Bailamme

L’Averno rosso e il pianto di Achille

Il fenomeno della colorazione rosso scuro delle acque del Lago D’Averno, un tempo poco frequente. ...
15 aprile 2022

Per gli antichi uno degli accessi all’oltretomba era il lago di Averno, un piccolo specchio d’acqua di origine vulcanica (molto recente, solo 4000 anni) nei pressi di Napoli, tra Pozzuoli e Cuma.

Ora, è notizia di pochi giorni fa, le sue acque hanno inaspettatamente cambiato colore, sono diventate rosse. Lo strano fenomeno, assicurano gli esperti, non ha a che fare con l’attività vulcanica, che qui è di casa come in tutti i Campi Flegrei (in questi giorni la zona è interessata dall’intensificarsi di uno sciame sismico), ma alla presenza di una particolare alga rossa.

«Facile è la discesa all’Averno: / giorno e notte è aperta la porta del nero Dite; / ma questa è l’impresa, questa la fatica: riportare su / il passo e uscire all’aria superiore» dice la Sibilla Cumana a Enea, nel vi libro dell’Eneide, quello della discesa di Enea agli inferi alla ricerca del padre.

La Sibilla dice anche a Enea che non potrà scendere negli inferi se non avrà trovato prima un particolare albero (ha rami e foglie d’oro) che cresce sulle rive del lago. Enea, trovatolo, dovrà strapparne un ramo (ma niente paura: subito ne crescerà un altro al suo posto) da recare in dono a Proserpina, la dea del mondo sotterraneo.

Secondo Galileo Galilei, che dedicò uno studio al lago d’Averno, la «selva oscura» con cui inizia l’Inferno di Dante sarebbe da identificare proprio nel bosco dove cresce l’albero dai rami d’oro. Qui, sulle rive di questo lago, Dante incontrerebbe Virgilio, qui comincerebbe il suo viaggio.

Quando ho letto la notizia delle acque diventate rosse, confesso di aver pensato al sangue versato nella guerra in Ucraina, come se il lago ci volesse parlare, come se sentisse anche lui quello che sentiamo noi. Come se lui, carico di leggende, lui accesso al mondo dei morti, che vede venire i morti, ci volesse far vedere i morti di questi giorni e il sangue che si sta spargendo in questa guerra sacrilega. E ha solo un modo per dirlo, colorandosi di rosso.

Così anche, nel xxi libro dell’Iliade, il fiume di Troia, lo Scamandro, diventato rosso per la strage di Achille (il tema dell’Iliade è l’ira, ricordate l’inizio: «L’ira funesta del Pelide Achille…», l’ira che devasta e distrugge, anche se stessi) assunta forma d’uomo, lo rimprovera e gli dice di smettere di riempire le sue acque di cadaveri. Ma Achille non si ferma nemmeno davanti a un fiume, e ingaggia anzi con lui, sempre più accecato dall’ira, un feroce combattimento. Achille che poi, alla fine dell’Iliade, davanti al padre di Ettore venuto umilmente a chiedergli il cadavere del figlio per poterlo seppellire, finalmente piangerà e lo abbraccerà, finalmente la sua ira si scioglierà. (claudio damiani)

di Claudio Damiani