Giunta in Vaticano una lettera dalle zone di guerra

La popolazione assediata scrive al Papa

Local resident Tamara, 71, cries in front of an apartment building destroyed during Ukraine-Russia ...
20 aprile 2022

La trappola è mortale e per questo il grido di aiuto cerca di arrivare il più in alto possibile, oltre le traiettorie dei missili. Arrivare fino al Papa, «ultimo baluardo della speranza».

Sembra quasi di udire il rimbombo dell’artiglieria che martella inesorabile dietro le parole del lungo, dignitoso e disperato appello rivolto a Francesco dalle «madri, mogli e figli dei difensori di Mariupol», come si firmano gli autori della lettera giunta in Vaticano tra le mani del cardinale Michael Czerny, che ai media vaticani sottolinea come questa «lettera indirizzata al Santo Padre dia evidenza di ciò che lui ha detto fin dall’inizio», soprattutto durante il messaggio Urbi et Orbi di Pasqua, «quando ha parlato chiaramente della irrazionalità totale della guerra».

A recapitare la missiva al prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale è stato il giornalista Saken Aymurzaev, della televisione statale ucraina Uatv-channel. Due pagine che sono uno spaccato di quello che le cronache raccontano da troppe settimane sull’agonia della città-martire del conflitto ucraino.

Una città, si legge, «ridotta in cenere», sotto attacco «24 ore su 24», epicentro di «una catastrofe umanitaria senza precedenti nell'Europa del xxi secolo» che certamente «solleverà — si afferma — ancora una volta la questione dell’inammissibilità dell’assedio delle città», con il suo corredo di «attacchi indiscriminati», distruzioni ingiustificate e sofferenze inenarrabili per chi invece il diritto internazionale umanitario protegge.

«Santo Padre, è ancora possibile aiutare i sofferenti», nonostante il numero di chi non ce la fa «aumenti ogni giorno», è l’invocazione al Papa. Al quale le donne e i figli di chi ancora resiste a Mariupol — tra cui circa cento donne in divisa, per lopiù medici e cuochi — fanno sapere della presenza di centinaia di feriti tra civili e militari, privi di qualsiasi cura per l’esaurimento di medicinali e disinfettanti, e che dunque «devono essere evacuati dal campo di battaglia».

In particolare, le pagine descrivono la situazione dello stabilimento di Azovstal, l’acciaieria diventata il fronte dello scontro decisivo, al cui interno, accanto all’esercito ucraino, ci sono ancora circa mille civili. «All’inizio dei combattimenti — si legge nello scritto — queste persone pensavano che vivere con i militari avrebbe dato loro non solo sicurezza, ma anche l’opportunità di ricevere cibo, acqua e cure mediche». E invece per tante donne e bambini quello che sembrava un fortino ora è diventato una «trappola», irraggiungibile anche solo per «consegnare cibo e acqua potabile».

«Questa petizione disperata — chiarisce il cardinale Czerny — è indirizzata anche a tutti coloro che hanno la possibilità di aiutare con i corridoi umanitari, con un cessate-il-fuoco, che è esattamente ciò di cui la situazione necessita in questo momento». Momento in cui, soggiunge il porporato, accanto alla fede e alla gioia della Risurrezione, dobbiamo saper portare «contemporaneamente la sofferenza e l’agonia dei nostri fratelli e sorelle in Ucraina e anche dei tanti altri posti nel mondo dove c’è questa terribile irrazionalità della guerra».

«Le donne, i bambini e i feriti non meritano una tale morte agli occhi del mondo», sono «i martiri di oggi», conclude la lettera-grido a Francesco. «Il Suo aiuto nella loro evacuazione da Mariupol diventerà un atto veramente paterno, l’aiuto di un buon pastore e un vero atto di misericordia».

di Alessandro De Carolis