
Veniamo tutti da due anni difficilissimi e per certi versi terribili. Abbiamo visto morire, a causa della pandemia, gente che conoscevamo e ci era familiare. Abbiamo visto persone intubate e quasi crocifisse ai letti delle terapie intensive. Abbiamo percepito l’angoscia degli anziani completamente segregati dagli affetti familiari; poi il disagio dei bambini imprigionati in mini appartamenti dalla “didattica a distanza”; quindi le fatiche dei giovani indotti ancor di più a isolarsi nella rete pur di conservare un minimo di relazioni. Abbiamo conosciuto le fatiche dei lavoratori e delle lavoratrici che in molti casi hanno semplicemente perso il proprio lavoro a causa di chiusure più o meno intermittenti. E i poveri sono diventati ancora più poveri, senza vaccino, senza terapie, senza sostegno, senza niente. Non è mancato nemmeno il disagio dei fedeli e dei credenti, spesso impossibilitati a radunarsi per ascoltare insieme la Parola di Dio e insieme pregare, per ricevere il Corpo del Signore, talvolta nell’impossibilità di confessarsi e riconciliarsi, non raramente costretti a morire senza il conforto di una preghiera, di una parola di speranza, di una carezza e di un’assoluzione.
Quello che è accaduto in tutto il mondo è accaduto anche in Terra Santa. In questa situazione abbiamo cercato di continuare la nostra missione. Di sostenere, anche materialmente, soprattutto le comunità più deboli: la comunità di Betlemme e quella della Città vecchia di Gerusalemme, senza più pellegrini e senza lavoro; le comunità del Libano, disastrato da una crisi economica e politica sempre più incancrenita; quelle della Siria, prigioniera di una guerra che sembra non finire. Nei santuari abbiamo intensificato la preghiera, dando voce al grido di tutta l’umanità. Nelle parrocchie abbiamo continuato a celebrare e a stare accanto alle persone, ai fedeli locali, ai lavoratori migranti e ai rifugiati. Nelle scuole abbiamo cercato di educare alla fraternità e alla speranza. Nei centri di studio abbiamo accolto e formato giovani frati, ma anche sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche provenienti da tutto il mondo.
In questo Venerdì santo non dimenticatevi di noi, non dimenticatevi dei vostri fratelli e delle vostre sorelle che vivono in Terra Santa. Aiutateci secondo le vostre possibilità, aiutateci secondo la generosità del vostro cuore, aiutateci nella misura del possibile. Gesù di Nazareth, chicco di grano seminato dal Padre nei solchi oscuri della nostra storia umana, ha accettato di spogliarsi della sua condizione divina per condividere la nostra esistenza umana fino alla morte di croce, ed è risorto per donarci la possibilità, la speranza e l’esperienza di diventare Figli di Dio, per sempre.
Nel nome di Colui che ha donato tutto se stesso per arricchirci mediante la sua povertà (2 Corinzi, 8, 9), aiutateci a continuare la nostra missione: siate generosi nel condividere e non dimenticate mai le parole del Signore Gesù: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti, 20, 35).
*Custode di Terra Santa
di Francesco Patton*