Il racconto

Se gli adolescenti
sono ancora in piazza

 Se gli adolescenti sono ancora in piazza  QUO-090
20 aprile 2022

Se i bambini ucraini che stamani sono arrivati da Caserta continuano a tracciare disegni di pace — li hanno donati personalmente al Papa — significa che si può puntare su un futuro di speranza, senza più guerre.

E se dopo aver ascoltato, lunedì, l’invito di Francesco ad avere «fiuto per la verità e la vita», stamani, all’udienza generale, oltre 1.600 adolescenti italiani hanno “respirato” e “condiviso” la sua catechesi sul valore della vecchiaia, vuol dire che c’è ancora spazio per “investire” sul futuro.

Ecco il dirompente messaggio che è stato prima vissuto e poi lanciato in questo mercoledì di Pasqua in una piazza San Pietro ancora “vestita” dai coloratissimi fiori olandesi e sloveni. Ma anche dagli abiti tradizionali ucraini, indossati da coloro che facevano parte del gruppo accompagnato dal vescovo di Caserta, monsignor Pietro Lagnese, e dai volontari della Caritas diocesana.

Per i 1.600 adolescenti milanesi che stanno vivendo l’esperienza del pellegrinaggio a Roma — finalmente insieme, dopo tante chiusure — l’incontro del Lunedì dell’Angelo con Francesco non si è ancora concluso. Sta continuando con uno slancio particolare, perché proprio gli adolescenti — il Papa lo ha ricordato lunedì — hanno pagato un conto salato alla pandemia.

Don Giuliano Guidetti è da due anni assistente spirituale nel reparto Covid-19 dell’ospedale Magati di Scandiano, nella diocesi di Reggio Emilia - Guastalla. Anche lui parla di «momenti faticosi ed emotivamente forti». Svolge il suo servizio «in mezzo a operatori sanitari, dottori, infermieri, molto bravi che hanno vissuto, e ancora vivono» situazioni complesse per la pandemia. E con alcuni di loro, racconta il sacerdote, «è nata la proposta di incontrare Francesco», proprio per condividere questa grande esperienza. Culminata con un significativo momento di preghiera insieme al Papa. “Siamo qui” hanno scritto gli operatori sanitari in uno striscione. E si sono voluti presentare con il camice bianco, simbolo del loro lavoro che è anzitutto servizio alla persona che soffre. E un camice, con sopra i loro nomi scritti coi pennarelli colorati, è stato donato a Francesco.

In piazza, stamani, c’era anche la voce del popolo di Bergamo. A marzo 2020, nel pieno della prima, drammatica, ondata della pandemia che ha colpito duramente la città lombarda, le oltre 300 imprese artigiane locale hanno reso possibile la veloce trasformazione della Fiera in un ospedale da campo, capace di 142 posti letto, 72 dei quali per la terapia intensiva e sub-intensiva. Non sono solo numeri quelli che presenta Giacinto Giambellini, presidente della Confartigianato bergamasca. «A quasi due anni di distanza da quei terribili e difficili giorni» la memoria viva torna al quel «rapido passaparola e un innato senso di solidarietà» delle imprese che hanno offerto «più di ventimila ore di lavoro».

Particolarmente significativo, inoltre, l’incontro del Papa con don Giovanni Salatino e alcuni suoi collaboratori che si occupano di accoglienza e inclusione di migranti e rifugiati a Milano. Tra loro, Roberta Biagiarelli, regista e attrice teatrale, Fausta Omodeo-Sale, presidente dell’associazione “Rete Milano”, Agostino Zanotti, responsabile della rete di associazione italiane “Ri-volti ai Balcani” come anche Gianfranco Schiavone, esperto del diritto dei profughi .

Francesco ha benedetto la statua di san Michele Arcangelo che sarà ora collocata nel piazzale della parrocchia romana della Sacra Famiglia a Villa Troili.

Ed è una storia particolare, semplice, tra le pieghe della grande città: alcuni anni fa venne rubata una statua di san Michele, posta nel parco giochi della comunità. La ditta Arte Sacra e un parrocchiano, Massimo Piccioni, hanno voluto provvedere a ricollocare la statua. Massimo, in particolare, nel ricordo della moglie Luisa.

Una rappresentanza di cinque carabinieri del Comando per la tutela del patrimonio culturale ha presentato al Papa il volume L’arte di salvare l’arte. Frammenti di storia d’Italia, testimonianza della capillare attività di preservazione portata avanti dal 3 maggio 1969.

Rosario Chimenti è il direttore dello storico convitto “Paolo Colosimo” di Napoli, sorto a inizio del Novecento per assistere ipovedenti e non vedenti. Chimenti lo definisce «un baluardo ed emblema per i servizi socio-formativi ed educativi, e polo di riferimento per l’integrazione e la riabilitazione dei non vedenti nell’Italia centro meridionale». Oggi, aggiunge, c’è bisogno «di servizi capaci di sostenere psicologicamente e personalmente i percorsi di crescita umana e professionale».

di Giampaolo Mattei