balsamo quando i dubbi, le tentazioni o la stanchezza» cercavano di prendere il sopravvento.