Il racconto

«E anche a te una spada...»

 «E anche a te una spada...»  QUO-085
13 aprile 2022

— Madre, quanti sono i passi del dolore?

— Vieni, li conteremo insieme.

—Madre, quanto è profonda la via della croce?

—Restami vicino, te ne mostrerò l’abisso e la vetta.

—Madre, dove porta il cammino del dolore?

— Sulla croce, figlia mia, ma non aver paura, ti insegnerò io la strada.

Camminavano lungo il sentiero pietroso della collina. Nel silenzio le parole si persero tra la polvere e la pallida luce del pomeriggio invernale. Maria guardava dinanzi a sé. Assorta, lontana. Attratta da un’inspiegabile bellezza. Nostalgia, desiderio. Una forza vitale la spingeva. Qualunque cosa fosse la giovane donna non poteva fare a meno di seguirla.

L’intimità di quel rito quotidiano richiedeva una profonda solitudine, ma era giunto il giorno in cui anche lei avrebbe mosso i primi passi sulla misteriosa via che collega il tempo all’eternità.

Guardò verso il mare. Era cupo e immobile. L’orizzonte era carico di nubi. Le navi si affrettavano ad entrare nel porto. Ad alimentare con le loro merci i traffici e i commerci che animavano le strade lastricate di marmo bianco della splendida Efeso. E la sua famosa agorà. Come era lontana da loro quella vita così appariscente.

Sotto di loro, un po’ nascosta, si vedeva la casa. La loro piccola casa di pietra. La sorella che era rimasta a custodirla aveva acceso il fuoco. Un po’ di fumo saliva. Per un attimo desiderò quel calore. Quei momenti di gioia infinita mentre ascoltavano Maria che spiegava loro la Scrittura. Ma si affrettò a riprendere il cammino. Di quella gioia stava per conoscere il segreto. E la radice profonda.

Sulla strada venivano due donne. Le conosceva. Abitavano nelle case sparse sulla collina. Si avvicinò salutandole, ma non la videro. Guardavano Maria, che era già un po’ distante. E parlavano tra loro. I volti tesi. Gli sguardi duri. “Il figlio del peccato. Non lo amava. Era d’accordo con la morte. Non era una madre. Immobile sotto la croce. Senza versare una lacrima. Senza emettere un gemito. Non era una madre. Non lo amava. Era d’accordo con la morte”.

Quando raggiunse Maria era pallida e tremante. Le parole che aveva sentito e tutto il mondo le giravano nella testa. Era tutto un inganno. L’amore in cui aveva creduto. Il calore che le aveva scaldato il cuore in quegli anni di vita nella casa di Efeso. Era solo un inganno. Nubi scure avevano coperto il sole. Un velo di buio si era steso sulla terra. “Proprio come quel giorno”.

La voce che udì era quella di sempre. Serena, dolcissima. Parlava sistemando le pietre e i rami che segnavano a terra un percorso. Maria sollevò per un attimo lo sguardo sui suoi occhi pieni di lacrime. E i suoi si riempirono di tenerezza. Poi continuò.

“Quei sassi indicano il punto dove l’ho visto cadere. Il cespuglio con i fiori rossi, poco più avanti, è l’istante in cui ci siamo incontrati. Era a terra. Dovevo sollevarlo. Dovevo prenderlo in braccio e difenderlo con tutta me stessa. Era mio figlio. Nessun soldato, nessuna folla poteva impedirmelo. Sono corsa verso di lui con le braccia aperte. Ho incontrato i suoi occhi. Ho visto la vita. La sua. Eterna, perfetta, felice. Donata a voi. Ho allargato le braccia, di più, per abbracciarvi tutti. E sollevarvi. E gli ho detto sì. Ancora una volta.”

Guardò il terreno sassoso. E rivide le due gocce di sangue che dalle sue ferite come un sigillo si erano impresse nelle polvere. Le aveva già viste. Cadere dalla brocca che aveva svuotato davanti ai suoi occhi per dirgli: “Non hanno più vino”. Mentre in realtà col cuore in tumulto gli stava dicendo: “Non hanno più vita”. Dagli la tua. Prima goccia. Diamogli la nostra. Seconda goccia. Il Padre lo vuole. Ecco il sigillo.

Anche allora li circondava la folla. Una folla festante, ma non meno lontana dal comprendere che in quel gioco di sguardi si stava compiendo il destino del mondo.

Non si voltò a guardare, ma sentiva che lacrime dolcissime scorrevano a consolare e guarire un cuore ferito dalla nostalgia. Quello della ragazza che l’aveva ascoltata in silenzio. Ardente di un solo desiderio. Ritrovare l’amore dell’anima sua. Non erano dissipate tutte le ombre. Ma la luce aveva cominciato a vincere. “Ora vai a casa — le disse con un sorriso rassicurante —. Sta per arrivare una tempesta. Sarà violenta. Ma dopo tutto sarà splendente. Io devo restare”. E fissò lo sguardo sulle due donne che non lontano parlavano ancora tra loro. Poi si allontanò. Sotto un cielo e un silenzio di piombo. Stridente di lampi. Rimbombante di tuono.

Il suo Calvario era una piccola collina. Tre pietre per croci e una roccia per fermarsi a pregare. Cercò lì un po’ di riparo. La pioggia aveva cominciato a cadere e il vento rispondeva ululando con violenza agli scoppi dei tuoni. Si nascose completamente nel mantello. E attese. “Di nuovo qui, Maria! Di nuovo a contemplare la morte.” Quella voce veniva dal nulla o da una piccola, deforme figura coperta di nero, comparsa all’improvviso nella tetra luce di una saetta. L’aveva vista già prima. Aggirarsi benedicente tra le due malevole donne. Con semplicità si girò di spalle, guardò in alto e fissò lo sguardo sul figlio crocifisso. Era venuta per contemplare l’amore. “Quale madre manda a morte suo figlio. Quale madre si accorda con la morte per ucciderlo?”. Non c’è amore più grande che dare la vita per chi non ce l’ha. “Sei una madre, Maria? O un’assassina?”. Uno dei soldati gli trafisse il costato con una lancia. E anche a te una spada trafiggerà l’anima. La luce del tempio la invase. La solennità di quel giorno di festa e di offerta. Lo stupore del saggio Simeone. E lo sguardo profondo di chi ha vissuto con il cuore rivolto solo a quell’istante. “Sei un madre, Maria?”. La lama tagliente di quelle parole le gelò il cuore. Ma una luce più solenne e sfolgorante di quella del tempio la invase. E subito ne uscì sangue e acqua. Vita. Per coloro che abitavano nella sua casa. Per tutti quelli che avrebbero abitato nel suo cuore. Seguì la luce. Avanzò nel piano sconvolto dalla tempesta. Si fermò a pochi passi dalla crudele creatura deformata dall’odio. E con tutta la sua maestà di regina, guardando al suo regno celeste Magnificat, disse, anima mea Dominum. Et exultavit. Il cielo le rispose aprendosi un varco tra le nubi. E illuminò la donna vestita di sole. Con il serpente sotto i suoi piedi. E nel cuore una spada di luce.

di Enza Ricciardi