Kiev si dice pronta al dialogo ma da Mosca per ora nessuna risposta

Il negoziato unica via d’uscita

epa09917389 A Ukrainian serviceman inspects the situation at their position near the New York ...
30 aprile 2022

Kiev , 30. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, tiene aperta la porta del dialogo con il Cremlino. Ai media polacchi, Zelensky ha infatti detto di essere pronto a incontrare il presidente russo, Vladimir Putin, nonostante le atrocità commesse dai soldati di Mosca durante la vasta invasione miliare in Ucraina, entrata oggi nel sessantaseiesimo giorno. Zelensky ha detto che è pronto al faccia a faccia con Putin perché in Russia «un solo uomo decide tutto», anche se ha tenuto a precisare che il rischio di un fallimento dei negoziati «è molto alto». Ma «se c’è una sola possibilità, dovremmo parlare», ha affermato il presidente ucraino.

Ed è ciò che ci si augura, perché dalla guerra non si esce alimentandola sul campo e infiammandola con dichiarazioni minacciose, ma dialogando e negoziando i termini prima di un cessate il fuoco e poi di una pace giusta e duratura. Sbloccare il negoziato. È questo l’obiettivo primario e più urgente.

Da Mosca però non è ancora giunta alcuna risposta all’apertura di Kiev. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha attribuito lo stallo attuale del negoziato alla Nato, accusata di evocare spettri di guerra nucleare, che il Cremlino invece, ha precisato, esclude categoricamente. «Stiamo assistendo — ha affermato Lavrov all’agenzia di stampa cinese Xinhua — alla manifestazione del classico doppio standard e dell’ipocrisia dell’establishment occidentale in questo momento. Esprimendo pubblicamente sostegno al regime di Kiev, i Paesi della Nato stanno facendo di tutto per impedire il completamento dell’operazione attraverso il raggiungimento di accordi politici».

Lavrov ha poi accusato Kiev di avere seminato mine nel Mar Nero minacciando la navigazione. E ha assicurato che Mosca «intende continuare a rispettare in modo equo i suoi impegni nell’ambito dei contratti internazionali relativi alle forniture di esportazione di alimenti, fertilizzanti, risorse energetiche e altri prodotti sensibili».

Ma se il capo della diplomazia di Mosca afferma che la Russia non è in guerra con la Nato, la propaganda diffonde una mappa che mostra la traiettoria e i tempi con cui Sarmat, il nuovo missile balistico intercontinentale russo, raggiungerebbe le principali capitali europee: 106 secondi per Berlino, 200 per Parigi e 202 per Londra. Lo scrive il portale polacco Onet citando analisti politici che stanno conducendo monitoraggi sui contenuti diffusi in Russia. Il nuovo missile è stato testato con successo nei giorni scorsi, secondo quanto annunciato da Mosca.

Intanto, sul campo, la Russia sta aumentando la pressione militare nell’est ucraino, nella regione di Kharkiv, rallentando l’avanzata nel Donbass, mentre continua la resistenza nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, dove è in corso l’ennesimo tentativo di evacuazione dei civili, tra cui 600 feriti, dopo che anche quello previsto ieri, come altri in precedenza, non ha avuto luogo.

La situazione nella fabbrica assediata è «più di una catastrofe umanitaria», ha detto alla Cnn il maggiore ucraino Serhiy Volyna, spiegando che nell’acciaieria, oltre a un migliaio di militari del, battaglione Azov, ci sono ancora centinaia di persone, inclusi 60 bambini, il più piccolo dei quali ha soli 4 mesi. A causa dei ripetuti attacchi russi, ha aggiunto, nell’acciaieria Azovstal «scarseggiano medicine, acqua e cibo».

Intanto, dopo otto anni di mandato, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha annunciato ufficialmente la fine della sua missione di osservazione in Ucraina: è la conseguenza del veto posto al suo rinnovo il 31 marzo proprio dalla Russia. «La posizione di Mosca non ci ha lasciato altra scelta», ha commentato in una nota l’Osce.

Tutte le decisioni dell’Osce sono adottate per consenso e Mosca ha bloccato, per la prima volta, poco meno di un mese fa, l’estensione del mandato della missione. Il processo era stato avviato nel 2014, dopo lunghi negoziati tra Occidente e la Russia, allo scopo di monitorare l’applicazione del cessate il fuoco tra l’Ucraina e le due regioni separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk; un processo legalmente convalidato da Mosca e dalle Nazioni Unite nel quadro degli accordi di Minsk. E da allora, l’Osce era stato l’unico organismo internazionale a documentare la situazione sul campo.