Messaggio della Pontificia Accademia delle Scienze

Per prevenire una guerra nucleare

 Per prevenire una guerra nucleare  QUO-083
11 aprile 2022

L’appello è anzitutto per i leader nazionali, a «prendere l’iniziativa per porre fine immediatamente alla guerra in Ucraina e avviare una risoluzione pacifica», guardando oltre «le strette preoccupazioni per il vantaggio nazionale». Poi è per gli scienziati, perché si ingegnino a «sviluppare metodi pratici di controllo» delle armi, come pure per i leader religiosi, affinché continuino a «proclamare con forza e persistenza le gravi questioni umane in gioco». Infine, l’appello è per gli uomini e le donne di tutto il mondo perché combattano un’unica battaglia: quella contro «la convinzione che le guerre sono inevitabili».

La Pontificia Accademia delle Scienze si pronuncia sull’orrore a cui il mondo assiste da quarantasette giorni in Ucraina e pubblica una lunga dichiarazione sulla prevenzione della guerra nucleare, innervata dagli appelli dei Papi.

«Gravi disuguaglianze tra le nazioni e all’interno delle nazioni, miopi ambizioni nazionali o di parte, e brama di potere sono i semi del conflitto che può portare alla guerra generale e nucleare», avverte l’organismo vaticano, che elenca i rischi di questa «grave minaccia». Anzitutto il «pericolo crescente che molti altri Paesi e gruppi terroristici possano acquisire armi nucleari o sviluppare la capacità di produrle».

Poi, «distruzioni intenzionali o non intenzionali di centrali nucleari con gravi conseguenze per vaste popolazioni, perdite incontrollate di scorie nucleari che possono essere usate per le cosiddette bombe sporche» e, ancora, «il mantenimento delle armi nucleari in stato di massima allerta», con la probabilità di un lancio accidentale o come risultato di manipolazione informatica.

L’Accademia aveva affrontato già la tematica nella “Dichiarazione sulla prevenzione della guerra nucleare” del 1982. Da allora, si legge nella nota, la situazione mondiale è «peggiorata» e sono aumentati «sfiducia e sospetto» tra est e ovest, nord e sud, tra le nazioni «più grandi e potenti di Usa, Cina, UE e Russia».

A questo si aggiunge «lo scandalo della povertà, della fame e del degrado» e il blocco della produzione agricola ucraina e il commercio di cibo da Ucraina e Russia che «esasperano la crisi alimentare mondiale».

Davanti a questo scenario la prima a dover intervenire è la scienza, chiamata ad «assistere l’umanità verso una vita di prosperità, realizzazione e pace», afferma la Pontificia Accademia. Ciò che si vede è invece lo sviluppo delle potenzialità di armi nucleari, ma anche di armi chimiche, biologiche o missili ipersonici progettati per eludere i sistemi di difesa esistenti. Cosa che comporta «una grave perdita di umanità e di libertà», ma soprattutto «una maggiore vulnerabilità» degli individui, — in particolare «non belligeranti» come bambini, donne, anziani, malati, «indiscriminatamente terrorizzati o costretti a migrare» — e dell’intero pianeta.

È un problema di scienza e coscienza. Se la coscienza non può giustificare l’uso di «poteri distruttivi che infliggono morte ovunque per “civilizzare” e “moralizzare” o semplicemente occupare», d’altra parte la scienza – rimarca il documento — ha il dovere di «aiutare a prevenire la perversione delle sue conquiste». «La ricerca e la scienza sul superamento e la prevenzione delle guerre, e la scienza della promozione della pace — non solo l’assenza di guerre — deve essere un obiettivo di tutte le discipline scientifiche», afferma l’Accademia delle Scienze.

Nove i punti indicati per declinare l’azione globale: «Rispettare il principio che la forza o la minaccia della forza non sarà usata contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato»; «impedire l’uso della forza come metodo di risoluzione dei conflitti internazionali, poiché comporta il rischio di un’escalation del confronto militare, incluso l’uso della guerra nucleare, chimica e biologica»; «fornire rifugio e protezione ai milioni di rifugiati di ogni parte del mondo»; «impedire la proliferazione di armi nucleari in altri Paesi». Poi: «Non essere mai i primi a usare armi nucleari, e rinnovare gli sforzi per raggiungere accordi verificabili che frenino la corsa agli armamenti»; «impedire che gli usi pacifici dell’energia nucleare siano dirottati verso la proliferazione di armi nucleari»; «prendere tutte le misure pratiche che riducano la possibilità di una guerra nucleare per incidente, errore di calcolo o azione irrazionale». Da qui, un ultimo invito: «Costruire un sistema di sicurezza collettiva in cui le armi nucleari non abbiano posto». 

di Salvatore Cernuzio