L’urgenza di parole di pace

epa09849862 A woman sits with a baby on a bus as they with other people who fled from the besieged ...
26 aprile 2022

Da quando la Russia ha invaso proditoriamente l’Ucraina, due mesi fa, di parole su questa guerra — se possibile più inspiegabile e assurda di altre, ma non meno orribile e brutale — ne sono state dette tante. Parole per giustificarla, parole per raccontarla, parole per condannarla. Ma sono state perlopiù parole di guerra.

Le parole della diplomazia e della politica non sono finora riuscite a farsi udire nel fragore incessante delle armi. Forse la parola pace non è stata proposta con la necessaria determinazione. Tanto che nella preoccupante escalation militare e verbale di queste ultime ore — con il rischio di un allargamento a ovest del conflitto e con l’agitato spettro di una guerra mondiale — viene da pensare che in questo momento la pace non sia un’opzione realmente contemplata dalle parti in conflitto, e non solo quelle che si fronteggiano sul campo. Un campo sempre più intriso di sangue, sempre più disseminato di macerie.

A pronunciare parole di pace, a implorare la pace è rimasto solo il Papa. Quella pace urgente, gridata e attesa da quanti sono sotto le bombe, costretti nei rifugi; da quanti sono fuggiti dalle proprie case e sperano di potervi tornare presto. Quella pace che andrebbe cercata con ogni mezzo, adesso, prima che sia troppo tardi.

Anche se per la pace non è mai troppo tardi. Perché ogni giorno di guerra in più è un giorno di troppo.

di Gaetano Vallini